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Baltico, prove generali di Terza guerra mondiale

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Baltico micidiale oggi e dalla storia lontana. Tedeschi sempre all’attacco, russi a parare i colpi e baltici in mezzo, schiacciati dai titani. La storia è questa. Fin dall’epoca dei Cavalieri teutonici, i ‘crociati neri’ imposero la loro potenza ai popoli slavi. Poi vennero gli svedesi di Carlo XII, i francesi di Napoleone e le divisioni corazzate di Hitler. Tutti all’assalto di Pietroburgo o di Mosca.

Chi invade chi

Quando si parla ‘chi invade chi’, bisognerebbe anche farsi qualche piccolo esame di coscienza. E cercare di capire le ‘nevrosi’, forse un po’ ossessive, dell’avversario. Il problema è che, comunque vada, finisce sempre per fare da parafulmine chi sta in mezzo. Ucraina a parte, nazione che meriterebbe tomi di analisi, per spiegarne la sua contrapposizione alla Russia, è invece importante concentrarsi sul ‘lato debole’ della difesa occidentale, cioè il Baltico. Dove abbiamo operato una sorta di azzardo diplomatico, imbarcando nell’Alleanza atlantica Paesi come Estonia, Lettonia e Lituania che erano minoranza all’interno dell’Unione Sovietica, ma che con l’indipendenza sono poi diventate a loro volta ‘maggioranza’ sul resto della popolazione russofona, rimasta al loro interno. Che con le buone o con le cattive è stata invitata, quando possibile, a togliere il disturbo. Una situazione esplosiva. Perché i baltici sono popoli orgogliosi e anche un po’ stizzosi, specie con i russi. Insomma a fare la classifica dei guerrafondai ‘doc’ sul fronte dell’Ovest, se la battono, forse assieme alla Polonia. Paura dell’orso russo? Probabile. Ma, come nel caso polacco (e ucraino), pesa di più l’odio. Atavico, ancestrale, cronico e manco tanto sfumato. No, i baltici (come i polacchi) sfidano Mosca e le gridano in faccia una rabbia repressa da decenni di dura sottomissione.

Baltico sull’orlo del baratro

E allora non ci stupiamo a leggere il report di Stratfor: «Il Baltico è sull’orlo del baratro. È diventato il nuovo punto critico nel confronto tra Europa e Russia». L’analisi che viene proposta da uno dei più prestigiosi think tank americani di geopolitica è inquietante. L’invasione di Putin dell’Ucraina, fronteggiata maldestramente dall’Occidente, ha avuto un’escalation dirompente, i cui pesanti rischi indotti non sono correttamente percepiti. Il punto è questo: la coperta è corta e Trump sta trasferendo risorse e uomini statatunitensi nello scacchiere dell’Indo-Pacifico. La guerra, però, in Ucraina va male, e manca un ‘Piano B’. Soprattutto, gli occidentali, a Washington come a Bruxelles, brancolano nel buio; semplicemente non hanno idea di ciò che passa per la testa di Putin. Sanno, però, che non ha, in alcun modo, la forza di attaccare l’Europa. A meno che non ci sia qualche… incidente di percorso. Dove? Nel Baltico, che secondo gli specialisti è diventato una delle aree di maggiore ‘rischio-conflitto’ generalizzato del pianeta. Si, avete capito bene: ci sono analisti che ipotizzano come la Terza guerra mondiale potrebbe scoppiare partendo proprio dal Baltico. È là che si concentra una massiccia presenza militare della Nato, che Putin vede, a torto o a ragione, come una minaccia. Per fare un esempio comparativo, è come se la Russia, ragionando per assurdo, schierasse i suoi carri armati in Messico, al confine con la California. Trump lo permetterebbe? Sicuramente non lo permise John Kennedy, quando nel 1962 Kruscev cercò di installare i missili nucleari sovietici a Cuba. Il Presidente americano ordinò il blocco navale e il pianeta fu a un passo dalla guerra atomica.

