Gira male per Trump e per l’Europa che, al di là delle chiacchiere, nei fatti lo segue docilmente nelle sue spericolate acrobazie strategiche. Chi pensava che il problema con l’Iran fosse stato rimosso, si sbagliava. Lo credeva il Presidente Usa, che sperava di poter rivolgere tutta la sua attenzione alla feroce battaglia politica che sta infiammando l’approvazione della legge di bilancio Usa.
Ayatollah spina nel fianco
E, invece, gli ayatollah continuano a essere una spina nel suo fianco. Il motivo è sempre quello che, per la verità, era già apparso chiaro a tutti gli analisti fin da subito: l’attacco americano al sito di arricchimento dell’uranio di Fordo, è riuscito a bloccare definitivamente il programma nucleare iraniano? E chi può dare una risposta affidabile, in questo senso, per orientare tutta le future strategie Usa nel Golfo Persico? Domande senza risposte certe, se non quelle un po’ supponenti, dello stesso Trump, il quale si dice sicuro che i suoi ‘meravigliosi B-2’ abbiano fatto crollare, in una nuvola di calcinacci, l’impianto sotterraneo. Purtroppo per lui, però, anche se la Cia del suo ‘fedelissimo’ John Ratcliffe si è allineata e coperta, le altre 17 Agenzie dei Servizi di Intelligence Usa non sembrano avere la stessa certezza.
La schiera dei dubbiosi
La Direttrice, Tulsi Gabbard, che aveva parlato di ‘parziale danneggiamento’, è stata messa a tacere e, alla fine, costretta con un ‘post’ a dare ragione a Trump. E i giornalisti che hanno sollevato dubbi sulla versione trumpiana (CNN e New York Times, per primi) sono stati considerati ‘autori di fake news’ e degni di essere cacciati a pedate. Ma ora arrivano altre potenti bordate, a demolire la granitica supponenza del ‘TACO’ (l’acronimo, di ‘Trump fa sempre marcia indietro’), che vede messa in dubbio la sua (interessata) narrativa. La prima è quella dallo stesso Direttore generale dell’AIEA, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Rafael Grossi. In un’intervista molto onesta alla CBS, l’alto funzionario dell’Onu fa il punto, assolutamente tecnico, della situazione, chiarendo tutti gli aspetti che appaiono di un trionfalismo propagandistico fuori luogo. «Le capacità di cui dispongono gli iraniani ci sono – sostiene Grossi – e possono avere, nel giro di pochi mesi, o anche meno, direi, qualche cascata di centrifughe che girano e producono uranio arricchito. Francamente, non si può affermare che tutto sia scomparso e che non ci sia più nulla». Chiaro.
Sempre l’Aiea
Come altrettanto sorprendente (ma solo per qualcuno) potrà sembrare la sua versione sulle origini dell’attacco all’Iran. «Ma, davvero, c’è chi può credere che questo conflitto sia avvenuto a causa di un rapporto dell’AIEA? E, a proposito, – aggiunge Grossi – quello che c’era… quello che c’era in quel rapporto non era nuovo. Lo diciamo da molto tempo, e anche in rapporti precedenti. Quindi, questo accade … forse è perché è più facile criticare un’organizzazione internazionale o un direttore generale. Ma non è ragionevole dirlo. Semmai, l’AIEA, come sempre, ha avuto una valutazione molto onesta della situazione. E molti, posso assicurarvelo, molti hanno detto, ‘bisogna dire che hanno armi nucleari, o che sono molto vicini ad averle’. E noi non l’abbiamo detto. Semplicemente non l’abbiamo detto, perché non era questo che vedevamo».
Pressioni sull’agenzia Onu per mentire!
Signori, stiamo scherzando? Il Direttore generale di un’Agenzia Onu ha ricevuto pressioni, per ‘addomesticare’ un rapporto che giustificasse l’attacco? Un assalto ‘a orologeria’ le cui origini, a questo punto, qualcuno deve spiegare per filo e per segno, per capire se dietro le superbombe non ci fossero anche dei ‘superinteressi’. E, comunque, il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, perché dopo il festival di chiacchiere in libertà, arrivano riscontri più concreti su un «lavoro sporco» (le parole sono di quel genio incompreso del Cancelliere Merz) fatto a metà.
Intercettazione scomoda dei servizi Usa
La BBC riporta notizia di un’intercettazione ‘scomoda’ (per Trump), condotta dai Servizi segreti americani e spifferata da fonti anonime. La notizia, pubblicata da tutta la stampa internazionale, arriva quasi sicuramente dalla NSA (National Security Agency), arcirivale della Cia e specializzata in guerra elettronica. Sull’argomento, in particolare, il Washington Post scrive: «Gli Stati Uniti hanno ottenuto comunicazioni intercettate tra alti funzionari iraniani che discutevano degli attacchi militari statunitensi al programma nucleare iraniano e sottolineavano che l’attacco era stato meno devastante del previsto, hanno affermato quattro persone a conoscenza delle informazioni riservate che circolano all’interno del governo statunitense. La comunicazione – prosegue il Post – che si preannunciava riservata, includeva anche funzionari del governo iraniano che ipotizzavano dei perché gli attacchi diretti dal Presidente Donald Trump non fossero stati così distruttivi ed estesi come previsto, hanno affermato queste persone».
John Wayne-Trump
Quindi, dopo i massacri in stile Fort Apache, John Wayne-Trump dovrò rifare i suoi calcoli, se vorrà salvare lo scalpo politico. Sull’argomento interviene pesantemente (e autorevolmente) BBC ‘Verify’, l’inchiesta della Tv inglese che usa i satelliti per osservare gli eventi in tempo reale. «Le immagini satellitari della Maxar Technologies – afferma la BBC – mostrano macchinari edili pesanti in funzione all’impianto nucleare di Fordo, in Iran, uno dei siti presi di mira dall’esercito statunitense. Le immagini del 29 giugno mostrano un escavatore e una gru in cima a una strada di accesso di nuova costruzione, vicino a un’area presa di mira dalle bombe americane che hanno distrutto i bunker. Più in basso, lungo il pendio della montagna, sono visibili un bulldozer e un camion. I mezzi edili – prosegue il report – stanno lavorando anche all’ingresso del sito e presso un edificio bombardato sul lato est del complesso, entrambi danneggiati dagli attacchi israeliani, effettuati dopo quelli americani. Secondo l’esperto di armi nucleari David Albright, che ha analizzato le immagini dello stesso sito scattate il 28 giugno, i lavori di costruzione potrebbero includere il riempimento dei crateri, l’esecuzione di valutazioni tecniche dei danni e il campionamento radiologico».
- Quindi: riparare, significa che il sito è stato danneggiato, magari pesantemente. Ma non distrutto. E poi, investire immediatamente preziose risorse per ‘restare in piedi’, sembra la sfida più disperata che il regime pare voglia fare. Possibile che i missili di Netanyahu e le bunker-buster di Trump, alla fine, abbiano finito per dare una mano insperata a un regime che stava traballando. E che, probabilmente, sarebbe crollato di schianto, sotto il peso di una crisi economica ormai ingestibile.
01/07/2025
da Remocontro