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Armenia-Turchia, dal tragico passato a moderne convenienze

Armenia-Turchia, dal tragico passato a moderne convenienze

Oltre cento anni dalla tragedia storica, e decenni moderni di gelo, i contatti ufficiali tra Armenia e Turchia tornano a scaldarsi. Oggi, con un atto simbolico, al posto di confine di Margara, praticamente sigillato dal 1993, s’incontreranno gli ambasciatori per parlare della possibile normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra i due Paesi, storicamente nemici da vicende lontane.

Caucaso tra amici e nemici che si confondono

Qualsiasi passo che vada nella direzione di un accordo è sempre il benvenuto, in ogni circostanza. Nel caso specifico, il dialogo -un po’ forzato, per la verità- è frutto di complicati calcoli geopolitici. La causa scatenante, che ha alterato i fragili equilibri di questo spicchio di mondo è una sola: il crollo dell’ex Unione Sovietica. La ‘diaspora’ che ha seguito lo smembramento, è stata accompagnata da crisi regionali multiple. Ferite spesso sanguinose non ancora tutte rimarginate, particolarmente nell’area del Caucaso e della Transcaucasia, dove il miscuglio di etnie, culture e religioni ha fatto da detonatore ad antichi confronti tra il tribale e il nazionalistico.

Armenia-Azerbaijan-Nagorno Karabach

Uno di questi ha visto sfidarsi Armenia e Azerbaigian, in uno scontro che è sfociato un paio di volte in guerra aperta. Uno scontro per il controllo di alcune regioni contese, a cominciare dal famoso Nagorno-Karabach. Gli armeni sono cristiani e gli azeri sono mussulmani: ma questa è solo una prima divisione, che non spiega sempre il successivo dipanarsi e confondersi delle alleanze. Perché, come già avviene in altre aree del pianeta, anche tra Armenia e Azerbaigian le grandi potenze hanno combattuto -e stanno combattendo- una guerra per procura. Dove i programmi, le ideologie, i ‘diritti civili’ e tanti altri valori proclamati, sono alibi per coprire degli interessi ben più sostanziosi.

Interessi intrecciati e amici-nemici confusi

Il problema, però, è che anche gli interessi sono talmente intrecciati da rendere impossibile capire chi sia l’alleato e chi sia invece il vero nemico. Dati di partenza: l’Armenia è formalmente alleata militare della Russia, che però ha anche eccellenti rapporti politici e soprattutto commerciali con l’Azerbaigian. Chi è il vero alleato militare su cui l’Armenia può contare ciecamente? Non certo Putin, che quando trattò il cessate il fuoco dopo l’ultimo conflitto nel 2020, anche se gli azeri facevano i prepotenti ordinò alle sue truppe di non immischiarsi. Ma per il vecchio detto che «i nemici dei miei nemici, sono i miei migliori amici», la vera ‘spalla’ degli armeni sono gli ayatollah di Teheran nemici di Baku.

Turchia due volte contro

E questo, mette la Turchia due volte in rotta di collisione con la piccola repubblica cristiana del Caucaso. I rapporti di Erdogan con l’Iran non sono propriamente agevoli. L’Iran a sua volta, odia gli azeri sunniti, che sono armati, guarda tu, dai turchi e anche dagli israeliani. Cioè due ‘sostegni’ che ad Ankara possono sopportare come il fumo agli occhi. Non solo, ma col petrolio e il gas che posseggono, gli azeri riescono ad avere argomenti convincenti e potere contrattuale anche col resto del pianeta, Italia via Eni compresa. Allora, vista l’evoluzione dello scenario geopolitico, a molti analisti sembra di capire che i quadri di riferimento delle alleanze stiano rapidamente mutando. L’ Armenia corteggia l’Occidente e utilizza la Turchia (membro Nato) come grimaldello, anche perché gli Stati Uniti stanno facendo un formidabile lavoro ai fianchi.

Pasticcio politico Usa nel pasticcio Caucaso

Antony Blinken, il Segretario di Stato, è ossessionato dal mitico “Corridoio di mezzo”, una via americana alternativa a quella cinese ‘della Seta’. Questa direttrice, dall’Asia Centrale arriverebbe in Turchia, attraversando Caspio e Caucaso, compresa l’Armenia. Mettendo in ginocchio le velleità di Pechino di esportare in Europa «le sue cianfrusaglie, come le definiscono gli americani» a prezzi stracciati. Chips e auto elettriche a parte. Una via, un percorso di trasporti via terra funzionale di questo tipo , per gli Stati Uniti sarebbe un colpo mortale inferto all’economia export-oriented della Cina. Funzionerebbe più dei dazi doganali e delle portaerei nello Stretto di Taiwan.

Supremazia mercatile a stelle e strisce sul mondo

Il gioco attuale orchestrato da Washington, è quello di attrarre l’Armenia nell’orbita occidentale, sottraendola a Putin (e a Xi). E per fare questo Erdogan è un utilissimo proconsole. Certo, così facendo Erevan si mette contro la Russia e rimescola le carte del suo rapporto con l’Iran. Insomma, un guazzabuglio. Per ora, il premier armeno Nikol Pashinyan ha spedito un preavviso di disdetta della sua alleanza a Mosca, quella che riguarda il cosiddetto ‘Trattato di sicurezza collettiva’.

Vuole portare il suo Paese, armi e bagagli, con tutti e due i piedi in Occidente, chiedendo l’adesione, in futuro, all’Unione Europea. Un ‘privilegio’ che a parole non si nega a nessuno. L’unica vera incognita, però, resta Putin e tanti altri nemici storico attorno. A cui potrebbe bastare una ‘piccola sollecitazione’ per riprendere dal mucchio qualche guerra antica.

30/07/2024

Remocontro

Piero Orteca

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