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Quella sul salario minimo è una riforma che serve al Paese

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Sempre più economisti contestano le critiche al legge sul Salario minimo. Senza compensi dignitosi si condannano milioni di persone alla povertà.

L’ultimo assist è arrivato martedì da Ocse e Financial Times: il salario minimo è stato uno strumento politico che ha aiutato le fasce più deboli a contrastare gli effetti dell’inflazione, senza penalizzare l’occupazione né innescare una spirale salari-prezzi. Una doccia fredda per governo e maggioranza, nemici di una misura su cui le opposizioni (tranne Italia Viva), che a luglio hanno presentato una proposta di legge unitaria a prima firma del presidente del M5S Giuseppe Conte, stanno dando battaglia in Parlamento e fuori, con una raccolta firme che ha già superato quota 300mila sottoscrizioni.

SEMPRE PIÙ ECONOMISTI CONTESTANO LE CRITICHE AL LEGGE SUL SALARIO MINIMO. SENZA COMPENSI DIGNITOSI SI CONDANNANO MILIONI DI PERSONE ALLA POVERTÀ

L’esecutivo, però, non pare intenzionato a retrocedere: la premier Giorgia Meloni ha affidato il dossier al Cnel e nel frattempo, insieme a molti ministri, continua a dirsi contraria a che il provvedimento vada in porto. Per l’Istat, con il salario minimo a 9 euro all’ora 3,6 milioni di dipendenti avrebbero un aumento annuo medio di 804 euro, ma per la numero uno di Palazzo Chigi, al contrario, tale provvedimento farebbe calare le retribuzioni: un’argomentazione che non trova riscontro negli studi sul salario minimo e nel parere degli addetti ai lavori, come – del resto – molte altre usate dagli esponenti di FdI, Lega e Forza Italia. Vediamole di seguito.

CONTRATTAZIONE: NESSUN OSTACOLO AGLI ACCORDI COLLETTIVI

È una delle tesi più usate dai detrattori del salario minimo: fissarlo per legge indebolirebbe la contrattazione collettiva. Invero, nella pdl delle opposizioni si evidenzia esattamente l’opposto. All’art. 2, difatti, è scritto che per “retribuzione complessiva sufficiente e proporzionata alla quantità e alla qualità del lavoro prestato” si intende il trattamento economico complessivo (cd. Tec, comprensivo del trattamento economico minimo) non inferiore a quello previsto dal Ccnl in vigore per il settore in cui l’imprenditore svolge la propria attività, “stipulato dalle associazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale”. In pratica, le parti sociali più grandi i cui contratti prevedono – solitamente – salari migliori rispetto a quelli cosiddetti “pirata”, ossia firmati da sigle di comodo che alimentano la concorrenza sleale e il dumping.

STIPENDI: L’APPIATTIMENTO IN BASSO È UNA BUFALA

La bufala delle bufale è però un’altra: l’introduzione di una soglia minima legale rischia di far abbassare gli stipendi. Il giuslavorista Valerio De Stefano l’ha bollata come “un’assurdità”: “Non c’è alcuna evidenza che lo dimostri. I livelli retributivi – ha spiegato a Repubblica – sono protetti dall’articolo 36 della Costituzione. Devono essere proporzionati alla quantità e qualità del lavoro svolto e sufficienti a garantire un’esistenza libera e dignitosa. Difficilmente un datore di lavoro potrebbe rimangiarsi tutto e applicare 9 euro se sta sopra, sia ai contratti vigenti che a quelli da rinnovare. Non sarebbe conforme alla Costituzione”. Anche per l’economista Ocse Andrea Garnero, nessuno dei Paesi europei dove il salario minimo è stato adottato, a partire da Francia e Germania, ha registrato una diminuzione delle paghe: “Se ne parla solo in Italia”.

LAVORO SOMMERSO: NESSUNA SCORCIATOIA PER I FURBI

Non è finita qui. Per altri ancora, infatti, stabilire per legge che il minimo tabellare di un Ccnl non possa scendere sotto una certa cifra farebbe aumentare il lavoro nero. Un’argomentazione già sentita ai tempi del Rdc: anche in quel caso, i numeri hanno dato torto a chi l’ha utilizzata visto che, come rilevato dall’Istat, dopo l’introduzione della misura nel biennio 2019/2020 in Italia si sono registrati 717mila lavoratori irregolari in meno. Insomma, solo un altro modo per intorbidire le acque perché in nessuno dei 22 Paesi UE su 27 che già hanno il salario minimo è avvenuto ciò.

DIRETTIVA EUROPEA: BRUXELLES HA GIÀ DECISO. IMPOSSIBILE CHIUDERE GLI OCCHI

Entro il 15 novembre 2024, l’Italia dovrà recepire la direttiva europea sul salario minimo. L’atto dice che “gli Stati membri in cui meno dell’80% dei lavoratori è interessato dalla contrattazione collettiva, dovranno – congiuntamente alle parti sociali – stabilire un piano d’azione per aumentare tale percentuale”. Al pari di Svezia, Finlandia, Danimarca e Austria, che non hanno una soglia minima fissata per legge, l’Italia supera la percentuale indicata dalla direttiva UE. Tanto è bastato per far dire ai critici che da noi tale intervento non è necessario. Ma cosa è successo in Scandinavia negli ultimi trent’anni, allorquando l’Italia ha raggiunto il non invidiabile traguardo di unico Paese dell’Unione europea in cui il salario medio dei lavoratori è diminuito (-2,9%) anziché aumentare? È presto detto: Svezia +63%, Danimarca +38,7%, Finlandia +31,8%, Austria +24,9%. Nel Belpaese, la contrattazione collettiva nazionale “non è più in grado di svolgere una delle sue principali funzioni: sottrarre i salari al gioco della concorrenza al ribasso tra imprese e tra lavoratori e determinare livelli retributivi conformi ai parametri della sufficienza e della proporzionalità stabiliti dall’art. 36 della Costituzione” ha scritto su Welforum.it Orsola Razzolini, professoressa associata in diritto del lavoro nell’Università degli Studi di Milano. Attraverso il salario minimo adeguato, dunque, l’Italia potrebbe affrontare finalmente i nodi irrisolti della “questione salariale” e dissipare le ombre sul futuro: secondo l’ex presidente dell’Inps Pasquale Tridico, infatti, fissare una soglia minima oraria di 9 euro l’ora significherebbe garantire a ciascun lavoratore una pensione più alta del 10%.

UNIONE SOVIETICA: A FIERA DELLE BANALITÀ. MA DIETRO GLI SLOGAN… NIENTE

Last but not least, per il vicepremier Antonio Tajani (FI) in Italia non serve il salario minimo perché “non siamo in Unione Sovietica”. “Una banalizzazione” ha spiegato a Pagella Politica Giovanni Cadioli, esperto di storia sovietica e professore all’Istituto di studi politici di Parigi: “È vero che all’interno di una stessa categoria di lavoratori i livelli di stipendio erano molto simili tra loro, ma di sicuro un operaio non prendeva quanto un alto dirigente di una grande impresa metallurgica”. Il leader del partito fondato da Berlusconi, insomma, è colpito e affondato. Ma questo non consoli. Le forze politiche e imprenditoriali contrarie alla legge sono agguerritissime. E la partita è ancora lunga.

24/08/2023

da La Notizia

di Giorgio Velardi