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Ammazza i testimoni per Netanyahu Nobel e l’abbondanza a Gaza

Ammazza i testimoni per Netanyahu Nobel e l’abbondanza a Gaza

Politica estera

26/08/2025

da Remocontro

Ennio Remondino

Raid su un ospedale nella Striscia, 5 reporter tra i 20 morti. Israele ha lanciato una serie di attacchi sulla struttura sanitaria, noncurante della presenza di civili, operatori umanitari, giornalisti e soccorritori. 

Criminalità di Stato e abisso di vergogna sul versante della propaganda, ad esaltare la narrazione della menzogna.

‘Influencer’ mercenari in campo

  • Israele umanitaria, Netanyahu da Nobel, l’abbondanza a Gaza: «Come gli israeliani hanno trasformato la negazione delle atrocità in un’arte», titola il ‘Magazine +972’. Israele porta 10 influencer a Gaza, ‘menzogne sulla fame’. Il tour organizzato dal governo, ‘Qui c’è cibo, è colpa dell’Onu’

Il governo israeliano ha portato 10 influencer americani e israeliani  nella Striscia di Gaza ‘per rivelare la verità’ sulle condizioni umanitarie dei palestinesi, mentre cresce l’indignazione internazionale per la carestia e il numero sempre più alto di morti per fame e di uccisioni da parte del fuoco israeliano di coloro che cercano aiuti. Come raccontato da Haaretz, il tour organizzato dal ministero israeliano per gli Affari della Diaspora è stato un raro caso in cui ai civili è stato permesso di entrare a Gaza.

Senza decoro e senza pudore

L’iniziativa è stata presentata come una dimostrazione del «meccanismo di distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza per confutare le menzogne di Hamas diffuse dai media stranieri», si legge in una nota del ministero. «Il tour parte della lotta contro la campagna di Hamas per screditare Israele – La ‘campagna della fame’ – che mira a danneggiare l’immagine del Paese sulla scena internazionale».

I peggiori testimoni possibili

Tra i partecipanti al tour c’era anche Xaviaer DuRousseau, influencer repubblicano conservatore ‘Gen Z’, con centinaia di migliaia di follower su Instagram, Facebook e TikTok, che ha pubblicato un video in cui mostrava bancali di cibo e altri aiuti in attesa di consegna. «Potete odiarmi quanto volete per aver voluto vedere la verità, ma non cambierà i fatti. Israele NON è la ragione per cui molti palestinesi muoiono di fame», ha dichiarato.

‘Trumpiani’ in gara oltre l’indegno

«Prima dell’arrivo del Ghf, il cibo veniva consegnato dall’Unrwa direttamente nelle mani dei terroristi di Hamas», ha dichiarato Brooke Goldstein, influencer residente a Miami, che vanta 150.000 follower su Facebook, X e Instagram, pubblicando una foto della visita al sito di Khan Yunis del fondo sostenuto dagli Usa e scrivendo che ciò che ha visto a Gaza dimostra «che ciò che i media riportano è assolutamente falso».

  • All’inizio di questo mese, Haaretz ha riferito che il ministero degli Esteri israeliano ha stanziato decine di migliaia di dollari per portare influencer dagli Usa in Israele.

‘+972 Magazine’ israeliano

«La campagna genocida in corso a Gaza da parte di Israele potrebbe essere l’atrocità più ampiamente documentata della storia recente, sia per l’enorme quantità di prove che per la velocità della loro diffusione. Smartphone e social media – che erano ancora lontanissimi durante i genocidi in Bosnia e Ruanda – consentono di catturare gli eventi all’istante, da innumerevoli angolazioni, e di condividerli a livello globale in tempo reale, con i media tradizionali che svolgono ancora un ruolo di supporto non trascurabile», la premessa di Ron Dudai.

Se l’orrore corrompe un popolo

«Eppure, di fronte a un flusso incessante di foto e video di civili morti, bambini affamati e interi quartieri ridotti in macerie, gran parte dell’opinione pubblica israeliana – e una parte significativa dei sostenitori di Israele all’estero – reagisce in uno di questi due modi: o è tutto falso, oppure gli abitanti di Gaza se lo meritavano. Spesso, paradossalmente, entrambe le cose contemporaneamente: “Non ci sono bambini morti a Gaza, ed è un bene che li abbiamo uccisi”».

Una nuova era di negazione

La negazione delle atrocità è un fenomeno globale, ma la società israeliana l’ha trasformata in una sorta di arte. Non è un caso che una delle più importanti opere accademiche sull’argomento, ‘States of Denial’ (2001) del sociologo Stanley Cohen, sia stata ispirata dalle sue esperienze come attivista per i diritti umani in Israele durante la Prima Intifada alla fine degli anni ’80. Negazionismo: “non è successo” (non abbiamo torturato nessuno); “ciò che è successo è qualcos’altro” (non si è trattato di tortura, ma di “pressione fisica moderata”); “non c’era alternativa” (la “bomba a orologeria” ha reso la tortura un male necessario).

