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Abolito l'abuso d'ufficio proroga dello scudo erariale e bavaglio alla stampa. L'immunità per la casta è servita

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I magistrati contabili insorgono contro il prolungamento dello scudo erariale per gli amministratori pubblici previsto dal dl Milleproroghe.

Abolito l’abuso d’ufficio, a vigilare sul corretto utilizzo delle finanze pubbliche resta solo la Corte dei Conti. Un baluardo che il governo Meloni sta facendo di tutto per limitare. L’ennesima dimostrazione arriva dal decreto Milleproroghe, licenziato due giorni fa dal Consiglio dei Ministri, che tra le numerose norme recita: “Si prorogano al 30 aprile 2025 le disposizioni in materia di responsabilità erariale che limitano la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica ai casi in cui la produzione del danno è “dolosamente voluta” dal soggetto”.

Tre righe che regalano altri quattro mesi di impunità

Tre righe apparentemente innocue, ma che non lo sono affatto. In pratica, il governo ha esteso per ulteriori quattro mesi l’impunità degli amministratori difronte alla giustizia erariale. Una norma introdotta – in via eccezionale – nel periodo pandemico, ma più volte prorogata, con la scusa di eliminare la “paura della firma” da parte degli amministratori (la stessa scusa invocata per abolire l’abuso d’ufficio, una coincidenza…).

La rivolta dei Giudici

Uno schiaffo alla rettitudine amministrativa che ha mandato su tutte le furie i giudici della Corte di Conti.  “L’eventuale proroga dello scudo erariale al 30 aprile 2025, suscita fortissime perplessità”, ha scritto ieri  l’Associazione Magistrati della Corte dei Conti. “Si tratta di proroga generalizzata e non legata ad alcuna circostanza eccezionale, in violazione del dettato della Corte Costituzionale (sent. n.132/2024). Cinque anni di mancato risarcimento dei danni erariali per condotte attive gravemente colpose sono davvero troppi danni non risarciti che resteranno per sempre a carico dei contribuenti”, sottolineano i magistrati che tornano a chiedere “una riforma condivisa”, denunciando il “rischio di un vero e proprio scudo tombale”.

La presidente Briguori: “Il rischio è quello di un vero e proprio scudo tombale”

“Stiamo chiedendo da mesi una riforma condivisa, una legge delega che consenta a tutti gli attori coinvolti di sedere attorno a un tavolo”, spiega la presidente dell’Associazione Magistrati della Corte dei Conti, Paola Briguori, “e la decisione di prorogare lo scudo erariale per altri quattro mesi va nella direzione opposta. Il rischio è quello di un vero e proprio scudo tombale. Ci richiamiamo ancora una volta alle parole del Presidente della Repubblica, che ha parlato del ruolo fondamentale della Corte dei Conti come garante imparziale della corretta gestione delle risorse pubbliche”.

Lo scontro per la proposta di legge Foti

La proroga, infatti, agli occhi dei magistrati suona come un’intollerabile provocazione, se si considera il braccio di ferro intrapreso mesi fa dalla maggioranza proprio contro le funzioni della Corte di Conti. Il riferimento è alla riforma di legge – il cui primo firmatario è stato quel Tommaso Foti, Fratelli d’Italia, divenuto Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e per il PNRR – che mira a “riorganizzare le funzioni” (ma sarebbe meglio dire “a depotenziare i poteri di controllo”) delle Corti dei Conti. Una proposta di legge – la cui discussione è stata fissata per gennaio – che aveva determinato la proclamazione immediata dello stato di agitazione della magistratura contabile.

“Se i danni erariali non vengono risarciti, pagheranno i cittadini”

Il motivo dell’agitazione l’aveva spiegato Il presidente della Corte dei Conti, Guido Carlino al Corriere della Sera: “Non siamo preoccupati per noi ma per le risorse dei cittadini, che potrebbero non essere adeguatamente tutelati laddove venissero approvate alcune disposizioni contenute nella proposta di legge. Se i danni erariali non vengono risarciti, pagheranno i cittadini, privati di servizi garantiti dalle risorse pubbliche e destinatari di un probabile aumento della pressione fiscale”.

Il governo vuole abbassare le sanzioni per i colpevoli

In particolare, Carlino aveva puntato il dito contro la proposta di ridurre le sanzioni applicabili all’amministratore disonesto in un range fra un minimo pari a 150 euro a un massimo pari a due annualità del trattamento, indebolendo così per il presidente “la funzione deterrente insita nell’istituto della responsabilità”. Uno “sconto” sulle eventuali condanne che potrebbe portare per Carlino “a un allontanamento dalla finalità di incentivare l’efficienza dell’azione amministrativa, incoraggiando invece condotte negligenti da parte di chi gestisce risorse pubbliche”.

Anche la proposta di ridurre il numero delle procure regionali è stata sonoramente bocciata, perché “verrebbe compromessa la possibilità di fare conseguire all’erario (e quindi ai cittadini) il risarcimento dei danni e la vicinanza alle amministrazioni locali”.

12/12/2024

da La Notizia

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