Il gioco delle tre carte alla Cop 28 di Dubai: rinnovabili, carbone e nucleare.
Sul primo fronte si alza l’asticella, ma ci sono ambizioni che non piacciono a tutti, India e Cina in primis. Usa e Francia, tra gli altri, vanno avanti contro il carbone, ma sul fronte dell’addio alle fossili non ci saranno grandi passi in avanti: sarà graduale e al massimo (ma non è neppure detto) riguarderà – appunto – solo il carbone. L’altra carta, quella del nucleare, sventolata – raccogliendo consensi internazionali – come strada necessaria per raggiungere le emissione nette zero al 2050. Tra una sessione di alto livello e l’altra, anche al terzo giorno di Cop 28 non sono mancati gli annunci. Sono 118 i Paesi che si impegnano a triplicare la capacità di energia rinnovabile nel mondo al 2030, occasione finora persa per Cina e India che, nonostante gli impegni assunti al G20, non hanno ancora firmato. Gli Stati Uniti hanno aderito oggi, insieme ad altri 6 Paesi, alla Powering Past Coal Alliance (di cui fanno parte già 56 nazioni), impegnandosi a chiudere tutte le loro centrali elettriche a carbone. Ma, insieme alla Francia e ad altri Paesi, gli Usa spingono per l’energia dell’atomo. Ventidue, in tutto, quelli che si sono impegnati a triplicare la loro capacità entro il 2050. Non c’è l’Italia del referendum, dove però gli interessi ci sono, come confermato alla Cop dalla stessa premier, Giorgia Meloni. Altra nota dolente è la ‘Carta di decarbonizzazione’ firmata da cinquanta compagnie petrolifere e del gas ma, anche in questo caso, ci sono diverse criticità. Tanto che gli attivisti chiedono di concentrarsi sull’esito dei negoziati portati avanti dai diplomatici e ai quali i media non possono assistere, più che sulla raffica di annunci.
Triplicare le rinnovabili, verso 11mila gigawatt al 2030 – D’altronde, era già stato ampiamente previsto che alla Cop 28 si sarebbero presi impegni sulle rinnovabili. È stata mantenuta la promessa fatta a settembre dai leader del G20, i cui Paesi emettono l’80% di tutte le emissioni di gas serra. Ma gli impegni specifici, con target per singoli settori, dovranno ora essere trasferiti nel testo decisionale, compresi i percorsi concordati per la realizzazione, come i finanziamenti e il supporto tecnico. Secondo gli analisti triplicare le energie rinnovabili in questo decennio significherà che il 90% di questa nuova capacità proverrà dall’eolico e dal solare. “Con un obiettivo quantificabile di 11mila gigawatt di capacità rinnovabile entro il 2030, si tratta di un passo avanti rispetto ai vaghi obiettivi di zero emissioni nette in un lontano futuro” ha commentato Joyce Lee, responsabile delle politiche e dei progetti del Global Wind Energy Council. Ma il fatto che Cina e India non abbiano firmato è una occasione persa per tutti. Alcuni paesi africani hanno già in programma obiettivi concreti: il Kenya punta ad aumentare la propria capacità di energia rinnovabile fino 100 gigawatt entro il 2050, il Senegal prevede di aumentare la quota di rinnovabili fino 40% entro il 2030.
Il ruolo della Cina, si apre la trattativa – “La parte del leone nella capacità solare ed eolica in costruzione è in Cina” ha commentato Shradhey Prasad, project manager per il Global Wind Power Tracker presso il Global Energy Monitor. Con 326 GW ha il 170% in più rispetto al resto del mondo messo insieme “e questi saranno probabilmente operativi tra uno o due anni”. Ma allora perché Cina e India (che pure corre sulle rinnovabili) non hanno firmato? La risposta è nell’impegno: chi firma riconosce anche che i sistemi energetici devono essere privi di combustibili fossili ‘unabated’ (le cui emissioni non verranno catturate) prima o entro il 2050, che ridurrà gradualmente l’energia a carbone e la fine degli investimenti in nuovi impianti a carbone (anche in questi ultimi due casi, si parla di produzione di emissioni ‘non abbattute’). Tutto ciò dovrà essere ancora concordato per arrivare a un testo finale. Non si esclude, dunque, che la firma della Cina possa arrivare, in cambio della riduzione delle ambizioni.
