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Xi Jinping a Mosca oltre l’Ucraina per un mondo ‘multipolare’ non solo Occidentale-americano

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21/03/2023

Da Remo Contro

Piero Orteca

 

Un mondo ‘Post-Occidentale’

Il significato più autentico del viaggio di Xi Jinping a Mosca è uno e uno solo: ribadire che l’architettura geopolitica del mondo che verrà potrà essere esclusivamente ‘multipolare’. Tutto il resto viene dopo. L’America (e l’Occidente) insomma, può scordarsi di recitare la parte del poliziotto del pianeta, pronto a ‘esportare’ i suoi valori, ma anche lesto a importare tutto quello che gli fa comodo. Perché, spesso, gratta gratta, sotto la vernice degli ideali spuntano i dollari.

L’Ucraina banco di prova

Il programma della trasferta russa del leader cinese vede al primo posto le discussioni sul piano di pace di Pechino per l’Ucraina. Ieri, le prime quattro ore e mezza di colloquio, con Vladimir Putin, hanno riguardato (si dice) essenzialmente questo spinoso argomento. Contrariamente a quanto è avvenuto in passato, per analoghi tentativi di mediazione, questa volta il Cremlino è sembrato più disposto ad ascoltare. Anzi, Putin ha fatto anche degli apprezzamenti, che stimolano però alcune considerazioni. In questa fase, ma con le forze in campo impegnate a consolidare le proprie posizioni in vista di eventuali negoziati, sembra altamente improbabile che ci possano essere novità diplomatiche. E allora? Bisogna leggere in trasparenza. La partita ucraina si è ormai allargata, diventando un sofisticato gioco di scacchi planetario.

La Cina e i ‘disallineati’

Xi Jinping sta sfruttando la guerra europea, per proporre la Cina come polo catalizzatore di quei Paesi che, una volta, venivano definiti ‘non allineati’. È riuscito, a sorpresa, a mettere d’accordo Iran e Arabia Saudita o, quantomeno, a riportarli al dialogo. Tutto questo mettendo piede, di prepotenza, in un’area geografica, come il Golfo Persico, che era stata sempre egemonizzata dagli Stati Uniti. Adesso, il paradosso è che, mentre il Piano cinese in 12 punti viene criticato da tutto l’Occidente e fatto a fettine dal Dipartimento di Stato Usa, il governo ucraino, pur non condividendolo, lo ha accolto come un segno positivo. Con la speranza, forse (e paradossalmente), che la Cina riesca a essere più ‘produttiva’ nel convincere la Russia a trattare (facendo le necessarie concessioni), di quanto lo siano gli Stati Uniti, invece, ad alimentare la guerra.

Questa valutazione è talmente vera, da essere confermata dallo stesso programma di Xi Jinping, il quale, dopo Putin, dovrebbe anche parlare con Volodymyr Zelensky, in videoconferenza.

In Ucraina qualcosa si muove

Ma che qualcosa di diverso si cominci a muovere anche nel campo ucraino, è testimoniato dalla conversazione avuta la scorsa settimana dal Ministro degli Esteri, Dmytro Kuleba e dal suo nuovo omologo cinese Qin Gang. Quest’ultimo, come riferisce il Wall Street Journal, sarebbe partito all’attacco, cercando di convincere la controparte che gli Stati Uniti ‘stanno facendo di tutto per prolungare la guerra’ e che bisogna, invece, pensare ai negoziati. Prima possibile. La Cina è disponibile a tutto questo. E, fa capire Qin Gang, ha gli ‘argomenti giusti’ per convincere Putin a sedersi a un tavolo per trattare.

Nulla di immediato in vista

Certo, nessuno si aspetta clamorose svolte immediate, ma è altrettanto chiaro che l’Amministrazione Biden guarda, con crescente nervosismo, all’attivismo diplomatico di Pechino. Resta il fatto che Putin ha dichiarato ‘di avere letto il piano cinese e di essere aperto al processo di negoziazione’. Mentre Xi Jinping è tornato a insistere ‘sul ruolo senza limiti’ del partenariato tra Mosca e Pechino. Più in generale, secondo diversi analisti, quella della ‘mediazione di pace’ è una buona scusa, che serve ai cinesi per coprire i loro frequenti contatti con la Russia, senza incappare nella tagliola delle critiche o, peggio, delle sanzioni. L’attivismo di Xi, però, non si ferma alla politica e riguarda, anche e soprattutto, i progetti di interscambio commerciale con la Russia di Putin.

Ovviamente, nessuna parola è stata spesa su eventuali forniture ‘sensibili’. Cioè, armi letali, munizioni, esplosivi o pezzi di ricambio, che finora i servizi di intelligence americani hanno escluso che i cinesi possano avere offerto all’esercito russo.

Disallineati ma non disarmati

Tuttavia, la vigilanza da parte occidentale resta alta e i motivi sono sotto gli occhi di tutti. È già cominciata, alle porte del Golfo Persico, nel Mare dell’Oman, una gigantesca esercitazione navale congiunta, alla quale partecipano navi da guerra russe, cinesi e iraniane. Si tratta di una spettacolare dimostrazione di forza, che vale più di mille dichiarazioni fatte nelle sedi della diplomazia.

A fronteggiare questa potente squadra navale, ce n’era un’altra, forse più massiccia: quella dell’Occidente. Capitanata dalle unità della Quinta flotta dell’US Navy, di stanza in Bahrain. Come si vede, finito il tempo delle parole, ormai gli avversari si fronteggiano fin troppo da vicino. Col dito sempre sul grilletto.