Il risaputo ma non detto

Tutto questo, nelle segrete stanze, i diplomatici occidentali lo sanno. E tacciono, perché la guerra in Ucraina va tenuta aperta, per logorare la Russia e impedirle di fare ‘blocco’ con la Cina. Dunque, l’Europa e i baltici rischiano l’osso del collo per favorire lo scontro frontale di Washington con Pechino. «La Russia è sempre più assertiva – dice Stratfor – in particolare in mare, dove le tensioni aumentano a causa di sorveglianza, sabotaggio e diritti di navigazione contestati. Mentre i paesi Nato nella regione sono sempre più decisi nel difendere la propria sovranità e i propri asset strategici, Mosca sta intensificando l’uso di tattiche sotto-soglia per mettere alla prova la loro determinazione e sfidare il nuovo status quo, trasformando la regione in uno dei teatri più complessi e volatili nel confronto tra Russia e Occidente. Con l’accelerazione del rafforzamento militare e l’acuirsi del sospetto reciproco, l’importanza strategica del Baltico per entrambe le parti, unita alla sua complessa geografia e all’elevata densità di traffico e infrastrutture marittime, lo ha reso un focolaio sempre più instabile di politica del rischio calcolato e potenziale conflitto, dove anche incidenti minori rischiano di innescare una grave escalation. Sebbene le tensioni rimarranno elevate nel prossimo futuro, in particolare con il protrarsi della guerra tra Russia e Ucraina, la stabilità a lungo termine di questo corridoio marittimo cruciale costringerà entrambe le parti a riconoscere la necessità di un nuovo equilibrio».

Trafficatissimo Baltico

Basta dare un’occhiata alle mappe, per comprendere l’estrema vulnerabilità delle tacite intese che consentono alle navi e agli aerei da guerra avversari di sfiorarsi, senza entrare in contatto. Certo, ci vuole poco a rompere le regole d’ingaggio e a combinare un patatrac, che potrebbe avere devastanti ripercussioni immediate. Siamo sul filo del rasoio. Intanto Germania e Polonia stanno riarmando a un ritmo mai visto. Il Cancelliere Friedrich Merz potrà spendere (a debito) mille miliardi di euro, compresi gli stanziamenti per le infrastrutture ‘di contorno’.
La Polonia, in proporzione, farà un’operazione ancora più massiccia, arrivando a spendere il 4,7 per cento del Pil per la difesa già quest’anno, con la reintroduzione della coscrizione obbligatoria. Varsavia punta ad avere l’esercito più forte d’Europa, con mezzo milione di uomini. E i baltici? Anche la rimilitarizzazione della Nato si estende a questa cruciale regione, vista dall’Alto comando dell’Alleanza come il ‘lato debole’ della difesa, da rafforzare velocemente.
«La Lituania – scrive Stratfor – ha recentemente ricostituito la sua Prima divisione meccanizzata, incorporando tre brigate e diverse unità militari chiave nelle strutture Nato, e sta ampliando il suo sistema di coscrizione, puntando ad aumentare la spesa per la difesa dal 3,9% al 6% del Pil entro il 2026.
La Lettonia sta espandendo le sue forze armate e la riserva di crisi, puntando a un aumento della spesa per la difesa dal 3,65% al 5% del Pil entro il 2028.
L’Estonia sta potenziando la sua forza di riserva, investendo in infrastrutture avanzate di artiglieria e mobilità e ampliando le sue già sofisticate capacità informatiche, con l’obiettivo di aumentare la spesa per la difesa dall’attuale 3% al 5% del Pil entro il 2026. In tutti e tre i Paesi – sottolinea ancora Stratfor – le priorità di approvvigionamento a breve e medio termine includono munizioni, sistemi di difesa aerea a medio raggio e veicoli blindati, mentre gli sforzi a lungo termine si concentrano sull’approfondimento delle capacità di difesa aerea, sistemi senza pilota, guerra elettronica e fuoco a lungo raggio.
Insieme, i tre Paesi stanno sviluppando inoltre un sistema congiunto di fortificazioni, bunker e attrezzature preposizionate lungo i confini con Russia e Bielorussia (un progetto noto come Linea di Difesa Baltica) per rafforzare la deterrenza e migliorare le capacità di rapido dispiegamento della Nato. Per finire, i tre Paesi hanno annunciato il loro ritiro dal Trattato di Ottawa del 1997 che vieta le mine antiuomo, insieme a Polonia e Finlandia».

