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Attivista di Extinction Rebellion fatta spogliare, gip chiede di indagare il commissario che ordinò la perquisizione

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"Viene finalmente restituita dignità a me e a chissà quante altre persone senza voce oltre a me”, ha commentato Valentina, che nel luglio 2024 subì la perquisizione nella Questura di Bologna.

Il gip di Bologna ha chiesto di indagare il sostituto commissario della Questura che nel luglio 2024, quando in città si svolgeva il G7 Scienza e Tecnologia, ordinò la perquisizione corporale di una attivista di Extinction Rebellion, facendola spogliare completamente all’interno di un bagno. Per il giudice la perquisizione fu eseguita “con abuso di potere da parte dei pubblici ufficiali” e fu “arbitraria, vessatoria e umiliante”.

Quel giorno una trentina di militanti del movimento che manifesta per la giustizia climatica con azioni non violente si legarono a coppie all’ingresso di Palazzo d’Accursio, sede del Municipio, impedendo l’accesso, mentre altri si calarono con corde e moschettoni dalla facciata principale per esporre uno striscione (foto). Una protesta di fronte ai leader mondiali presenti al summit, accusati di promuovere “un progresso tecnologico – si legge in un comunicato di allora – non finalizzato al benessere delle popolazioni e alla protezione degli ecosistemi, ma volto a sostenere l’attuale sistema economico e produttivo, contribuendo spesso a guerre, crisi umanitarie e alla crisi eco-climatica in corso”. Al termine del flash mob 21 attivisti vennero trasferiti in Questura e trattenuti per oltre nove ore. Una di loro venne fatta spogliare in un bagno (“Un locale di libero accesso, non riservato”, ha dichiarato a verbale) e le venne ordinato di fare dei piegamenti sulle gambe sotto gli occhi dell’agente di polizia – una donna – che la stava perquisendo alla ricerca di “materiale di propaganda”. La giovane in seguito ha sporto querela e l’agente è stata iscritta nel registro degli indagati con l’ipotesi di perquisizione e ispezione personali arbitrarie. A gennaio la Procura ha chiesto l’archiviazione sostenendo che fosse stata seguita la procedura standard, ma gli avvocati dell’attivista si sono opposti e nei giorni scorsi il giudice per le indagini preliminari ha disposto nuovamente la trasmissione degli atti al pm per il solo sostituto commissario, indicato come “il primo responsabile dell’atto illecito”.

Avrebbe impartito all’agente l’ordine di effettuare la perquisizione seguendo la prassi (la stessa utilizzata con gli spacciatori), pur sapendo che era “inutile e non giustificata”. I militanti, infatti, avrebbero potuto essere accusati tutt’al più di manifestazione non autorizzata, violenza privata per il picchetto davanti al palazzo comunale, interruzione di pubblico servizio e danneggiamento (in parte ipotesi di reato “ictu oculi inesistenti”, si legge nell’ordinanza). Gli “oggetti pertinenti al reato” – annota il gip – furono “rinvenuti e sequestrati senza necessità di perquisizione”: corde e strumenti da arrampicata, lo striscione, i lucchetti e le catene da bicicletta. La ragazza poi, per i vestiti che indossava, non avrebbe potuto “nascondere sotto gli abiti oggetti ingombranti” e sarebbe bastato farla rimanere in biancheria per “escludere la presenza di materiali nascosti nelle mutande o nel reggiseno”. In definitiva – si legge – “non è possibile capire che cosa si dovesse ricercare o rinvenire mediante tali modalità della perquisizione”.

Alla richiesta degli agenti Digos di esibire i documenti, del resto, i militanti consegnarono tutti le carte d’identità. Per questo, anche l’accompagnamento in Questura non era, secondo il giudice, “necessario”. Lì i manifestanti furono trattenuti anche fino all’alba, “privati senza ragione dei loro effetti personali” e “alle loro richieste di cibo in ragione del prolungarsi della permanenza non veniva consentito di procurarsi alcun alimento”. Durante il tragitto, inoltre, alla giovane fu impedito di usare il telefono. Per il gip, l’agente che eseguì la perquisizione non sapeva chi aveva davanti perché non aveva partecipato all’attività dei colleghi in Piazza Maggiore, essendo in turno di vigilanza davanti alla Questura. L’unico responsabile sarebbe dunque il sostituto commissario, per aver “voluto ed ordinato una perquisizione che sapeva si sarebbe svolta secondo la ‘prassi’, e quindi nelle modalità abusive già descritte”. “A distanza di un anno dagli eventi viene finalmente restituita dignità a me e a chissà quante altre persone senza voce oltre a me”, ha commentato Valentina, la vittima. “Il gip afferma chiaramente che quel giorno ho subito una grave violazione dei miei diritti di persona: oggi più che mai è fondamentale ribadire con forza che manifestare non è un reato. Chi esprime dissenso non deve rischiare di andare incontro a trattamenti del tutto arbitrari e per questo illegittimi”.

18/07/2025

da Il Fatto Quotidiano

 Ludovica Lopetti

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