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Alberto Trentini ha telefonato alla famiglia. L’avvocata: “Nuove speranze dopo le ultime mosse diplomatiche”

Alberto Trentini ha telefonato alla famiglia. L’avvocata: “Nuove speranze dopo le ultime mosse diplomatiche”

Politica estera

10/10/2025

da Il Fatto Quotidiano

di Stefano Tamburrini

"Grazie a chi sta lavorando al nostro fianco per la liberazione di Alberto", hanno ribadito i parenti e la legale Alessandra Ballerini. La chiamata arriva in un momento di fitto dialogo tra Roma e Caracas

È la terza telefonata in 327 giorni di detenzione. Alberto Trentini, l’operatore umanitario 46enne, trattenuto senza accuse nel carcere venezuelano de El Rodeo I, nel municipio Miranda, ha nuovamente chiamato casa, raccomandando ai genitori di “prendersi cura” l’uno dell’altro e assicurando di “essere forte”. È una chiamata diversa delle altre, non solo per la scioltezza delle parole, più serene e rassicuranti, ma anche per il contesto di riapertura del dialogo in cui la terza telefonata avviene.

A riferirlo sono la famiglia Trentini e l’avvocata Alessandra Ballerini, in una nota diffusa anche a Ilfattoquotidiano.it, sottolineando che la chiamata “apre spiragli di speranza”, perché inserita in una catena di eventi che vanno dalla visita dell’ambasciatore italiano a Caracas, Giovanni Umberto De Vito, alla prigione de El Rodeo I per incontrare Trentini e il connazionale Mario Burlò, la recente chiamata della presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla madre del cooperante, Armanda Colusso, e il ripristino del Corao Faria, che ha ringraziato le autorità italiane per l’invito e salutato positivamente l’auspicio di pace e di dialogo del ministro degli Esteri Antonio Tajani, sottolineando il primato della “cooperazione al di sopra di ogni forma di coercizione”.

Beninteso: meglio parlarsi, pur nelle differenze, che il gelo controproducente degli ultimi quattro anni, fatto di sanzioni, chiusure e prese di distanza. “La fede può aprire anche le carceri”, è il commento criptico, off the record, che scappa a uno dei venezuelani presenti, che cita gli Atti degli apostoli. L’arte di “dire senza dire”, che mette insieme due mondi, l’Italia e il Venezuela: Trentini non viene nominato, almeno non in pubblico, ma resta sullo sfondo. I canali ci sono e questa volta paiono più limpidi, trasparenti, istituzionali.

Nella telefonata Alberto “ha voluto ringraziare tutte le persone che gli sono state vicine in questi mesi e ha ribadito il suo affetto per i suoi cari”, riferiscono ancora i familiari e l’avvocata Ballerini, aggiungendo che “in questi 327 giorni la nostra fede non è mai venuta meno”. “Grazie a chi sta lavorando al nostro fianco per la liberazione di Alberto”, scrivono ancora nella nota. Quel “grazie” è forse rivolto a chi, senza cercare visibilità, tesse fili di dialogo per riportare a casa il cooperante; agli oltre 110mila firmatari della petizione su Change.org; agli aderenti del digiuno a staffetta, che ha contato sull’adesione di figure come il fondatore di Libera contro le mafie, Luigi Ciotti, e il patriarca di Venezia Francesco Moraglia.

La chiamata rappresenta quindi un ulteriore gesto di apertura da parte di Caracas mentre si attendono progressi concreti, oltre il consueto, verso il rilascio del cooperante. Da considerare anche il contesto a Caracas, dove, sempre il 7 ottobre, i vescovi venezuelani hanno esortato le autorità di Caracas ad adottare “misure di grazia che restituiscano la libertà a coloro che sono detenuti per ragioni politiche” in vista della canonizzazione di José Gregorio Hernández e Carmen Rendiles, portando pace “non solo alle famiglie” ma “all’intera società”. Un segnale positivo è già dato dal calo dei detenuti a sfondo politico, passati da oltre 940 a 838, inclusi gli 89 prigionieri con cittadinanza straniera, tra cui anche il giornalista con doppio passaporto Biagio Pilieri. Conviene anche a Palazzo di Miraflores visto il pressing degli Stati Uniti, che – secondo il New York Times – dopo aver respinto un tentativo di mediazione del Qatar, alza a 10mila il numero dei soldati al largo del Venezuela. Caracas ha quindi bisogno di Roma, e viceversa. C’è di mezzo il ritorno di Trentini, ma anche l’interesse di migliaia di italiani, migranti di un tempo e figli, che vivono lì.

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