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Armi italiane all’Ucraina: tutto lecito o troppi segreti?

Armi italiane all’Ucraina: tutto lecito o troppi segreti?

30/04/2023

Riprendiamo l'articolo

da  Remo Contro

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Ancora uno studio importante di IriAD, l’istituto di ricerca dello storico Archivio Disarmo. L’Italia è uno dei maggiori esportatori di armi e la sua azione commerciale-militare è regolamentata dalla legge 185 del 1990, modificata più volte e sui cui le ‘interpretazioni politiche’ diventano facili. Compresa l’esportazione di armi a sostegno degli ucraini che ha suscitato un forte dibattito tra armi difensive o di attacco.

                                                              

Neutralità e trasferimento d’armi

Quesito di partenza: l’Italia può trasferire legalmente armi all’Ucraina? L’Italia lo sta facendo, ma c’è il rischio che venga coinvolta come cobelligerante in un conflitto? L’Ucraina e la ‘neutralità qualificata’: il riconoscimento di uno stato di legittima difesa alla base del suo venir meno alla neutralità.

Articolo 11 della Costituzione

«La vendita delle armi all’Ucraina si pone dunque in un costituzionalismo in cui si incuneano interpretazioni ed opinioni agli antipodi», afferma la nostra giovane studiosa. L’Italia si è schierata a sostegno dell’indipendenza e della integrità territoriale dell’Ucraina. E in punta di diritto (e con nostre rudi abbreviazioni), entra in campo l’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite che ribadisce il diritto naturale alla legittima difesa e legittima il trasferimento di armi alla parte aggredita.

Gli obblighi di trasparenza

Gli obblighi di trasparenza richiesti dalla legge italiana. L’articolo 5 prevede che il governo riferisca acquisizioni e cessini di materiale bellico al Parlamento ogni anno. La Relazione deve/dovrebbe contenere indicazioni analitiche (tipi, quantità e valori) delle armi trasferite. Ma ad oggi, tutti gli invii di armamenti italiani verso l’Ucraina ‘godono’ del segreto di Stato e le informazioni hanno coinvolto esclusivamente il COPASIR e non il Parlamento.

Eccezionalità per ‘intrepretare’ la legge?

Sicuramente il trasferimento di armi verso l’Ucraina rappresenta un caso di eccezionalità, così come i decreti con cui questi vengono autorizzati. Ma l’eccezionalità è nell’evento e non nella deroga della legge 185/90 rispetto alle scelte politiche del governo di non pubblicizzare gli armamenti trasferiti e dunque non rispettando gli obblighi di trasparenza previsti dalla legge.

Chi invia le armi all’Ucraina

Gli Stati Uniti hanno assunto un ruolo leader nell’invio di armamenti, seguiti da Regno Unito e Polonia. Di fatto, sono coinvolti tutti i paesi della NATO. Problema arsenali. A Novembre 2022, venti su trenta Paesi dell’Alleanza Atlantica hanno dichiarato l’incapacità di inviare ulteriori armamenti a causa della fine delle scorte. L’Italia ha secretato le liste di armamento rendendo difficile i parallelismi con gli invii da parte degli altri Paesi.

Svecchiamento arsenali e collaudo armi

L’Italia non ricopre certo il ruolo di capofila nell’invio di armamenti. A differenza di altri grandi produttori (tra cui USA e UK), continua a mantenere le liste d’invio secretate. Il segreto di Stato è definito dall’articolo 39 della legge 124/2007. «Sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recare danno all’integrità della Repubblica…». Minaccia esclusiva alla nostra piccola Italia? Vizio italiano su cui si è politicamente litigato poco.

Ipocrisie ministeriali

Un ex ministro della difesa ha provato a giustificare il segreto. Tre fanfaluche: “non far percepire alla parte russa questa attività” (armi italiane decisive per il conflitto?), “non svelare le vulnerabilità e criticità delle forze armate ucraine” con Zelensky che fa la lista delle richieste due volta al giorno. Tre, e ci avviciniamo alla verità, perché in certi casi- “certi Paesi produttori di armi hanno chiesto di mantenere la riservatezza”. Col COPASIR che si motiva e si gratifica col segreto.

European facility support

Armamenti vecchi o meno, la cifra di invio di armi di origine europea diretti verso l’Ucraina continua a salire. L’esportazione in questo caso, non rappresenta una vendita ma un finanziamento a fondo perduto. Allo scoppio del conflitto era stato stabilito un valore di 450 milioni di euro, a fine ottobre la cifra ha toccato i 3,1 miliardi di euro. Con rimborsi Ue agli Stati nazionali proporzionati e molto ‘scontati’.

Tutti con l’Ucraina, ma…

Con lo scoppio del conflitto tutte le forze politiche si sono schierate con l’Ucraina, cercando di presentare una linea affidabile ad atlantista, governo Meloni in testa, alla ricerca di legittimazione politica Usa. I decreti per l’invio di armi verso l’Ucraina continuano ad essere promossi, ma non pubblicizzati. L’appoggio italiano è silente, allineato con l’Occidente ma senza darlo troppo a vedere. Perché in fondo l’esportazione delle armi è regolata in primo luogo dall’economia, e molto dopo dalla politica e dalla diplomazia.

Sicurezza nazionale ad elastico

La volontà degli Stati a mantenere il controllo nazionale della difesa e della regolamentazione del settore di produzione e scambio bellico giustifica l’introduzione di strumenti per la tutela della sicurezza nazionale. Che poi non sono altro che la possibilità di deroga della normativa stessa.

La valutazione della sicurezza nazionale, di competenza del governo e degli organi addetti, riporta l’esportazione di armi ad una decisione politica, che come emerge nel caso della guerra in Ucraina, è altrettanto connessa alle ragioni economiche.