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Revelli “Rimossa la questione morale. Meloni sta facendo pure peggio di Berlusconi”

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Parla lo storico e politologo Marco Revelli: "Un governo allergico alle critiche in un mix di cattivismo e vittimismo". 

Quando spunta un’inchiesta la politica puntualmente reagisce in modo scomposto. Marco Revelli, storico e politologo, dov’è finita la questione morale in questo Paese?
“Occorre premettere una valutazione dei comportamenti di questo governo, della presidente del Consiglio in primis e di un buon numero di suoi ministri, di fronte alle critiche. Appare evidente un’insofferenza radicale di fronte alle critiche che sintetizzerei con la formula ‘cattivismo e vittimismo’. Sono aggressivi perché prendono decisioni e compiono atti nelle loro funzioni di governo che sono ben oltre i limiti della decenza, penso a misure come il sadismo sociale nei confronti degli strati più disagiati a partire dalla cancellazione del reddito di cittadinanza o all’ostracismo nei confronti del salario minimo. Si tratta di comportamenti che ricordano gli atteggiamenti dei nuclei neofascisti del passato per linguaggio e anche per contenuto. E di fronte a chi li critica ricorrono alla polizia politica, alle denunce e a forme di repressione che non appartengono alla concezione liberale dello Stato di diritto. Emblematico è l’episodio avvenuto alla Scala che è estremamente preoccupante perché è oltremodo grave che la polizia politica identifichi una persona per aver fatto apologia di antifascismo. Siamo davanti a qualcosa che è al di là del bene e del male al punto che avrebbe meritato una reazione da parte delle opposizioni ben più dura di quella che c’è stata. Altro caso è quello di Tomaso Montanari che per un articolo in cui ha criticato le esternazioni politiche del ministro Lollobrigida, in particolare quelle sulla sostituzione etnica di cui ne ha rivelato le radici nel linguaggio e nella cultura fascista a cui si rifanno, si è preso una querela. È un fatto estremamente grave che rientra in una serie di episodi simili che rivelano un istinto aggressivo e repressivo a cui non eravamo preparati. La realtà è che il berlusconismo è stato un momento di profondo degrado della nostra vita politica ma non è mai arrivato a tanto”.

Santanché, Delmastro e Sgarbi sono i casi che agitano il governo. Eppure Meloni non sembra curarsene perché non sono stati presi provvedimenti e i rispettivi interessati sono rimasti ancorati alle poltrone. È solo garantismo?
“No guardi, questo non è garantismo ma è la cultura di una setta che è chiusa a riccio su sé stessa, difendendo a oltranza i propri associati. Non siamo in presenza di un comportamento di una classe politica di un Paese democratico ma di quello di un piccolo gruppo, per giunta omertoso, che difende i propri consoci in quanto tali e a prescindere da tutto”.

Proprio in relazione a questi casi, il leader M5S Giuseppe Conte ha chiesto alla Meloni di prendere provvedimenti. Ma è normale che si debba arrivare a una simile richiesta?
“Conte ha fatto benissimo a chiederlo perché è coerente con quello che deve fare un leader di opposizione. Detto questo non posso che constatare che è una richiesta ingenua perché Meloni, la quale non è minimamente super partes, dovrebbe smentire sé stessa. Davanti a ministri che si macchiano di presunte nefandezze o su cui pesano dei dubbi sul loro comportamento, in qualunque Paese democratico la soluzione naturale sarebbe quella di metterli in quarantena, ma chiederlo alla Meloni non produrrà alcun risultato. Questo perché la presidente del Consiglio non farà mai quello che sarebbe il dovere di un leader democratico in quanto, molto banalmente, lei non appartiene a questa categoria per via delle sue stesse radici politiche”.

Il fatto che le destre hanno più di uno scheletro nell’armadio può essere il motivo per il quale diversi esponenti del governo hanno dato il via a un attacco alla magistratura?
“Ho letto molti commenti di osservatori moderati e non schierati pregiudizialmente convinti che alcuni attacchi alla magistratura abbiano il carattere di ‘misure preventive’, mi passi il termine, per ipotecare un futuro che viene temuto. A mio avviso si tratta di una tecnica usata molto frequentemente da partiti che praticano una politica corsara e che, nella loro tradizione, sono sempre state forze di assoluta minoranza e per questo abituate a tecniche di ‘guerriglia politica’. Insomma rientra nei loro manuali di comportamento perché, inutile girarci intorno, si tratta di forze che mai avrebbero immaginato di arrivare al potere. Il problema è che ci sono arrivate”.

Per queste destre la stampa è libera solo se compiacente e quando non lo è, partono querele. Come giudica questo atteggiamento?
“Anche questo appartiene a un universo mentale totalmente estraneo alla dialettica politica democratica. Per quest’ultima chi ha l’onore di ricoprire posti di potere, ha anche l’onere di esporsi alle critiche. In altre parole fa parte del gioco e delle caratteristiche della professione di presidente del Consiglio, ministro o parlamentare. Non solo è giusto ma è doveroso che il loro operato sia oggetto di valutazione e critica. Tuttavia questo governo ha dimostrato in più occasioni la propria insofferenza di fronte alla critica, dando vita a un mondo al contrario in cui si può criticare il poveraccio ma non si può proferire parola su un uomo o una donna di potere, un po’ come se la loro carica funzionasse da scudo con una sorta di cupola di piombo che impedisce la vista e la critica a chi sta fuori. Siamo davanti a qualcosa di estremamente preoccupante perché è una distorsione grave del rapporto democratico”.

Intanto la politica si appresta a eliminare il carcere per i giornalisti e dall’altro aumenta le sanzioni pecuniarie. Siamo davanti a un bavaglio mascherato?
“È un bavaglio tutt’altro che mascherato”.

12/12/2023

da La Notizia