Usa e Francia contro il carbone, ma in prima fila per il nucleare – Ma la terza giornata della Cop è stata anche quella dell’annuncio degli Stati Uniti di aderire alla Powering Past Coal Alliance, impegnandosi ad eliminare gradualmente le centrali elettriche a carbone, che rappresenta circa il 40% delle emissioni di combustibili fossili). Ciò significa che gli Stati Uniti si sono impegnati a non costruire nuove centrali a carbone e a eliminare gradualmente quelle esistenti. Non è stata fornita una data precisa per la chiusura degli impianti, ma da precedenti provvedimenti varati da Biden e da altri impegni internazionali assunti, il raggiungimento di questo obiettivo viene fissato al 2035, cinque anni dopo la data del 2030 considerata compatibile con il mantenimento del riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C. Tra l’altro, l’amministrazione Biden ha appena approvato una norma volta a ridurre le emissioni di metano. Si tratta di una misura nata su proposta di Biden in occasione della Cop 26, in Scozia, ampliata l’anno scorso. Ora si allargherebbe alle emissioni dei pozzi di petrolio e gas esistenti a livello nazionale, anziché concentrarsi solo sui nuovi pozzi e, secondo l’Agenzia per la protezione dell’ambiente (Epa), ridurrà drasticamente il metano e altri inquinanti atmosferici nocivi generati dall’industria petrolifera e del gas. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen ha ricordato che dieci Stati membri dell’Ue sono già senza carbone e altri dieci lo elimineranno gradualmente entro il 2030. Sul tema, anche Macron è intervenuto in modo netto: “I paesi del G7 devono dare l’esempio e impegnarsi all’addio del carbone entro il 2030. La Francia manterrà il suo impegno entro il 2027, ossia durante la mia presidenza”. Francia e Usa, dunque, contro il carbone. A favore del nucleare. Ventidue i paesi che alla Cop 28 chiedono di triplicare l’energia nucleare entro il 2050 per raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette. “Non stiamo sostenendo che questa sarà assolutamente un’alternativa radicale a ogni altra fonte di energia. Ma sappiamo da prove scientifiche – ha detto John Kerry, inviato americano per il clima – che non è possibile arrivare allo zero netto nel 2050 senza il nucleare”. Tra i firmatari, anche Emirati Arabi Uniti, Giappone, Regno Unito, ma è in Belgio che nel 2024 si terrà il primo vertice mondiale sul nucleare. Anche la premier Meloni ha parlato di nucleare alla Cop, in modo particolare della fusione.
La Carta globale della decarbonizzazione, pioggia di critiche – Altra iniziativa particolarmente discussa è stata il lancio, da parte della presidenza della Cop28 della Carta globale della decarbonizzazione. L’hanno firmata cinquanta compagnie petrolifere e del gas: 20 compagnie petrolifere internazionali e 30 compagnie petrolifere nazionali, di cui 19 che si impegnano a raggiungere le emissioni nette zero per la prima volta. Si parla dei colossi che rappresentano il 40% della produzione petrolifera globale. Ma la Carta non è in linea con l’obiettivo di restare sotto 1,5° Celsius, non pone alcun vincolo allo sviluppo di nuovo petrolio e gas e prevede obiettivi di emissione volontari e non prescrittivi, mentre molte compagnie petrolifere internazionali hanno già fissato degli obiettivi. “L’acceleratore per la decarbonizzazione di petrolio e gas è una pericolosa distrazione dal processo COP28. Abbiamo bisogno di accordi legali, non di impegni volontari” commenta David Tong, responsabile della campagna globale del settore, Oil Change International. Nello scenario Net zero dell’Agenzia internazionale dell’energia, l’industria del petrolio e del gas deve ridurre le proprie emissioni del 60% entro il 2030. “Questa Carta non va oltre i precedenti impegni dell’industria petrolifera nell’ambito dell’Oil and Gas Climate Initiative (OGCI), che l’industria deve ancora mantenere” spiega Murray Worthy, ricercatore senior nel settore del petrolio e del gas di Zero Carbon Analytics. Iniziativa che, tra l’altro, ha già fissato l’obiettivo di raggiungere lo 0,20% di metano entro il 2025 (cinque anni prima rispetto all’impegno della carta presentata alla Cop 28.
03/12/2023
da Il Fatto Quotidiano