05/09/2025
da Il Manifesto
Storica, esperta di Paesi Islamici, documentarista
Terra rimossa.L’inchiesta di +972 e Guardian. Tel Aviv tiene anziani, medici, giornalisti e persone ammalate in «detenzione amministrativa»
Tre persone su quattro tra le migliaia che Israele ha arrestato a Gaza sono civili. Le prigioni di Tel Aviv sono piene di anziani, ammalati, medici, giornalisti i cui nomi non sono mai stati inseriti nella lista di sospetti affiliati ad Hamas e alla Jihad Islamica. Un documento in continuo aggiornamento, che contiene oltre 47mila nominativi raccolti attraverso informatori, intercettazioni, documenti del gruppo palestinese.
LA CAMPAGNA di sequestri di massa cominciata con l’invasione della Striscia, dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, ha prodotto migliaia di nuovi prigionieri politici. Tutti detenuti senza capi di accusa e senza processo, come prevede la legge contro i «combattenti illegali». La quale permette a Israele di trattenere i prigionieri per 180 giorni, senza il supporto di un avvocato e senza contatti con il mondo esterno. Prima della guerra il termine era di 75 giorni. La «detenzione amministrativa» è uno strumento che Israele utilizza da anni e attraverso il quale reclude centinaia di palestinesi senza presentare accuse formali e senza processo. Tel Aviv ha sempre affermato che la «maggior parte» delle persone fermate a Gaza sono combattenti di Hamas e di altri gruppi armati. In realtà, in diversi momenti, l’esercito ha rilasciato circa la metà di quei prigionieri, liberandoli all’interno dei confini di Gaza senza spiegazioni o giustificazioni per gli arresti illegittimi. Eppure, quei civili hanno trascorso lunghi mesi nelle carceri israeliane in difficili condizioni: prigionieri palestinesi, carcerieri israeliani, immagini e filmati, testimoniano abusi, torture, trattamenti disumani e degradanti, assenza di supporto sanitario.
UN’INCHIESTA del quotidiano inglese The Guardian, coordinata con la rivista israelo-palestinese +972 e il quotidiano in lingua ebraica Local Call, ha rivelato che solo una su quattro delle persone catturate a Gaza è identificata da Israele come combattente. I giornalisti sono venuti in possesso del database riservato contenente i nomi di tutti coloro che Tel Aviv ritiene siano membri dei gruppi armati della Striscia. A maggio, delle circa 6mila persone sequestrate a Gaza, solamente 1.400 erano su quella lista. Non c’era, ad esempio, il nome di Fahamiya al-Khalidi, la donna 82enne sequestrata insieme alla sua badante e chiusa in una prigione israeliana per sei settimane. Il medico israeliano che l’ha curata nel centro di detenzione di Anatot ha dichiarato che era ferita e disorientata, non ricordava la sua età né capiva dove si trovasse. Un soldato in servizio nella famigerata prigione di Sde Teiman, ha raccontato che le persone disabili e anziane erano tante da riempire un’ala della struttura, soprannominata dalle guardie «il recinto geriatrico». Lo stesso medico di Fahamiya ha detto di aver curato una donna con una grave emorragia causata da un aborto. E un’altra che aveva appena partorito e chiedeva disperatamente un tiralatte, per alleviare il dolore al seno provocato dal mancato deflusso di latte materno. Non era su quella lista nemmeno Abeer Ghaban, rapita dall’esercito a un posto di blocco. I suoi figli di sette, nove e dieci anni sono rimasti soli a Gaza. I militari l’hanno arrestata perché suo marito aveva lo stesso nome di un presunto combattente di Hamas. Dopo aver riconosciuto l’errore, tuttavia, l’hanno trattenuta per altre sei settimane. Quando è tornata dai suoi figli, li ha trovati che chiedevano l’elemosina per strada. Secondo le informazioni del Guardian, nessuno dei palestinesi sequestrati a Gaza è stato sottoposto a processo.
INTANTO, NELLA STRISCIA, è trascorsa un’altra «notte infernale», come l’hanno descritta gli abitanti. Bombardamenti e artiglieria hanno investito la parte orientale di Gaza City. Le tende degli sfollati sono state attaccate in diversi accampamenti. A Nassr, un quartiere a ovest della città, dopo un bombardamento i rifugi di plastica e stracci hanno preso fuoco, causando un incendio. Anche nel centro di Gaza sono stati attaccati i campi profughi. A Nuseirat una famiglia di sette persone è stata trucidata mentre dormiva in tenda. E l’esercito continua a bombardare anche la zona di al-Mawasi, nel sud, dove intima alla popolazione di dirigersi. 84 persone ammazzate in 24 ore. Nonostante i bombardamenti, i militari stimano che il 20 per cento dei residenti di Gaza City, oltre 200mila palestinesi, si rifiuterà di evacuare. Motivo per cui Tel Aviv potrebbe, nei prossimi giorni, aumentare l’intensità degli attacchi. Hamas ha dichiarato di essere ancora in attesa di una risposta da parte di Israele sul piano di cessate il fuoco che ha accettato. Torna anche a dirsi disponibile a un accordo che preveda il rilascio di tutti gli ostaggi in cambio della liberazione di alcuni prigionieri palestinesi; l’istituzione di un’amministrazione indipendente formata da tecnocrati; il ritiro dei militari, l’apertura dei valichi e l’inizio della ricostruzione.
IL PRIMO MINISTRO israeliano, Benyamin Netanyahu, ha definito la proposta «una trovata pubblicitaria» e ha dichiarato che gli attacchi a Gaza termineranno solo se Hamas accetterà la resa e tutte le condizioni imposte da Tel Aviv, senza chiedere alcun compromesso. Dichiara di offrire «la fine della guerra» ma i piani a cui fa riferimento prevedono che Israele continui a controllare Gaza, chiudendo la popolazione civile in aree di detenzione in attesa che venga deportata.