25/10/2025
da Valigia blu
Marta Facchini E' una giornalista freelance attualmente basata a Buenos Aires
Il presidente ultraliberista Javier Milei si avvicina al voto per il rinnovo del Congresso, l'appuntamento elettorale più importante del suo mandato, nel mezzo di una crisi politica ed economica. Negli ultimi mesi il “leone”, come si fa chiamare dai sostenitori, ha affrontato diverse difficoltà che hanno minato la stabilità del governo di destra. A settembre è stato sconfitto alle elezioni per la provincia di Buenos Aires che hanno visto una vittoria schiacciante del peronismo. Il suo partito La Libertad Avanza è stato scosso da scandali e casi di corruzione. La diffusione di alcuni audio ha rivelato un presunto sistema di tangenti che coinvolgerebbe Karina Milei, la sorella del presidente e tra le persone più influenti dell’esecutivo. José Luis Espert, il candidato principale per le elezioni legislative, ha dovuto ritirarsi dalla corsa a causa delle prove emerse sui suoi legami con un imprenditore arrestato per narcotraffico. Il presidente ha inoltre subito sconfitte significative in Congresso dove al momento non ha la maggioranza: deputati e senatori hanno approvato due leggi per l'aumento dei finanziamenti alle università e alla sanità, respingendo in un secondo momento il veto che Milei aveva posto per tentare di bloccarle.
Nel mezzo della tormenta, il presidente si è esibito in un concerto rock davanti a 15mila persone nello stadio Movistar Arena a Buenos Aires: finito di cantare, ha presentato il suo libro La construcción del milagro (nda, La costruzione del miracolo), intervistato dal portavoce del governo Manuel Adorni. Anche se lo spettacolo era legato alla pubblicazione del saggio, come è stato sottolineato dalla stampa internazionale, si è trattato soprattutto di un tentativo per uscire dal brutto momento e tornare a mostrare Milei come l'outsider della “casta” politica, recuperando l'immaginario con cui si era presentato durante la campagna elettorale.
Quando si è insediato alla Casa Rosada nel dicembre 2023, Milei ha annunciato che avrebbe risanato l'economia del paese, nota per le sue crisi cicliche. Per raggiungere l'obiettivo del deficit zero, ha applicato una politica di aggiustamento fiscale che ha comportato la drastica riduzione dello Stato e il licenziamento di oltre 50mila dipendenti pubblici. Le misure hanno riguardato anche la politica monetaria: inizialmente Milei ha svalutato il peso e ha azzerato l'emissione di nuova valuta. In un primo momento, la strategia ha permesso di ottenere alcuni risultati: l'inflazione mensile e il "rischio paese" (ovvero lo spread che l'Argentina paga per il suo debito rispetto ai titoli di Stato statunitensi) sono diminuiti. La comunità internazionale aveva apprezzato le riforme del leader libertario, nonostante si stesse assistendo alla fine delle politiche sociali e all’aumento della povertà e dell'indigenza.
Nel 2025 la promessa di riportare l’Argentina sulla strada della crescita non si è avverata, e il paese versa ancora in una profonda instabilità economica. Per contenere l’inflazione, Milei ha proseguito con interventi sul tasso di cambio. Dopo avere ottenuto ad aprile 20 miliardi di dollari dal Fondo Monetario Internazionale (FMI), ha parzialmente eliminato il “cepo”, cioè le restrizioni sull'acquisto e la vendita di valuta estera, in particolare i dollari. Il governo ha consentito al dollaro ufficiale di fluttuare all’interno di un intervallo di valori, noto come “bande”, con l’obiettivo di mantenerlo a un livello basso e utilizzarlo come “ancora” per contenere l’inflazione.
Tuttavia la stabilità non è durata a lungo e il peso ha iniziato nuovamente a deprezzarsi. L’esecutivo ha così avviato una stretta monetaria più severa, aumentando i tassi di interesse per ridurre la quantità di pesos in circolazione e limitare la conversione in dollari. A settembre, nella speranza di frenare la domanda di valuta estera e mantenere il sistema delle bande, la Banca Centrale della Repubblica Argentina (BCRA) ha iniziato a vendere parte delle sue riserve di valuta estera, mettendo così a rischio la possibilità di ripagare il debito con il FMI. Il paese ha una lunga storia di insolvenze.
Di fronte al rischio di una recessione, Milei ha ottenuto un nuovo supporto da parte del presidente Donald Trump. Ad ottobre gli Stati Uniti hanno confermato il sostegno al governo attraverso una linea di credito da 20 miliardi di dollari, destinata al mercato del debito sovrano argentino. Questa somma si aggiunge a uno swap (un accordo finanziario tra due parti, in cui si scambiano flussi di denaro o valute) da 20 miliardi di dollari promesso un mese fa. Il Tesoro statunitense si è dichiarato pronto a fare “tutto il necessario” per impedire che i mercati facciano fallire il progetto politico del loro alleato sudamericano. Questo tipo di intervento, che include anche l’acquisto di pesos per dollari, è un’operazione che si verifica raramente. È riuscito a calmare momentaneamente i mercati ma, come è stato sottolineato, è un segno della vulnerabilità del piano economico di Milei.
Ora gli occhi sono puntati sulle elezioni di metà mandato, che si terranno domenica 26 ottobre: sono il primo test sulle politiche economiche del governo. Secondo alcuni esperti, il sostegno a Milei sarebbe in calo e il presidente potrebbe avere difficoltà a ottenere consensi. Un recente sondaggio, pubblicato da AtlasIntel, ha mostrato che a settembre il 54% degli argentini disapprovava la sua leadership, rispetto al 44% di giugno.
Negli ultimi mesi migliaia di persone hanno protestato contro le politiche di austerità. Il sacrificio imposto da Milei ha gravato principalmente sulla classe media. Come evidenziato da una ricerca dell’Osservatorio sul debito sociale dell’Università cattolica argentina, alcune spese tipiche di questo segmento sociale, come le spese scolastiche e sanitarie, sono aumentate ben oltre l'indice dei prezzi al consumo, costringendo le famiglie a tirare la cinghia o a rinunciare a questi servizi privati. Nel 2025 i redditi non sono aumentati abbastanza per compensare l’incremento dei costi, in particolare quelli legati alla fine dei sussidi per i servizi essenziali come elettricità, gas, acqua e trasporti, introdotti dalle precedenti amministrazioni peroniste. Le proteste hanno riguardato anche i tagli alla spesa pubblica, che hanno colpito in particolare i bilanci delle università, dei centri di ricerca scientifica e dei principali ospedali del paese.
Il presidente ultraliberista deve ottenere almeno 86 seggi per evitare che il Congresso blocchi le sue politiche fiscali, in particolare i veti che Milei pone alle leggi che, nel suo piano economico, minacciano l’equilibrio di bilancio. Ad oggi sembra un obiettivo difficile da raggiungere.

