L'80% degli atenei italiani scende nella classifica. Ecco i motivi
Le prime tre sono tutte private (e statunitensi): Harvard, ovviamente. E poi Mit e Stanford. Ai piedi del podio due istituti pubblici, questa volta inglesi: Cambridge e Oxford. Il Center for World University Rankings (Cwur) ha stilato la classifica Global 2000 delle migliori università al mondo.
Nella graduatoria l’Italia fatica a competere coi competitor internazionali: l’80% degli atenei italiani scende nella classifica. Tradotto: dieci università italiane migliorano rispetto allo scorso anno, tre mantengono la posizione, ben 53 scendono. Il principale fattore di declino è la performance nella ricerca, mentre cresce la concorrenza da parte di atenei ben finanziati. L’ateneo che guida i 66 presenti in classifica? La Sapienza di Roma (che comunque perde una posizione) al 125esimo posto.
L’ALLARME ITALIANO – A seguire, chi troviamo? L’Università di Padova perde cinque posizioni, attestandosi al 178esimo posto, mentre l’Università di Milano scende di cinque posizioni (191esima), davanti all’Università di Bologna (204), e all’Università di Torino (242). La top ten italiana è completata dall’Università di Napoli Federico II (243), dall’Università di Firenze (274), dall’Università di Genova (286), dall’Università di Pisa (288) e dall’Università di Pavia (327). Commentando la situazione italiana, Nadim Mahassen, presidente del Center for World University Rankings, osserva: “Ciò che è allarmante è il declino delle istituzioni accademiche nazionali dovuto all’indebolimento delle prestazioni della ricerca e allo scarso sostegno finanziario da parte del governo. Mentre diversi paesi pongono lo sviluppo dell’istruzione e della scienza in cima alla loro agenda, l’Italia fatica a tenere il passo. Senza finanziamenti più consistenti e una pianificazione strategica più solida, l’Italia rischia di rimanere ulteriormente indietro nel panorama accademico globale in rapida evoluzione”.
LA CLASSIFICA – Cwur ha analizzato 74 milioni di dati basati sui risultati per classificare le università di tutto il mondo in base a quattro fattori: qualità dell’istruzione (25%), occupabilità (25%), qualità del corpo docente (10%) e ricerca (40%). Quest’anno sono state classificate 21.462 università e quelle che si sono classificate al primo posto sono entrate nella lista Global 2000, che include istituzioni di 94 Paesi. Per il quattordicesimo anno consecutivo, come detto è Harvard la migliore. Gli Stati Uniti, nonostante si aggiudichino otto delle prime dieci posizioni, faticano a mantenere la loro preminenza a livello mondiale. Nella classifica Global 2000, solo 40 università statunitensi hanno migliorato la propria posizione rispetto al 2024, con 15 che hanno mantenuto la posizione e 264 scese in classifica.
La migliore università pubblica statunitense è Berkeley, al dodicesimo posto a livello mondiale, un posto dietro al Caltech (il California Institute of Technology). Nel complesso, gli Stati Uniti sono il secondo paese più rappresentato nella classifica Global 2000 con 319 rappresentanti, dieci in meno rispetto allo scorso anno. Il Canada conta 38 istituzioni in classifica, guidate dall’Università di Toronto al numero 23. “Sebbene gli Stati Uniti vantino ancora le migliori università al mondo – commenta Mahassen – il declino della stragrande maggioranza dei suoi istituti di istruzione superiore dovrebbe preoccupare la Segretaria all’Istruzione statunitense Linda McMahon e l’intera amministrazione Trump.
In un momento in cui le università cinesi stanno raccogliendo i frutti di anni di generoso sostegno finanziario da parte del loro governo, le istituzioni americane sono alle prese con tagli ai finanziamenti federali e controversie sulla libertà accademica e sulla libertà di parola. Con gli Stati Uniti superati dalla Cina come Paese con il maggior numero di rappresentanti in classifica, la loro reputazione nel settore dell’istruzione superiore globale è seriamente minacciata”. Mahassen mette in guardia: “il forte declino delle università statunitensi è parallelo a quello degli atenei in Giappone, Francia e Germania, mentre le università britanniche e russe hanno avuto risultati solo leggermente migliori. Con la straordinaria ascesa delle istituzioni cinesi, le università del mondo occidentale non possono permettersi di rimanere a guardare e dormire sugli allori”.
02/06/2025
da Il Fatto Quotidiano