ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

Assange libero, ma c’è poco da esultare

Assange libero, ma c’è poco da esultare

Julian Assange è libero. Finalmente. Siamo felici per lui, è tornato a casa dopo un sequestro di persona giudiziario, sotto varie forme, durato 12 anni. Ma c’è poco da esultare. Ha dovuto patteggiare la sua libertà riconoscendo un reato. Ammettendo davanti ai giudici americani che raccontare la verità sulle efferatezze belliche a stelle e strisce sia reato e non informazione.

Perché di questo si tratta, non di altro. Il giornalismo deve avere dei limiti – è il senso della questione – e i limiti li stabilisce il potere, quello vero, inflessibile, cinico, spietato e senza limiti. E noi non siamo capaci di trovare una via d’uscita dalla nostra dipendenza dal sistema brutale che ci mortifica, dalla menzogna, dallo stato di necessità in cui siamo stati precipitati e in cui siamo costretti a vivere. Accettando un dato di fatto come inequivocabile: la fonte del diritto è la forza. Basta guardarsi intorno.

                             

Su questo argomento cito una traduttrice-scrittrice che stimo, Ruzena Halova che cita mirabilmente romanzo “Noi” di Evgenij Ivanovič Zamjatin che ha ispirato “1984” di Orwell:
«Perfino gli antichi – i più adulti – sapevano che la fonte del diritto è la forza – il diritto è in funzione della forza. Ed ecco ora i due piatti della bilancia: su di uno un grammo, sull’altro una tonnellata, su uno ‘io’, sull’altro ‘noi’, lo Stato Unico. Non è forse lo stesso che ammettere che il grammo equivalga a una tonnellata, l’affermazione che l’io può avere certi diritti di fronte allo Stato? Da ciò la distinzione: alla tonnellata i diritti, al grammo gli obblighi. La sola via naturale dalla nullità alla grandezza, sta nel dimenticare che si è un grammo per sentirsi la milionesima parte di una tonnellata».

La fine di Assange

E poi Ruzena Halova aggiunge: «Per chi non ha letto il romanzo: la fine dell’eroe è la più terribile tra tutte le possibili, e sia l’autore sia Orwell lo sapevano. La stessa che il sistema nostro ha fatto fare a Assange: ripudiare il proprio atto di libertà per non essere rinchiuso a vita in un carcere di massima sicurezza. Gli hanno fatto fare ciò che temeva di più, rinunciando di fatto Assange alla rivendicazione dell’informazione libera ci abbiamo rinunciato noi tutti. Non scenderemo in piazza, non ci saranno proteste contro la disumanità del sistema in cui viviamo e che abbiamo conosciuto proprio grazie a lui. Anzi saremo riconoscenti alla nostra democrazia e a quella degli Stati Uniti, e già da adesso, con una certa soddisfazione, ci saranno decine e decine di articoli e altri scritti che paragoneranno Noi con la Russia (non con altri stati in guerra, per carità, tutti teniamo famiglia) e Noi ne usciremo migliori, naturalmente, perché il nostro eroe non è morto. Ma proprio questo ragionamento ci dovrebbe far pensare che siamo messi male, ma proprio male. Prigionieri a vita della nostra illusione».

Il macigno che ci schiaccia

Che poi, ed è questo il macigno che ci schiaccia, la trattativa messa in atto non è sul passato. Quello che è stato rivelato è già digerito e dimenticato, le nefandezze di guerra imbellettate come atti chirurgici (la medicina che taglia ma cura), umanitari (a fin di bene), capaci di portare il vento sano della democrazia (come finzione provvisoria, chiedete a Kabul), sono il passato. Un passato che ha funzionato e funziona. Basta togliere il crimine e i criminali dai riflettori dell’informazione e tutto passa. Ieri in Iraq, nei Balcani o in Afghanistan, oggi in Ucraina o a Gaza, in Cisgiordania. Senza testimoni vale tutto. E l’opinione pubblica si muove incantata sui social, dibattendo sul niente sulle piattaforme belliche americane (quelle che decidono che cosa puoi pensare e che cosa no), fingendo libertà e accettando forme di repressione, censure e quindi schiavitù evidenti.

Un campo di battaglia dove si misura la nostra libertà e dove la democrazia si sfrangia in un insieme individualista di sciocchezze che ci imprigionano e illudono. Ed è questo un punto significativo. Che cosa avrebbe fatto Assange, che cosa stavano facendo con Wikileaks quando la mannaia censoria e repressiva ha chiuso Julian prima sette anni in una ambasciata e poi cinque anni in un carcere di sicurezza?

Assange 2019, ambasciata Ecuador

C’è un intellettuale italiano, con la capacità di capire prima vedendo oltre la cortina di fumo mediatica, che nel 2019 ha scritto questo breve testo. Ho incontrato Assange due anni fa nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra e ripensando a quanto mi ha raccontato durante il nostro incontro credo che si possa capire perché oggi è stato arrestato. Assange mi ha riferito che stava indagando sull’uso che Google si preparava a fare dell’immensa quantità di informazione di cui dispone. Si trattava, secondo Assange, di vendere a società di assicurazione e ai Servizi segreti dati sugli interessi, i desideri, i consumi, lo stato di salute, le letture, insomma sulla vita in ogni suo aspetto di milioni di individui. Secondo Assange – e io credo che si possa condividere il suo giudizio – questo avrebbe significato un incremento senza precedenti delle possibilità di controllo da parte dei poteri economici e polizieschi sugli esseri umani. In questione nell’arresto di Assange non è quindi soltanto il desiderio di punire le inchieste passate di Wikileaks, ma di impedire l’indagine tuttora in corso, che evidentemente viene percepita dagli interessati come una minaccia. È anche per questa ragione che occorre esprimere senza riserve la propria solidarietà con Assange.

L’intellettuale è Giorgio Agamben, sempre interessante leggere quello che scrive. Per capire che c’è davvero poco da esultare.

30/06/2024

da Remocontro

Antonio Cipriani

share