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Via il Reddito di cittadinanza agli occupabili. Per risolvere il flop della formazione

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27/04/2023

da La Notizia

Nicola Scuderi  

Il Reddito di cittadinanza per le destre è un nemico da abbattere nonché il primo problema da risolvere.

Dopo essersi rimangiata la parola su praticamente tutto, stai a vedere che Giorgia Meloni terrà il punto soltanto sull’abolizione del Reddito di cittadinanza. Sembra incredibile, specie di questi tempi tra la perenne crisi economica e la guerra in Ucraina che di certo non migliora le cose, ma il sussidio voluto dal Movimento 5 Stelle per dare fiato a chi fatica ad arrivare a fine mese, per le destre è un nemico da abbattere nonché il primo problema da risolvere.

Il Reddito di cittadinanza per le destre è un nemico da abbattere nonché il primo problema da risolvere.

Così dopo la prima stretta approvata dal governo con l’ultima legge di Bilancio che ha fatto scendere a soli sette mesi il Reddito di cittadinanza per gli occupabili, ossia gli under 60 che – in linea del tutto teorica vista la carenza di posti di lavoro – potrebbero trovare un impiego, in queste ore sta facendo il giro delle redazioni una bozza di riforma che promette un ulteriore taglio del sussidio.

Tra l’altro non si può evitare di notare che il testo, messo nero su bianco dalla ministra del Lavoro Elvira Calderone, verrà discusso nel prossimo Consiglio dei ministri che salvo colpi di scena si terrà in una data simbolica, il Primo maggio in concomitanza con la festa dei lavoratori, in quella che – forse con un pizzico di malizia – sembra proprio una provocazione. La bozza prevede sostanzialmente che chi quest’anno non potrà più accedere al Reddito di cittadinanza, al suo posto percepirà la Pal (Prestazione di accompagnamento al lavoro), un assegno da 350 euro al mese, la quale il prossimo anno verrà sostituita dalla Gal (Garanzia per l’attivazione lavorativa) che pur garantendo lo stesso importo avrà una durata massima di 12 mesi e potrà essere richiesta soltanto da chi ha un Isee al di sotto dei 6mila euro l’anno.

Ma le cose, stando a quanto sostiene il Corriere della Sera, potrebbero essere addirittura peggiori perché tra le forze di maggioranza è in corso una fitta discussione tra quanti vorrebbero mantenere il testo così com’è – a partire dalla Lega di Matteo Salvini – e i meloniani che vogliono mandare definitivamente in soffitta la misura contro la povertà, abolendo sia la Pal che la Gal per gli occupabili. Una decisione che al solito le destre giustificano tirando in ballo i percettori brutti e cattivi che oltre al sussidio avrebbero pure un lavoro nero oppure il fatto che quest’ultimi preferiscono percepire il sussidio per passare la giornata sul divano.

Il M5S denuncia:“Le destre se la prendono con i deboli per mascherare la loro incapacità”

Insomma frasi fatte che si scontrano con la realtà fatta di contratti a tempo determinato, spesso molto brevi, abbinati alle immancabili paghe da fame contro cui il governo non sta muovendo un dito. Anzi dalla premier abbiamo perfino sentito che il salario minimo, il quale per definizione finirebbe per alzare gli stipendi, sarebbe una sciagura per i lavoratori stessi. Quel che è certo è che queste insistenti voci sul fatto che Meloni & Co stanno valutando la fine anticipata del sussidio contro la povertà, ha già messo in apprensione il deputato e vicepresidente del Movimento 5 Stelle, Michele Gubitosa, secondo cui “dal testo di riforma del Reddito di cittadinanza il governo starebbe pensando di togliere qualsiasi tipo di sostegno, finanche temporaneo, agli occupabili”.

In particolare, spiega il pentastellato, “nelle bozze in circolazione si delineavano due misure, la Garanzia per l’attivazione lavorativa (Gal) e la Prestazione di accompagnamento al lavoro (Pal), quest’ultima in vigore solo negli ultimi 4 mesi del 2023, con cui l’esecutivo avrebbe dovuto mettere una pezza alla mancata partenza dei corsi di formazione, sbandierati per mesi a destra e a manca ma di cui non si è mai vista l’ombra”. Peccato che questa ipotesi sembra tramontata in quanto, conclude Gubitosa, “pare invece che ora la Destra voglia imboccare un’altra strada, del tutto sbagliata ed inaccettabile, facendo pagare ai cittadini in difficoltà il prezzo dei propri fallimenti. Non permetteremo che ciò accada”.

Ma il Primo maggio il Consiglio dei ministri non si occuperà soltanto del Reddito di cittadinanza. Il decreto Lavoro che sarà al centro del vertice, infatti, mira anche a una pesante riscrittura del decreto Dignità che farà felici le aziende, meno i lavoratori. Questo perché verrà messa mano al capitolo relativo ai contratti a termine per durate superiori ai 12 mesi che al momento possono essere accordati soltanto davanti a precise “causali”. Ebbene il decreto, salvo ripensamenti dell’ultim’ora, allargherà le maglie di queste restrizioni in modo che sarà possibile offrire contratti a termine a molte più persone rispetto a quanto prevede il decreto Dignità. Una misura che non farà altro che aumentare il precariato. Durante il Cdm ci dovrebbe essere spazio anche per il taglio del cuneo fiscale, annunciato con il Def, che però rischia di risolversi in poco più che una mancia.