‘Purezza delle armi’

Il mito della “purezza delle armi” (la convinzione che Israele agisca solo per autodifesa) e nella secolare mentalità del ” sparare e piangere ” (l’idea che gli israeliani possano commettere violenza ma mantenere una moralità unica perché ne soffrono in seguito). Ma per quanto ripugnante possa essere questa mentalità, si basa comunque su due presupposti importanti: «che atrocità come la tortura, l’uccisione di civili e gli sfollamenti forzati siano essenzialmente sbagliate e quindi richiedano giustificazione o occultamento; e che la documentazione e la divulgazione della verità abbiano valore, anche solo come ostacolo da eludere».

L’ipocrisia come autodifesa

In Israele, l’istinto di liquidare qualsiasi documentazione proveniente da Gaza come “falsa” è stato assorbito dal discorso dominante, dai vertici del potere politico fino ai commentatori anonimi sui siti di notizie, insiste Ron Dudai. «Questo riflesso è radicato in una mentalità cospirazionista importata dagli ambienti di destra degli Stati Uniti, molto simile alla retorica dello “stato profondo” del presidente Donald Trump, diventata una delle preferite del primo ministro Benjamin Netanyahu e dei suoi sostenitori». Influencer prezzolati compresi

Primi influencer di Stato

Uno dei principali sostenitori di questo stile di negazione è Alex Jones, figura mediatica di estrema destra. Nel 2012, il fedele alleato di Trump affermò che la sparatoria alla scuola elementare Sandy Hook, in cui furono uccisi 20 studenti e sei adulti, fosse una messinscena. Nonostante le prove schiaccianti, Jones insistette sul fatto che tutte le riprese del massacro – i genitori in lutto, persino i corpi delle vittime – fossero false, parte di una cospirazione democratica per minare il diritto degli americani a portare armi.

Corruzione della società israeliana

Questo tipo di discorso ha iniziato a insinuarsi nella società israeliana ancor prima del 7 ottobre, prima online e poi nelle arene ufficiali. Con il protrarsi della guerra, è diventata una risposta diffusa, spesso istintiva: un video di genitori palestinesi che cullano il corpo di un neonato? «Attori che tengono in braccio una bambola». Foto di civili colpiti da soldati israeliani? «Generate dall’intelligenza artificiale, manipolate o scattate altrove». E così via, all’infinito.

‘Pallywood’

«Pallywood», una parola macedonia di ‘Hollywood palestinese’. Importata dai circoli di destra statunitensi nei primi anni 2000, suggerisce che le immagini della sofferenza palestinese non siano affatto reali, ma parte di un’elaborata industria cinematografica: una vasta cospirazione in cui palestinesi, organizzazioni per i diritti umani e media internazionali collaborano per fabbricare atrocità. Ma oggi la falsificazione è più semplice che nel passato. Le intricate teorie del complotto del passato hanno lasciato il posto a una forma più rozza di negazionismo che gli studiosi chiamano “complottismo” : il rifiuto istintivo di qualsiasi prova che contraddica i propri interessi, considerandola inventata.

Post-verità, post-vergogna

Netanyahu ha parlato della ‘percezione di una crisi umanitaria, presumibilmente creata da ‘foto messe in scena o ben manipolate’ diffuse da Hamas. Il ministro degli Esteri Gideon Sa’ar ha liquidato le immagini di bambini emaciati come ‘realtà virtuale’, citando come prova la presenza di adulti ‘ben nutriti’ accanto. «Nell’era della “post-verità”, una combinazione di accresciuti sospetti sulla manipolazione dell’intelligenza artificiale, l’erosione della fiducia nei media istituzionali e il crollo dei guardiani democratici ha reso l’istinto di gridare ‘falso’ a qualsiasi cosa sgradita molto più diffuso e potente che mai».

Spregio e beffa al mondo

Il vergognoso rifiuto della stragrande maggioranza dei media israeliani di mostrare cosa sta realmente accadendo a Gaza. Ed ecco che il Ministro del Patrimonio Amichai Eliyahu può dichiarare: «Non c’è carestia a Gaza, e quando vi mostrano foto di bambini affamati, guardate attentamente: vedrete sempre uno grasso accanto a loro, che mangia benissimo. Questa è una campagna messa in scena». Nella stessa intervista, ha aggiunto: «Non c’è nazione che sfami i suoi nemici. Abbiamo forse perso la testa?»

E i ministri ‘confessano’ il genocidio

  • Dopo decenni di negazione della Nakba, arrivando persino a vietare il termine stesso , i legislatori israeliani ora dichiarano con orgoglio che Israele sta portando avanti una seconda Nakba a Gaza . E in Cisgiordania oggi sono gli stessi soldati israeliani a registrare le violazioni dei diritti umani e a pubblicarle sui social media senza esitazione.
  • Di fronte alle vaste e incessanti prove della carestia a Gaza, le grida di “falso” si fanno sempre più frenetiche e disperate. La feroce accusa, ripetuta all’infinito nel discorso israeliano, secondo cui un bambino di Gaza affetto da una malattia preesistente assolverebbe in qualche modo Israele dalla responsabilità di averlo fatto morire di fame, a quanto pare non è riuscita a fermare la crescente consapevolezza in Israele della sofferenza palestinese e della sua fondamentale ingiustizia.

VIDEO STRAGE

 

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