Oltre 100 milioni di giovani arabi, dal Marocco al Medio Oriente, sperano di emigrare al più presto possibile. E la maggior parte di loro vuole andare in Occidente. I numeri proposti dall’indagine condotta da “Asda ‘a BCW”, un’agenzia molto quotata, secondo il Financial Times, non sono solo la fotografia del malessere socioeconomico di una vasta regione del pianeta, ma rappresentano anche un brusco campanello d’allarme per l’Europa. Italia solo come transito, ma quanti di loro arriveranno nei prossimi anni?
Quasi metà dei giovani nordafricani sognano la fuga
Il 48% dei giovani nordafricani (in una fascia di età compresa tra i 18 e i 24 anni) vuole lasciare il proprio Paese. La percentuale sale al 52%, nella vasta regione del Levante e tocca Stati come Giordania, Libano, Siria, Irak, Yemen e Territori palestinesi. Va sottolineato che il report si occupa, in particolare, anche di un Paese come l’Egitto che, in questo momento, per la difficile congiuntura economica e gli atti tassi di incremento demografico, può essere considerato una vera ‘bomba a orologeria’ sulle sponde del Mediterraneo.
Scappare dove, e con quali conseguenze?
Un’analisi disaggregata delle destinazioni ambite dai potenziali migranti, offre uno scenario su cui riflettere. Se è vero che la maggioranza di loro ‘sogna l’America’ (col Canada che, a sorpresa, viene prima degli Stati Uniti), è anche vero che una quota significativa vorrebbe dirigersi verso Germania, Regno Unito e Francia e, in proporzione minore, in Oceania (Australia e Nuova Zelanda). E il nostro Paese? L’Italia coinvolta, come già accade, nei meccanismi d’ingresso fissati da ogni nazione occidentale che sono molto rigidi nell’aprire le porte ai nuovi arrivati. Fanno tutti così, nessuno escluso.
Le rotte della disperazione
Restano le strade o, meglio, le rotte dell’altra emigrazione, quella il cui unico visto è la fame, la sete, la guerra o le catastrofi climatiche. E il diritto internazionale, in questo caso, è dalla parte dei potenziali rifugiati. Le ragioni che adesso spingono vaste popolazioni a migrare si sono ampliate e i governi, primi fra tutti quelli europei, sono obbligati a prenderle in considerazione. Quindi le richieste di asilo vanno esaminate una ad una, attentamente e con scrupolo, prima di emettere una sentenza che fa la differenza tra la vita e la morte di un essere umano. E questa è la parte più dura del lavoro di accoglienza. E la deve fare l’Italia, che è il Paese filtro per eccellenza, quello di ‘primo arrivo’ che, vincolato dai trattati comunitari, proprio non può scaricarsi di responsabilità.
La parte più dura dell’accoglienza
Ma il richiamo che arriva da “Asda ‘a BCW” è perentorio e dovrebbe giungere alle orecchie dei ‘decision makers’ di Bruxelles e di Roma: qui non si tratta più di risolvere il problema di flussi di mille persone al giorno. No, la capacità di migrazione potenziale del Nordafrica e del Medio Oriente, come abbiamo visto (solo se ci limitiamo ai giovani) è di almeno 100 milioni di persone. La quasi totalità di questa massa demografica è rappresentata da gente che non riesce a seguire i canali dell’espatrio ‘legale’. E che quindi, in prospettiva (ma anche in qualsiasi momento di crisi improvvisa), può scatenare un esodo biblico. Con l’avvertenza che l’inchiesta si riferisce solo alla parte settentrionale del continente africano e al Medio Oriente, senza occuparsi delle spinte migratorie in arrivo dal Sahel o dal blocco centrale del continente, che va dalla Nigeria fino alla Somalia. Se i numeri sono impressionanti, perché si riferiscono solo a una fascia ben determinata della popolazione (quella di età fino a 24 anni), fa riflettere anche l’analisi sulle ‘aspettative’ dei giovani arabi.
Le aspettative di quel mondo in fuga
L’esperto della società di comunicazione autrice del ponderoso sondaggio, Faisal al Yafai, tira le somme: «Si muovono verso un mondo multipolare. Guardando ai Paesi ritenuti alleati o amici, si ottengono alcune risposte intriganti. Al vertice, più alleato di ogni altro Paese al di fuori della regione, c’è la Turchia. Seguita, a sorpresa, dalla Cina. Stati Uniti, Francia e Regno Unito sono in calo». Secondo al Yafai, gli equilibri geopolitici e la posizione geografica stessa del mondo arabo, impongono un approccio multipolare. L’Occidente, insomma, non può pensare di fare sempre il bello e il cattivo tempo. Gli sviluppi della politica internazionale creano nuovi equilibri e colmano vecchi vuoti. Ben venga, dunque, aggiunge lo specialista della sociologia araba, il ruolo della Cina che, nel Golfo Persico, svolge un ruolo di mediazione tra Arabia Saudita e Iran.
Migrazioni oggi, solo la punta dell’iceberg
L’analisi di “Adda ‘a BCW”, in definitiva, è un severo monito a non trascurare, ridimensionandone la portata, un fenomeno, come quello delle migrazioni internazionali, di cui abbiamo appena visto la punta dell’iceberg. Esodi che ci coglieranno impreparati, sia sul versante della ‘capacità’ strutturale di accogliere, sia su quella, altrettanto difficile, di ‘includere’.
Lo tsunami dei giovani arabi
13/08/2023
da Remocontro