11/10/2025
da Left
La candidata di Toscana Rossa alle regionali del 12 e 13 ottobre “Rifiutiamo l’equivalenza tra immigrazione e insicurezza. La vera tranquillità nasce da una società inclusiva, da sanità e lavoro pubblici forti, da politiche di pace e di giustizia sociale”.
Antonella Bundu, nata a Firenze nel 1969, padre originario della Sierra Leone e madre italiana, è la candidata per le elezioni regionali toscane della lista Toscana Rossa, che comprende Potere al Popolo, Rifondazione Comunista e Possibile. Una fiorentina doc che si segnala per esperienze professionali e personali, internazionali, impegno politico e battaglie contro razzismo e discriminazioni. Già consigliera comunale a Palazzo Vecchio, Bundu donna, nera e di sinistra, rappresenta un credibile candidato per un’alternativa al sistema vigente, presentando un programma a tutto tondo che riguarda i punti che stanno più a cuore ai cittadini, a partire dalla sicurezza.
Partendo proprio dalla sicurezza, cosa avrebbe intenzione di fare o, in aggiunta, di modificare, rispetto al sistema odierno?
“Pensiamo che la sicurezza, intesa come tranquillità dei cittadini comuni d godersi la città in qualsiasi ora, non si costruisca con i bonus per inferriate o per l’installazione di telecamere, così come riteniamo sia fuorviante e frutto di calcoli elettorali collegarla alla presenza di immigrati. Naturalmente, siamo contrari a qualsiasi Cpr in terra toscana. Da tempo abbiamo spiegato, e ne siamo profondamente convinti, che la sicurezza si costruisce col welfare, evitando di lasciare le persone sole, senza riferimenti e senza che si arrivi a non sapere dove rivolgersi. La mancanza di riferimenti e l’abbandono portano alla disperazione, come dimostra chi approfitta dei pronto soccorso degli ospedali per sopperire alla mancanza di qualsiasi chances. Tutto ciò provoca le ben note ricadute sulla sensazione di insicurezza generalizzata che si avvertono sempre di più nella società. Rifiutiando del tutto l’equivalenza fra immigrati e sicurezza, riteniamo che il welfare fatto con saggezza e con un reale obiettivo di inclusione degli esseri umani, possa essere lo strumento base, originario, per giungere a una città più sicura e pacificata. Voglio anche aggiungere che sul punto sicurezza spesso la politica utilizza il termine “percezione”, la “percezione dell’insicurezza”. Noi invece contrapponiamo ai fatti reali risposte concrete e strutturali, non basate sula pancia e sulle reazioni immediate ai fatti di cronaca.
L’accenno ai pronto soccorso, dove sono avvenute aggressioni al personale anche gravi, ci ricorda che la sanità è una delle voci più “pesanti” in termini di risorse rispetto al bilancio regionale, che impegna l’80% circa del bilancio. Eppure, liste di attesa, personale sull’orlo del collasso, ospedali sempre in emergenza, danno un quadro non felice della sanità toscana. Voi cosa proponete?
Intanto, specifichiamo che le risorse dedicate alla sanità in Toscana constano di oltre 8 miliardi. Partendo da questo dato, non chiediamo necessariamente risorse straordinarie, ma che vengano impegnate in modo diverso, razionalizzandole e rispondendo alla richiesta che sale dagli operatori e dai cittadini. Ad esempio, pensiamo di dar luogo alle assunzioni straordinarie sulla base delle graduatorie già esistenti, di ridurre l’intramoenia, ritenendo che sia necessario liberare spazi, macchinari e ore di attività medica a favore dei cittadini utenti dela sanità pubblica. Razionalizzare le risorse significa anche, secondo noi, non dotarsi solo di un numero maggiore di macchinari ma anche allungare le fasce orarie di utilizzo e limitare la temporalità dei privati. Un meccanismo che, avviato, produce un rafforzamento del personale che si concretizza nel rafforzamento del sistema sanitario pubblico complessivo. E’ una proposta strutturale concreta e quotidiana, non emergenziale. Muovendoci verso una sanità pubblica, ci diamo tre anni per tagliare le liste di attesa, convinti che un impegno diverso delle risorse, incanalate verso obiettivi di sanità pubblica, produca forti benefici per la popolazione e per l’intero sistema sanitario, compresi i lavoratori e gli operatori del settore.
