In una sua nuova ricerca, Amnesty International ha rivelato prove di quattro attacchi israeliani in Libano avvenuti tra il 29 settembre e il 21 ottobre, che devono essere considerati come crimini di guerra. L’esercito israeliano non aveva emesso alcun avviso prima di questi attacchi.
Il 29 settembre, intorno alle 4.50 del mattino, un attacco israeliano nei pressi di al-Ain ha distrutto la casa della famiglia al-Shaar, uccidendo tutti e nove i membri della famiglia che dormivano all’interno. Ibrahim al-Shaar, che non era in casa quella notte e quindi è l’unico sopravvissuto, ha dichiarato ad Amnesty International di non avere idea del motivo per cui la sua abitazione sia stata colpita. Youssef Jaafar, sindaco del villaggio, ha dichiarato: “Era una casa, non c’era alcun obiettivo militare. Era piena di bambini. La famiglia è molto conosciuta nel paese”.
Il 21 ottobre, verso le 5.45 del mattino, le forze israeliane hanno colpito il quartiere di al-Nabi Inaam a Baalbeck, distruggendo un edificio che ospitava 13 membri della famiglia Othman. L’attacco ha provocato la morte di sei persone – due donne e quattro bambini – e il ferimento degli altri sette membri della famiglia. Fatima Drai, che nell’attacco ha perso i suoi due figli – Hassan di cinque anni e Hussein di tre – ha raccontato ad Amnesty International: “Mio figlio mi ha svegliata. Aveva sete e voleva bere. Gli ho dato da bere e poi è tornato a dormire abbracciando suo fratello. […] Quando lo ha abbracciato, ho sorriso pensando che, al suo ritorno, avrei raccontato a suo padre quanto fosse tenero nostro figlio. Sono andata a pregare e poi tutto intorno a me è esploso. Una bombola di gas è scoppiata bruciandomi i piedi e in pochi secondi le fiamme hanno avvolto la stanza dei miei figli”.
Le vittime di questi due attacchi erano tutte civili. Amnesty International non ha trovato alcuna prova della presenza di obiettivi militari di Hezbollah nelle abitazioni o nelle loro immediate vicinanze.
Il 14 ottobre un raid aereo israeliano ha distrutto un edificio ad Aitou, provocando la morte di 23 civili sfollati dal sud del Libano, oltre ad Ahmad Fakih, ritenuto da coloro che si trovavano nell’edificio l’obiettivo dell’attacco in quanto membro di Hezbollah. L’attacco è avvenuto pochi minuti dopo l’ingresso dell’uomo nell’abitazione. La vittima più giovane è stata Aline, una bambina di cinque mesi, sbalzata fuori dall’edificio fino a raggiungere un camioncino parcheggiato nelle vicinanze e ritrovata dai soccorritori il giorno successivo.
L’esercito israeliano non ha emesso dichiarazioni pubbliche sull’attacco, né su chi o cosa stesse prendendo di mira ad Aitou, situata nel cuore cristiano del Libano, a oltre 115 chilometri dal confine con Israele. Amnesty International ha visitato il luogo dell’attacco e trovato libri per bambini, giocattoli, vestiti e utensili da cucina tra le macerie dell’edificio.
Anche se Israele avesse avuto come obiettivo Ahmad Fakih, le modalità e i mezzi di un attacco a un edificio pieno di civili probabilmente lo renderebbero un attacco indiscriminato o potrebbe essere stato un attacco sproporzionato data la presenza di un elevato numero di persone del tutto estranee al conflitto. Questo attacco deve essere indagato in ogni caso come crimine di guerra.
Un frammento di munizione trovato sul luogo dell’attacco è stato analizzato da un esperto di armi di Amnesty International che, basandosi su dimensioni, forma e bordi scanalati dell’involucro metallico, lo ha identificato come probabilmente appartenente alla serie di bombe aeree Mk-80, il che significa che si trattava di una bomba di almeno 500 libbre. Gli Stati Uniti sono il principale fornitore di questo tipo di munizioni a Israele. Una sopravvissuta, Jinane Hijazi, che ha perso la figlia Ruqayya Issa di 11 mesi, ha dichiarato: “Ho perso tutto: la mia intera famiglia, i miei genitori, i miei fratelli, mia figlia. Avrei preferito morire anche io quel giorno”.
La mattina del 16 ottobre un raid aereo israeliano ha colpito il municipio di Nabatieh, nel sud del Libano, uccidendo 11 civili, tra cui il sindaco, e ferendo almeno altre tre persone. L’attacco è avvenuto mentre l’unità di crisi del municipio era riunita per coordinare la distribuzione di aiuti, tra cui cibo, acqua e medicine, per i residenti e gli sfollati interni fuggiti dai bombardamenti su altre parti del sud del Libano. Dopo l’attacco, l’esercito israeliano ha dichiarato che le sue forze avevano colpito decine di obiettivi di Hezbollah nella zona di Nabatieh, senza fare esplicito riferimento a questo specifico attacco. Tuttavia, Amnesty International non ha trovato alcuna prova della presenza di un obiettivo militare presso la sede municipale al momento dell’attacco.
L’11 novembre, ampiamente prima della pubblicazione della sua ricerca, Amnesty International ha scritto alle autorità israeliane chiedendo informazioni sugli obiettivi militari colpiti in queste località e sulle misure adottate per evitare o ridurre al minimo le vittime civili. Non è stata ricevuta alcuna risposta.
23/12/2024
da Il Fatto Quotidiano
Riccardo Noury Portavoce di Amnesty International Italia