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“Appesa per i polsi e colpita nel carcere di Keziot”: la denuncia di una fotoreporter Usa che era a bordo della Flotilla

“Appesa per i polsi e colpita nel carcere di Keziot”: la denuncia di una fotoreporter Usa che era a bordo della Flotilla

Politica estera

14/10/2025

da Il Fatto Quotidiano

di Alessandro Mantovani

Noa Avishag Schnall è stata arrestata l'8 ottobre dalle forze speciali israeliane che hanno abbordato l'imbarcazione Conscience e le otto barche a vela delle Thousand Madleens

La denuncia è terribile: “Sono stata appesa per i polsi e per le caviglie, ammanettata con catene di metallo, colpita sullo stomaco, sulla schiena, sul viso, sull’orecchio e sulla testa da un gruppo di guardie, uomini e donne, una delle quali si è seduta sul mio collo e sul mio viso, impedendomi di respirare”. Questo il racconto agghiacciante delle torture subite da Noa Avishag Schnall, fotoreporter ebrea di origini yemenite nata a Los Angeles negli Stati Uniti, arrestata l’8 ottobre dalle forze speciali israeliane sulla nave Conscience della Freedom Flotilla Coalition, con a bordo oltre cento tra medici e infermieri e alcuni giornalisti che volevano arrivare a Gaza. Lungo curriculum da fotografa e scrittrice, dallo Yemen alla Norvegia e all’Africa, era lì per documentare la spedizione umanitaria. Ora è libera come tutti gli altri partecipanti. Il caso è stato reso noto dalla Freedom Flotilla Coalition.

La nave Conscience e le otto barche a vela delle Thousand Madleens sono state bloccate all’alba dell’8 ottobre a circa 150 miglia nautiche dalle coste della striscia di Gaza. Qualche giorno prima, la notte tra il 1° e il 2 ottobre, erano state intercettate qualche decina di miglia più avanti le 43 barche della Global Sumud Flotilla. Tutti i partecipanti, i 462 della Sumud e i 150 della Freedom Flotilla, sono stati portati al porto di Ashdod e poi nel carcere speciale di Keziot. Cambiano le sigle e alcuni dettagli, l’obiettivo era sempre quello di forzare il blocco navale che da 18 anni stringe anche dal mare la Striscia, lasciando a Israele la piena potestà di stabilire cosa entra e cosa no in termini di aiuti alimentari, medicinali e operatori umanitari.

“Le testimonianze riferiscono di aggressioni fisiche e verbali, di persone costrette a restare per ore sotto il sole, della confisca di beni personali, di condizioni di prigionia estremamente dure nel carcere di Ketziot, tra cui mancanza di cibo e acqua potabile, sequestro e negazione all’utilizzo dei medicinali salvavita, negazione dell’accesso agli avvocati e udienze svolte senza preavviso o adeguata rappresentanza legale”, riferisce Adalah, l’associazione delle avvocate quasi tutte donne arabo-israeliane che hanno assistito, nei limiti del possibile, i partecipanti alle due missioni. È evidente che si tratta di comportamenti illegali, fin dall’abbordaggio in acque internazionali. Alla Procura di Roma peraltro dovrebbe essere già aperto un fascicolo sulla base di due esposti degli avvocati dei partecipanti alla Global Sumud, altre iniziative giudiziarie sono in corso a livello internazionale.

Ma in alcuni casi il trattamento è stato peggiore, gli arrestati sono stati colpiti, costretti a stare in ginocchio con la faccia a terra, costretti con la forza e la minaccia a ripetere frasi a favore di Israele o insulti rivolti a sé stessi. In questo campionario si ritrova l’episodio più grave ai danni di Noa Avishag Schnall. A Keziot diversi partecipanti alla Global Sumud tra cui il brasiliano Thiago Avila, la svedese Greta Thunberg e l’italiano Tony Lapiccirella, che erano al secondo tentativo di rompere il blocco navale davanti a Gaza, sono stati trattenuti in isolamento. E fin dal trasferimento dal porto al carcere, sui furgoni blindati, decine di arrestati sono stati sottoposti a un getto di aria gelida, una tecnica impiegata anche con i detenuti palestinesi che certamente rientra in tutte le definizioni internazionali della tortura. È stata somministrata anche a chi scrive.

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