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Italia sull’avventurosa ‘Via della seta’ tra Xi Jinping e Biden

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10/04/2023

DA Remo Contro
Michele Marsonet 

 

L’Italia nel 2018 siglò un accordo con Pechino sul progetto cinese della ‘Nuova via della seta’, Marco Polo all’incontrario, dall’oriente ai mercati del mondo. Poi fu Covid e ognuno si chiuse in casa. Messo da parte il virus, la Cina torna protagonista litigando sul filo della guerra con gli Stati Uniti per Taiwan. Mentre l’Italia ha cambiato governo e politica: Giorgia Meloni, da euroscettica amica di Orban, diventata premier si è trasformata in europeista e atlantista Usa.E la ‘Via della seta’?, si chiede Michele Marsonet.

 

La vecchia ‘Nuova via della seta’

Il governo italiano e la premier Giorgia Meloni si trovano ad affrontare un problema molto spinoso, eredità del precedente governo gialloverde Conte-Salvini e, soprattutto, dell’ex ministro degli Esteri grillino Luigi Di Maio, poi sparito dalla scena.
Come si rammenterà, l’Italia fu l’unico Paese del G7 a siglare, nel 2018, l’accordo con Pechino relativo al progetto della “Via della seta”, mediante il quale Xi Jinping intende promuovere la penetrazione commerciale cinese in ogni parte del mondo.

Rabbia Usa e poi il Covid

All’entusiasmo cinese e italiano (soprattutto da parte del M5S) si contrappose l’evidente irritazione di Joe Biden e degli altri membri del G7, che auspicavano maggiore prudenza da Roma.
Da allora è passata parecchia acqua sotto i ponti. Il progetto fu in pratica bloccato dal Covid, con la Repubblica Popolare chiusa in se stessa per fronteggiare la diffusione della pandemia.

Il vecchio accordo che ritorna

Finita quest’ultima, tuttavia, la dirigenza cinese è più che mai intenzionata a dare nuova linfa al progetto, che è del resto essenziale per la politica estera di Xi Jinping. E vi sono segnali importanti secondo cui la leadership cinese si attende da Roma un rinnovo pressoché automatico dell’accordo.

Svolta Meloni, da Orban a Biden

Gli ostacoli però sono molti. Innanzitutto l’ostilità Usa, che non è mai venuta meno. Giorgia Meloni, dopo aver ricevuto l’incarico, ha modificato in modo sostanziale le sue posizioni in materia di politica estera. Prima era vicina al premier ungherese Viktor Orban, quindi euroscettica e atlantista “tiepida”. Diventata premier si è trasformata in europeista e soprattutto in atlantista convinta, come dimostra il suo sostegno incondizionato a Zelensky.

‘Pacta sunt servandi’ dal latino al cinese

Ora, se decide di disdire l’accordo sulla Via della Seta, è lecito attendersi una dura reazione da parte cinese, soprattutto sul piano economico e commerciale, visti gli interessi che la Repubblica Popolare ha nel nostro Paese. Se invece lo rinnova, ci sarà una reazione altrettanto dura da parte americana, con Joe Biden che probabilmente accuserà l’Italia di essere inaffidabile. Un vero e proprio rebus, insomma, e ancora non si capisce quale corno del dilemma la premier sceglierà.

Francia e Germania a Pechino

Si noti però che, nel frattempo, il presidente francese Emmanuel Macron si è recato in visita a Pechino portandosi dietro l’evanescente Ursula von der Leyen, e ha stretto accordi con Xi senza esitare troppo. Come del resto aveva fatto in precedenza Olaf Scholz, accompagnato da una nutrita delegazione di industriali e banchieri tedeschi.

La prova del guinzaglio

Per Giorgia Meloni sarà un duro banco di prova. Confermerà l’accordo blandendo Xi e provocando  l’irritazione Usa? Al momento non si sa. Ma è evidente che, in ogni caso, sarà possibile capire quali sono i reali margini di autonomia della politica estera di questo governo.