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Alla destra non serve cambiare la 194, basta rendere impossibile applicarla

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Politica italiana

ABORTO. In 31 strutture in Italia l’obiezione di coscienza è totale, in 50 supera il 90%. Nelle regioni le limitazioni alla legge del 1978 vanno avanti da anni

«Non toccheremo la 194», ha detto Giorgia Meloni nei giorni del suo insediamento a fine ottobre 2022. Il suo governo non l’ha fatto e non si capisce perché dovrebbe. Nelle regioni in cui Fratelli d’Italia governa, a cui si aggiungono quelle della Lega, le limitazioni alla legge del 1978 vanno avanti da anni. Ai disagi creati dal numero alto di obiettori di coscienza si aggiungono le iniziative delle giunte regionali di destra. Prima furono le «mozioni per la vita», quelle che sancivano i comuni che le sottoscrivevano, città in prima linea per «la prevenzione dell’aborto e il sostegno della maternità»; poi gli scandali legati ai cimiteri dei feti, con i nomi delle donne che avevano abortito esposti sulle lapidi dei feti, com’è successo a Roma. In Abruzzo Fratelli d’Italia ha tentato di introdurre l’obbligo di sepoltura dei feti anche senza il consenso della donna.

Negli anni le giunte si sono ingegnate ancora di più creando legami con le cosiddette associazioni pro-life, ma meglio chiamarle no-choice, visto che impediscono alle donne di attuare una libera scelta di autodeterminazione, oltre che sanitaria. Ad aprire la strada è stato il Piemonte che con l’arrivo di Alberto Cirio, Forza Italia, alla presidenza della regione ha creato un bando apposito per dare fondi pubblici agli antiabortisti, diventato attivo nel 2022: «un fondo per la vita nascente» di 400mila euro, poi portato a un milione, che consiste in piccoli aiuti alle donne che rinunciano all’aborto. Al Piemonte è seguita l’Umbria con lo stesso fondo, «contro l’inverno demografico» l’ha definito la giunta Tesei: soldi pubblici ad associazioni che nei propri statuti considerano l’aborto un’infanticidio, definiscono «clandestino» e «fai da te» l’aborto farmacologico e additano le donne perché usano l’interruzione di gravidanza come strumento per il controllo delle nascite. E poi tutti gli ostacoli alla pillola abortiva, la Ru486, ancora di difficile reperibilità in molte regioni (solo il 40% degli aborti è con la pillola): come nelle Marche dove la giunta FdI l’ha vietata nei consultori, in aperto contrasto con le linee guida nazionali.

Non sono mancate poi le iniziative di governo. Nei comuni e nelle regioni della destra sono stati i movimenti in difesa della vita a raccogliere le firme necessarie per portare una proposta di iniziativa popolare in Parlamento per introdurre l’obbligo di ascolto del battito del cuore del feto prima di praticare un aborto. Il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri ha proposto, come capita da diverse legislazioni, il riconoscimento giuridico del feto: in aperto contrasto con il principio di base dell’aborto che consente l’interruzione di gravidanza fino al terzo mese. Queste stesse forze politiche quando si tratta di parlare realmente di prevenzione non ci sono mai: si oppongono alle contraccezione gratuita e accessibile ai giovani e considerano l’educazione sessuale e sentimentale deleteria e pericolosa.

La cartina dell’aborto in Italia è però impietosa a partire dai suoi numeri. Quello che pesa di più è l’alto numero degli obiettori di coscienza. Secondo i dati del ministero della Salute relativi al 2021 il 63,4% dei ginecologi, il 40,5% degli anestesisti e il 32,8% del personale non medico è obiettore. Grazie a una indagine condotta da Chiara Lalli e Sonia Montegiove dal titolo «Mai dati» sappiamo che esistono 31 strutture in cui l’obiezione è totale, in contraddizione con la legge 194. A queste se ne aggiungono 50 in cui l’obiezione supera il 90% e 80 con un tasso superiore all’80%. Ci sono poi le donne che migrano in altre regioni, soprattutto al sud, e tante abortiscono clandestinamente, soprattutto le straniere (sono ancora 15mila gli aborti clandestini ogni anno).

Tutto questo è possibile anche grazie alla 194, una legge rivoluzionaria per l’epoca, ma anche un compromesso politico al ribasso, per questo c’è chi pensa di riformarla. Una proposta di legge dei Radicali vuole togliere l’obiezione di coscienza e la cosiddetta «settimana del ripensamento», applicata solo in caso di aborto, che infantilizza le donne che vogliono scegliere sul proprio corpo.

08/03/2024

da Il Manifesto

Rita Rapisardi

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