EMERGENZA CLIMATICA . Quasi mille frane attive, 44 comuni in ginocchio, oltre 13 miliardi di danni. E il ministro della Protezione civile fa infuriare i sindaci
A un mese dall’alluvione, i riflettori sulla Romagna si stanno spegnendo ma per tanti inizia ora la vera emergenza. Le 978 frane, i 23 fiumi esondati hanno letteralmente devastato l’orografia del territorio, seppellendo sotto metri di fango case, orti e coltivazioni. Dalle città ai piccoli paesi sperduti nell’Appennino, sono 44 i comuni colpiti.
IL MINISTRO della Protezione Civile Nello Musumeci, giovedì al tavolo con gli enti locali, davanti alla conta dei danni, ha gelato tutti: «Il governo non è un bancomat», ha detto, e lo ha ribadito anche ieri, facendo scatenare lo sdegno di sindaci e opposizioni. Il decreto alluvione non copre le spese già sostenute dai comuni (900 milioni già anticipati), sospende tasse e bollette per 4 mesi per gli alluvionati ma non le cancella. Anche sul commissario per la ricostruzione si rimanda: «Il tema non è all’ordine del giorno».
SECONDO I SINDACI, in tutto i danni ammontano ad almeno 8,8 miliardi, 4,3 miliardi di danni pubblici (fiumi, strade, edifici pubblici) e altri 4,5 miliardi di danni ai privati (imprese, aziende agricole e singoli cittadini). L’appello fatto da molti sindaci, di mantenere l’esercito ancora qualche mese, per aiutare a liberare le strade bloccate dalle frane, è rimasto inascoltato.
PER CONFAGRICOLTURA, la sopravvivenza di un quarto delle aziende è a rischio. «I piccoli agricoltori rischiano di non farcela. Così si favorisce l’accentramento delle terre nelle mani di poche aziende, che coltivano in modo intensivo, contribuendo alle emissioni climalteranti e alla perdita di fertilità dei suoli – spiega Elena Campacci di Soffi di Terra, associazione che già prima dell’alluvione era un punto di riferimento per le piccole realtà contadine – Stiamo raccogliendo fondi e mappando tutte le realtà in difficoltà, biologiche, sinergiche o “genuine clandestine”, che non usano pesticidi, fertilizzanti chimici e che diano garanzie di un approccio rispettoso verso la natura.
Vogliamo creare relazioni solide che vadano oltre l’emergenza e ci stiamo attivando anche con i Woofers, volontari da tutto il mondo, affinché aiutino le piccole aziende alluvionate e ‘franate’».
«OLTRE A COLTIVARE ortaggi bio, noi piantiamo alberi laddove i pendii rischiano di franare, teniamo puliti i fossi dalla sterpaglia e dai legni secchi» racconta Laura Lombini che fa parte di una piccola realtà contadina a Meldola. «Ci sentiamo custodi, non padroni delle nostre terre, se ce ne andiamo noi, chi resterà?». Davide porta avanti l’azienda biologica di famiglia, La Saracca, proprio a Conselice paesino simbolo della catastrofe: «Su 15 ettari coltivati a seminativo e ortaggi, si è salvato solo mezzo ettaro. Il resto tutto perduto, sott’acqua per 12 giorni. Ho salvato una parte delle piantine di melone, ma non potrò vendere i meloni nel circuito classico, che me li paga al massimo 60 centesimi al kg, spero nei gas (gruppi d’acquisto solidale).
Non so poi se potrò piantare qualcosa per l’autunno. Serviranno anni per ristabilire la fertilità del suolo, né sappiamo di quali eventuali sostanze si è intriso. Gli aiuti del governo non arriveranno presto. Ci aspettano anni molto duri».
LA RETE GAS Romagna sta mettendo in relazione questi piccoli agricoltori con i gas disponibili ad “adottarli” da tutta Italia. «Vogliamo dare un supporto a lungo termine e non solo nell’immediato, queste piccole aziende vanno sostenute anche negli anni a venire» spiega Simona Ferraro, del Gas di Ravenna e Lugo. Adottare una piccola azienda alluvionata o “franata” non vuol dire solo comprare subito i prodotti già disponibili o invenduti, ma dare garanzia di comprare i prossimi prodotti, prefinanziare i raccolti, magari aiutare con giornate di lavoro solidale, creare percorsi condivisi.
Cristina Benericetti, storica produttrice di frutta e ortaggi bio a Terra del Sole, conta i danni: «Parliamo di 200mila euro, per una famiglia come noi, che vive solo di questo, è lo stipendio di anni. Ci hanno fatto compilare un elenco dei materiali persi, ma non della mancata produzione, il nostro terreno è sotto una pesante coltre di fango, impossibile da coltivare. Siamo senza prospettive di reddito a breve». Ismea ha intanto annunciato un prestito fino a 30mila euro a tasso zero per tutte le imprese agricole e della pesca colpite, della durata di 5 anni.
17/06/2023
Abbiamo ripreso l'articolo
da Il Manifesto