Finlandia, Svezia, Danimarca

Un discorso a parte va poi fatto per altri tre grandi attori, di cui due recentemente entrati come membri effettivi dell’Alleanza atlantica, a completare l’accerchiamento strategico della Russia: Finlandia, Svezia e Danimarca. Helsinki non deve essere sottovalutata. Intanto aggiunge ai russi 1.300 chilometri ulteriori di frontiera da controllare. E poi vanta addirittura più pezzi di artiglieria di Francia e Germania messe insieme, una forza permanente ad alta prontezza di 280 mila soldati e 900 mila riservisti addestrati. Una potenza insospettabile. «Helsinki sta ora incrementando gli investimenti in sistemi di fuoco di precisione a lungo raggio – sostiene Stratfor – sistemi di difesa aerea e scorte di munizioni, con l’obiettivo di raddoppiare la spesa per la difesa dal 2,5% al 5% del Pil entro il 2032». La Svezia, entrata nella Nato nel 2024, sta espandendo la coscrizione obbligatoria, ristabilendo la presenza militare in tutto il Baltico (come nell’isola di Gotland) e investendo massicciamente in nuovi sottomarini, aerei da combattimento e sistemi di difesa aerea integrati. La Danimarca, che tappa con la sua presenza gli accessi al Baltico e ne controlla strettamente il traffico, sta puntando decisamente alla modernizzazione delle sue capacità aeronautiche e navali, anche attraverso l’acquisizione di aerei F-35 e sistemi missilistici avanzati. Assieme alle forze nazionali, nella regione baltica sono presenti corpose forze d’intervento d’èlite di molti altri Paesi della Nato, che si sommano a formare una prima linea che, sinceramente, per qualità e potenza di fuoco, sembra più adatta a offendere piuttosto che a fermare una molto ipotetica invasione da Est.

E la lettura del Cremlino?

E al Cremlino come vedono un tale complesso scenario geopolitico? «Per la Russia, il Baltico non è solo un teatro di scontro con l’Occidente – sentenzia Stratfor – ma è anche un’arteria vitale sia per le operazioni militari che per il trasporto commerciale. Porti come San Pietroburgo, Primorsk e Ust’-Luga costituiscono la spina dorsale dell’infrastruttura di esportazione marittima russa, gestendo un’ampia quota delle esportazioni di petrolio e importazioni cruciali di cibo e altri beni di consumo. Senza l’accesso a questi porti – chiariscono gli analisti di Stratfor – le merci russe si troverebbero ad affrontare rotte significativamente più lunghe e costose attorno a Finlandia e Norvegia, con operazioni di carico e scarico lontane dai principali centri economici e dalle principali aree metropolitane della Russia. Kaliningrad, sede della flotta russa del Baltico ed elemento chiave del deterrente nucleare del Paese, per esempio, è diventata ancora più critica come nodo logistico marittimo, in particolare a causa della riduzione dell’accesso via terra attraverso Lituania e Polonia, dopo l’invasione russa dell’Ucraina del 2022, e ospita l’unico porto baltico russo con accesso libero dai ghiacci tutto l’anno.

  • In questo contesto, le attività ‘ibride’ della Russia nella regione non mirano solo a testare le difese, le vulnerabilità e la determinazione della Nato, ma anche a far valere i diritti marittimi e a difendere le rotte commerciali strategiche. Sempre più preoccupata per l’invasione della Nato e il riarmo regionale nel Baltico – conclude Stratfor – la Russia non cederà la sua influenza nella regione senza combattere e continuerà a contrastare quelle che considera illegittime restrizioni occidentali alla sua attività

06/08/2025

da Remocontro

Piero Ortica

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