23/08/2025
da Remocontro
C’era una volta la Germania forte, potente e, soprattutto, prospera. Come quella che il novello Cancelliere, Friedrich Merz, aveva promesso di restituire ai compatrioti, dopo le travagliate elezioni dello scorso febbraio. Ma dovrà rifare il giuramento, l’erede di ‘monumenti’ politici come Helmuth Kohl e Angela Merkel
Fu Grosse Deutschland
Oggi, la Grosse Deutschland, economicamente parlando, è proprio in mezzo a una strada. E gli elettori, come sentenzia velenosamente l’autorevole Wall Street Journal, stanno cominciando a stufarsi di un governo di coalizione incapace di farli uscire da una crisi che dura da diversi anni. Rispetto agli impegni presi all’atto della sua investitura, il Paese ha addirittura fatto un passo indietro e Merz, dunque, è costretto ad arrampicarsi sugli specchi. «È una valanga di cattive notizie – scrive l’autorevole Wall Street Journal ed è il motivo per cui oltre due terzi degli elettori sono ora insoddisfatti del lavoro di Merz». Un aumento di 18 punti in tre mesi secondo un sondaggio ‘Forsa’ pubblicato la scorsa settimana. «Circa il 62% prevede che l’economia continuerà a deteriorarsi».
I numeri impietosi
I tedeschi non vanno certo a sensazione, né tantomeno si fanno abbindolare dai discorsi del Cancelliere, ma badano solo ai numeri. Che sono impietosi e che stanno già seminando il panico nelle segreterie dei partiti che compongono la Grosse Koalition: CDU e SPD. Dunque, l’Ufficio federale di statistica ha fatto sapere che l’economia tedesca ha subito una contrazione più marcata del previsto (con un -0,3 per cento) da aprile a giugno, rispetto al trimestre precedente. La stima prima ipotizzata parlava invece di un calo dello 0,1%. È stata soprattutto la produzione industriale ad arretrare. L’ultimo rapporto mensile della Bundesbank, inoltre, offre un Outlook negativo per l’immediato futuro: «La più grande economia europea dovrebbe stagnare. Le fosche prospettive per il commercio globale, la situazione degli ordini ancora debole e il basso utilizzo delle capacità esistenti probabilmente influenzeranno ulteriormente l’attività di investimento delle aziende. Non si prevede che l’edilizia fornirà ancora un forte stimolo al sistema».
Da ‘stagnazione’ a ‘recessione’
Pessime notizie anche quelle in arrivo sulla revisione, effettuata dall’Ufficio federale di Statistica, per la produzione relativa agli anni passati. Rispetto a quanto stimato, i numeri mostrano ora un calo dello 0,9% (in precedenza era -0,3%) per il 2023, mentre il Pil è diminuito dello 0,5% (anziché -0,2%) nel 2024. Tutte queste correzioni di rotta nelle performance economiche reali del sistema-Germania, però, stanno cominciando a indispettire gli operatori e a scuotere le aspettative dei mercati. Tanto che il quotidiano economico Handelsblatt ha criticato duramente le autorità di governo per il clima d’incertezza creato. «La stagnazione della Germania è da tempo una recessione», titola asciutto il giornale, aggiungendo al suo giudizio un’ipotesi inquietante: «L’Ufficio federale di statistica – sostiene – ha rivisto radicalmente i suoi dati sulla crescita economica. È forse il risultato di una frode politica? E quanto vale oggi il Pil?».
Flussi elettorali
Che ci siano delle evidenti implicazioni politiche nel malessere tedesco è testimoniato dalla crescente trasformazione dei flussi elettorali. I partiti tradizionali sono in crisi o resistono con difficoltà alle sfide del cambiamento. L’economia tedesca, costruita fondamentalmente su una filosofia export-oriented, è stata colpita al cuore dalle crisi ripetute che hanno interessato i mercati internazionali. In successione, Covid, calo della domanda, rottura della catena approvvigionamenti, inflazione da shock post-pandemico, guerra in Ucraina e, da ultimo, i dazi di Trump. Le elezioni regionali, nei Lander orientali, nel 2024, avevano già fatto suonare la sveglia al precedente Cancelliere, Olaf Scholz, avvertendolo chiaramente che quella parte del Paese gli aveva girato le spalle. Il ricambio, fatto in fretta e furia (e con molte forzature) per impedire l’avanzata dell’estrema destra fino al governo, ha poi portato al potere una figura di compromesso, come Friedrich Merz.
Rotto il tabù del debito per il riarmo
La situazione economica era (ed è) talmente problematica, che la nuova ‘Grande coalizione’ ha deciso di rompere un tabù: quello dell’indebitamento e del conseguente rischio-inflazione. Così, messi da parte i fantasmi di Weimar, è stata approvata la legge costituzionale che elimina il ‘freno del debito’. Una manovra studiata a tavolino per favorire una spesa ‘accelerata’ da mille miliardi di euro, in armi e infrastrutture ‘strategiche’, legate in qualche modo alla difesa. L’obiettivo? Con la scusa della “possibile invasione di Putin” (che da tre anni non riesce più ad avanzare manco di 50 chilometri nel Donbass) si punta a rilanciare l’economia (soprattutto i settori manifatturieri, metallurgici e chimici) e, naturalmente, a consolidare l’approvazione elettorale. Questo sulla carta, perché nell’era caotica che viviamo, Herr Merz deve capire che non basta solo produrre carri armati per essere applauditi. La gente vuole risposte, a partire dai servizi sociali.
‘Gli elettori stanno perdendo la pazienza’
E la domanda che si pone il Wall Street Journal, nell’ampio titolo del suo report-inchiesta che dedica alla Germania, va proprio in questa direzione: «Merz riuscirà a rilanciare l’economia tedesca? Gli elettori stanno perdendo la pazienza». Chiaro, netto e bruciante. E qualora l’avvertimento non fosse immediatamente comprensibile, aggiunge nel sommario: «Una valanga di cattive notizie economiche sta spingendo il Cancelliere tedesco a concentrarsi sul fronte interno questo autunno». Il giornale americano spiega che Merz ha promesso una svolta economica, parlando di un impulso alla crescita. «Ma – afferma Manfred Güllner, responsabile del gruppo di sondaggi ‘Forsa’ – sul campo, gli elettori non vedono alcun miglioramento. Al contrario, licenziamenti di massa e prezzi elevati sono all’ordine del giorno».
Paese in sofferenza acuta
- In effetti, i trend sono impietosi e mostrano un Paese in sofferenza acuta, quasi tramortito, incapace di riprendere a sferragliare a tutto vapore come ai tempi belli, quando era la locomotiva d’Europa. Quello del WSJ è quasi un epitaffio: «Dopo aver sfiorato la piena occupazione, la disoccupazione è ora in aumento, mentre la produzione continua a diminuire e i profitti si stanno riducendo. Dal suo ultimo picco nel 2018 alla fine dello scorso anno, la produzione industriale è diminuita di circa il 12%. E la produzione complessiva ristagnerà anche nel 2025. Un duro colpo per un’economia industriale». E il colpo finale per il Cancelliere Merz arriva dal Fondo monetario internazionale, con le sue fosche previsioni sul sistema tedesco. Così riassunte, quasi sarcasticamente, da Handelsblatt;
«L’economia tedesca cresce più lentamente di quella iraniana. La Germania si sta sviluppando più lentamente di tutte le altre grandi economie. E le ultime previsioni del FMI non tengono ancora conto di tutti gli oneri derivanti dall’accordo tariffario con gli Stati Uniti». Insomma, siamo ancora in tempo perché vada pure peggio.