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Dalla balestra in poi le ‘armi vietate’ e sempre usate per ammazzare di più

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Nel corso di secoli di guerre alcune armi furono proibite perché ritenute sleali o perché producevano sofferenze inutili. Ci furono trattati internazionali e altri accordi per la loro messa al bando, ma in realtà le cose andarono diversamente. La balestra e i sovrani cristiani. Al bando anche le prime armi da fuoco. Le tante convenzioni tradite. Sino a quella sulle bombe a grappolo, che a qualcuno è bastato non firmarla

La balestra e i sovrani cristiani

Nel 1139 il secondo concilio del Laterano bandì solennemente l’uso della balestra, ritenuta arma micidiale e sleale, che si stava diffondendo nei conflitti in Europa. Pur essendo all’epoca abbastanza complessa da realizzare, la balestra era però facilmente occultabile rispetto un ingombrante arco di legno o una lunga spada dell’epoca: soprattutto non solo colpiva a una distanza maggiore e con precisione, ma per addestrare un balestriere era necessario meno tempo di un arciere. Riconoscendo tutte queste caratteristiche ambigue dell’arma, se ne bandi quindi l’uso nelle guerre tra i sovrani cristiani, ma non nelle guerre contro gli infedeli. Successivamente, proprio in Italia, nella prospera ‘età dei comuni’ ogni città affidò così la propria sicurezza a compagnie di balestrieri schierati sulle mura, anche se, nella stragrande maggioranza dei casi, non arrivarono feroci saraceni, ma altri cittadini di un vicino comune. Una vicenda famosa che ebbe come protagonista un balestriere fu quella di Guglielmo Tell, ma si tratta anche di un episodio che rivela diverse ambiguità: l’eroe dell’indipendenza svizzera, nascosto e da lontano, colpiva nobili feudatari fedeli agli Asburgo che al contrario lo consideravano un pericoloso e ‘sleale’ ribelle.

Al bando anche le prime armi da fuoco

Tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, l’Italia fu teatro di numerose guerre tra principi europei e stati italiani. In un certo senso furono le ultime guerre medioevali, le ultime nelle quali si fece ancora riferimento ai valori tradizionali dell’antica cavalleria. Il nobile cavaliere francese Pierre Terrail de Bayard, passato alla leggenda come il ‘cavalier Baiardo’ ricordato da Ludovico Ariosto, aveva minacciato di impiccagione tutti quelli che fossero stati catturati con un archibugio in mano. La nuova arma infatti violava le regole del combattimento leale ‘faccia a faccia’ e – per di più – era spesso impugnata da un soldato (o da un mercenario) non appartenente alla nobiltà. Per Baiardo insomma l’archibugio era esecrabile perché metteva in discussione anche l’ordine sociale. Per ironia della sorte, dopo tre decenni di guerre combattute alla sua maniera, il 30 aprile 1524 Baiardo fu colpito proprio da un archibugio nella battaglia di Romagnano e morì. Paradossalmente, nel corso delle guerre della rivoluzione francese, avvenne invece un episodio di segno opposto: Bonaparte, che rappresentava nuove idee ben diverse, minacciò di fucilazione sul posto i soldati austriaci che fossero statti catturati con un nuovo fucile ad aria compressa, silenzioso e sleale, ma ingegnosa creazione di un armaiolo italiano.

Le convezioni di diritto bellico

Il periodo aureo delle proibizioni di particolari armi fu quello dalla seconda metà dell’Ottocento alla Prima guerra mondiale nel quale furono siglate dagli stati diverse convenzioni di diritto bellico, ossia un sistema parallelo alle regole che disciplinavano le relazioni in tempo di pace. Sorse il cosiddetto sistema dell’Aia, città nella quale furono discusse le convenzioni, che regolava l’apertura delle ostilità, la loro condotta e conclusione, ma soprattutto metteva al bando una serie di armi quali le pallottole esplosive, chiamate anche ‘dum-dum’ dal nome della città indiana in cui erano prodotte. Come avvenne più o meno per la balestra più di sette secoli prima, l’accordo sulla slealtà e sulle inutili sofferenze provocate fu unanime, ma non mancarono deroghe ed eccezioni. Nel 1907, discutendo di pallottole esplosive, il delegato russo specificò che la regola non valeva per il distretto militare del Caucaso, visto il carattere selvaggio di quelle popolazioni; meno esplicitamente Francia e Inghilterra, le maggiori potenze coloniali, sollevarono obiezioni sui metodi di guerra impiegati in Asia e in Africa: il compromesso fu che, in caso di violazioni commesse dal nemico, anche le pallottole proibite sarebbero diventate lecite. Poco si parlò invece di gas asfissianti che, d’altra parte, non erano stati ancora massicciamente impiegati.

Le convezioni di Ginevra e le Nazioni Unite

Il periodo tra le due guerre fu caratterizzato da nuove convenzioni negoziate nel quadro della Società della Nazioni. La prima e più nota, sottoscritta nel giugno 1925, per la messa al bando dei gas asfissianti. Alcuni contraenti si riservarono però il diritto di rappresaglia, ovvero la facoltà di impiegarli qualora avessero subito un attacco analogo; altri si riservarono l’impiego solo nei confronti di chi non aveva aderito al bando. Ciò nonostante sappiamo che le potenze coloniali talvolta ne fecero un uso sporadico, mentre un po’ più esteso fu l’impiego italiano durante la guerra d’Etiopia. Si disse anche che gli etiopici avevano impiegato le famigerate pallottole esplosive, ma furono comunque casi isolati. Le violazioni al diritto delle genti perpetrate durante la Seconda Guerra mondiale furono invece drammatiche e più che sanguinose.

Il vecchio diritto bellico, che regolava i conflitti, fu trasformato dall’azione delle Nazioni Unite e lentamente furono messe al bando le armi chimiche e batteriologiche, gli ordigni che producevano schegge non rilevabili ai raggi x, le armi incendiarie (a determinate condizioni), l’uso indiscriminato di mine anti-uomo e recentemente anche le bombe a grappolo, soprattutto per la caratteristica di non esplodere tutte contemporaneamente al suolo dopo l’impiego, ma di restare in piccole parti ancora attive e quindi pericolose per la popolazione civile. Anche in questo caso però non tutti gli stati hanno aderito incondizionatamente. 

09/07/2023

Abbiamo ripreso l'articolo

da Remocontro

Giovanni Punzo