L’anniversario della fuga Usa celebrato nella base di Bagram, luogo simbolo. Dai campi di battaglia al governo, tra “purezza” islamica e diplomazia. «Oggi celebriamo il terzo anniversario della conquista di Kabul. In questo giorno, tre anni fa, i mujahedin dell’Emirato islamico, dopo una battaglia di due settimane, hanno reclamato con successo la vittoria».
Sovranità ritrovata a quale prezzo?
Ieri in tutto l’Afghanistan i Talebani hanno celebrato la sovranità ritrovata con il ritiro delle truppe straniere. Cosa sia rimasto alle spalle di tanto occidente armato, è uno dei drammi del mondo lasciati senza risposta. Le celebrazioni istituzionali dell’Emirato sono avvenute nella base militare di Bagram –la cronaca di Giuliano Battiston sul maniufesto-. Costruita negli anni Cinquanta del Novecento dai sovietici, principale base logistica dell’occupazione militare russa negli anni Ottanta, poi in mano agli statunitensi per la ‘war on terror’, sede della Guantanamo afghana e sfondo scenografico per tutti i presidenti Usa che a intervalli regolari, proprio da lì, hanno assicurato il buon esito della guerra conclusa con un fallimento clamoroso, è stata abbandonata alla chetichella dalle truppe Usa nel luglio 2021».
Bagram prima, durante e dopo. Memoria Tv
2001, quando le forze militari statunitensi l’Afghanistan lo colpivano da molto lontano, 7 mila piedi per aria mentre, coi piedi a terra tra Majahedfdin amici e temuti talebani da evitare c’erano un po’ di giornalisti mezzi matti in attesa di poter raccontare al mondo quella che ci raccontavano, sarebbe stata la ‘liberazione’ di quella terra tanto magica quanto sfortunata. Bugiardi loro, ingenui noi, compreso il pezzo di ‘Remocontro’ che vi proponiamo in versione televisiva giovanile.
Giuliano Battiston, quando arrivano i talebani
«I Talebani erano nel pieno dell’offensiva militare che, partendo dalla conquista dei posti di confine da cui oggi traggono importanti risorse finanziarie, poche settimane dopo, il 15 agosto 2021, gli avrebbe consentito di arrivare al palazzo presidenziale di Kabul abbandonato in fretta dal presidente. Oggi Ashraf Ghani vive negli Emirati arabi uniti dove, a inizio giugno, pare abbia incontrato un alto esponente dell’Emirato, Sirajuddin Haqqani, ministro di fatto degli Interni».
«Quella conquista è un capitolo orgoglioso nella storia dell’Islam che offre alle generazioni future lezioni valide e ispirazione per perseveranza e resistenza», sostengono i Talebani. Che ieri a Bagram, così come a Kandahar, la città del Sud dove risiede la guida suprema Haibatullah Akhundzada, hanno fatto sfoggio di mezzi e disciplina militare. Pur abituati in questi tre anni a frequentare e governare i ministeri, non perdono la matrice jihadista. E ci tengono a esibirla.
«Siamo in pace con tutti, tranne con chi minaccia l’Emirato», ci siamo sentiti ripetere nelle due occasioni in cui, dopo l’agosto 2021, ci è stato concesso di lavorare nel Paese.
I Talebani e il resto del mondo
Nei confronti del mondo esterno, l’atteggiamento è contraddittorio: come dichiarato ieri a Bagram da Sirajuddin Haqqani, già a capo dell’ala più stragista del movimento e ora esponente dei pragmatici guardati con sospetto dalla guida suprema, l’Emirato vuole buone relazioni, soprattutto economiche, con il resto della comunità internazionale. Ma continua a percepire il mondo esterno, in particolare l’occidente, come una possibile fonte di propaganda ostile e di ‘influenze corruttive’. Un processo di ‘reislamizzazione’ delle istituzioni ereditate dalla defunta Repubblica e dal governo eterodiretto da Washington. Un processo lento, a cui si presta meno attenzione rispetto agli attentati condotti dalla branca locale dello Stato islamico – minaccia che i Talebani assicurano di aver eliminato anche se è solo di due giorni fa un attentato contro la minoranza hazara a Kabul -, ma che avrà ripercussioni profonde sul lungo termine.
Nuova Costituzione, leggi e regolamenti
In attesa di una nuova Costituzione, mentre leggi, regolamenti, protocolli vengono riscritti e ricodificati per garantire la conformità con la sharia, la continuità istituzionale con la vecchia Repubblica viene criticata dagli ortodossi, che hanno spinto verso il rafforzamento del ‘ministero per la promozione della Virtù’ e la prevenzione del vizio, custode della moralità. L’istituzionalizzazione della discriminazione di genere (la parte femminile reclusa e sottomessa), sabotato ogni tentativo di riavvicinamento con il sistema euro-atlantico. Tre anni dopo –rileva Battiston-, risulta netta la sconfitta dei pragmatici, messi in minoranza. Più forte il controllo della guida suprema, l’Amir ul-muminin Haibatullah Akhundzada, riuscito a imprimere una svolta significativa anche in politica estera. Pressoché chiusa la finestra di opportunità che l’occidente ha avuto per cercare di influenzare l’Emirato.
Vuoto politico finanziario
Il vuoto politico e finanziario creato dal disimpegno occidentale è riempito ormai dai Paesi regionali. Priorità la stabilità e non i diritti umani. Il riconoscimento ufficiale dell’Emirato non c’è, è vero. Ma il ministro degli Esteri di fatto, Amir Khan Muttaqi, ha gioco facile nello snocciolare la lunga lista di cancellerie straniere che hanno accettato le credenziali dei diplomatici dell’Emirato, insieme alle sedi diplomatiche operative a Kabul. «Se non è riconoscimento questo, mi chiedo cosa lo sia», ha dichiarato. Muttaqi fa parte dell’ala pragmatica, e poche settimane fa il leader supremo gli ha impedito di partecipare alla conferenza di Doha
Quanto più ‘puro’ è l’Emirato, però, tanto meno potrà far parte della comunità internazionale, e tanto meno godrà del consenso della popolazione urbana. Il consenso è l’altra debolezza: per i Talebani, la legittimità viene da Dio, non dal consenso del popolo. Le leggi divine avranno sempre la priorità sulle leggi e i diritti individuali. Quanto a lungo potrà durare
15/08/2024
da Remocontro