Un altro punto emergente per il futuro della Regione Toscana, ma anche del Paese, è la transizione energetica. Cosa pensate di fare?
“intanto, mettere in atto alcuni punti basilari, come disincentivare gli investimenti per l’uso del fossile e potenziare e creare le Cer, avviando un processo virtuoso che doti la Toscana di un sistema sostenibile, il più possibile indipendente e accessibile a tutti; in aggiunta, avviare una sensibilizzazione diffusa circa la riduzione degli sprechi. Tengo a specificare che la nostra posizione è quella di appoggiare e incentivare qualsiasi tipo di energia rinnovabile, fra cui l’eolico. Ovviamente, le modalità sono fondamentali, come il dialogo con i territori, che ci impegnamo a mantenere sempre costante e vivo. Ad esempio, siamo a favore del fotovoltaico, ma contrari all’agrivoltaico, dal momento che non riteniamo positivo utilizzare il terreno agricolo già scarso e ampiamente sfruttato. Tornando al fotovoltaico, la modalità che appoggiamo è quella di utilizzare capannoni, parcheggi e in definitiva aree già cementificate . In Toscana è importante la geotermia, ma è necessario un utilizzo responsabile e sostenibile, come lo sfruttamento geotermico a bassa entalpia. Per quanto riguarda il ciclo dei rifiuti, appoggiamo il protocollo rifiuti zero, con un particolare riguardo non solo al riciclo, ma spingendo verso il riuso, per creare una vera economia circolare”.
Un altro grande tema è quello del lavoro, che soprattutto in Toscana vede emergere lo sfruttamento e addirittura può dimostrarsi un anello debole per l’insinuarsi della criminalità organizzata sul territorio. Qual è il vostro piano?
Cominciamo col dire che l’85% delle imprese regionali sono piccole e medie imprese. Partendo da ciò, riteniamo che gli investimenti di risorse devono avere le Pmi come priorità. Le risorse pubbliche non devono secondo noi essere utilizzate per attrarre grandi soggetti economici. Inoltre, il settore pubblico, come abbiamo visto negli ultimi tempi, deve intervenire sulle aziende prima che la crisi esploda, dal momento che, una volta avvenuta, la situazione è difficilmente recuperabile. Lo dimostra il caso di Piombino, con i lavoratori da 13 anni in cassintegrazione. Uno strumento importante per gestire le crisi, è la legge regionale sui consorzi industriali, che significa un ruolo attivo della Regione, anche a livello nazionale, oltre a tempi certi anche nei piani di reindustrializzazione. D’altro canto, non è accettabile dire che l’automotive è in crisi, quindi si fanno armi. Le riconversioni che vogliamo sono ecologiche e sostenibili , sostenute da un vero piano industriale (es.GKN) .No dimentichiamo, in tema di lavoro, la catena appalti e subappalti, su cui non solo deve essere applicato il codice degli appalti, ma serve un controllo continuo e stringente, reale. Anche perché la catena degli appalti può diventare una porta aperta verso l’intrusione delle mafie nel tessuto economico regionale. Per questo riteniamo importante che i controlli siano numerosi, attivi e improvvisi. Il tema riguarda anche la sicurezza sul lavoro. Su questo argomento, voglio sottolineare che addossare la responsabilità ai lavoratori che non sarebbero in possesso di una “cultura della sicurezza”, è solo una scusa. E’ infatti necessario che formazione capillare e leggi di tutela dei lavoratori vadano di pari passo. Ancora, il salario minimo, necessario, deve essere effettivo, dal momento che è inutile chiederlo a parole, per poi assegnare appalti con stipendi irrisori. Occorre ricordare che il salario minimo è necessario per rendere non ricattabili i lavoratori. Un lavoro, per essere dignitoso e salvaguardare la dignità del lavoratore, deve avere un salario dignitoso.
Un tema imprescindibile, di questi tempi, è la pace. Cosa può fare una regione per contribuire alla costruzione della pace?
Si può fare molto. Ad esempio, non inaugurare nuove sedi Nato, evitare di trasformare parchi come san Rossore in territori dedicati alla guerra, cercare di evitare la militarizzazione dei territori. Come? Ad esempio, incrementare un’educazione di pace che passi dalle scuole, dalle associazioni, dalle istituzioni. Per costruirla davvero.