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Se la stampa non è più il cane da guardia del potere

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Se la stampa non è più il cane da guardia del potere  

Stampa ed intellettuali dovrebbero sempre esercitare il controllo sul potere. Essere, come si dice, il cane da guardia della democrazia e non il barboncino da salotto di chi ricopre ruoli istituzionali e politici, ma anche di primo piano nell’economia e in generale nell’establishment di un Paese.

C’è stato un tempo, durante l’era de Magistris, in cui nacquero presunti gruppi di cittadinanza attiva che per anni, trovando megafono zelante in una stampa opulenta di salotto ed ascolto in organi istituzionali subito pronti a utilizzare le armi della legalità del cavillo di turno, scovavano pulci anche quando non c’era nemmeno la polvere: i baffi della scogliera sul lungomare, monumenti restaurati in cui il passaggio della luce modificava il paesaggio, eventi culturali che si cercava in tutti i modi di ostacolare, oppure si creava lo scoop montato ad arte anche quando lo scandalo era forse che si lavorava senza sosta e senza soldi e non si faceva tenere nessuno attaccato alla “zezzenella” della mangiatoia pubblica.

Poi è cominciata l’era Manfredi, non più del sindaco di strada ma del sindaco con l’ermellino, e i salottieri militanti di questa presunta cittadinanza attiva si sono dissolti come neve al sole, mentre quella stampa così zelante e faziosa non ha scritto più nulla anche quando gli scandali spuntavano per davvero: luoghi della cultura ritornati ad essere – come ai tempi bui della città e forse anche peggio – sedi di eventi privati, festini e fiere a pagamento, staffisti, collaboratori e consulenti che formano un cerchio magico assai retribuito e su cui nulla c’è da dire, un albo pretorio che trabocca di incarichi ben retribuiti collegati anche al PNRR che sembra il piano napoletano di ripartenza delle consulenze più che di inizio delle opere pubbliche.

Chi dovrebbe esercitare il controllo del potere ora non vede e non sente, mette le mani sugli occhi e i tappi nelle orecchie: non si accorge dei conflitti di interessi di assessori, tra assessori ed appartenenti ad altri organi istituzionali di controllo, non vede che il Comune di Napoli è divenuta la succursale del più antico ateneo di tutto il mondo ma non perché aumentano i giovani in città ma perchè gli incarichi si moltiplicano, seppure soltanto per i più “fortunati”. Se chi dovrebbe controllare è sempre distratto, indipendentemente da chi è il timoniere, è un fatto grave da censurare; se chi dovrebbe controllare è persecutorio contro i timonieri autonomi e assente con i manovratori organici al sistema, è ancora peggio. Chi è senza censura può tirare buffi di democrazia strappando la maschera al potere.

15/10/2023

da La Notizia