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BRICS+: il ‘mondo altro’ si riunisce in Russia

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Da martedì della prossima settimana a Kazan, splendida città russa sul Volga, summit dei BRICS+. Il gruppo di Stati che da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica della sigla di partenza, diventa sempre PIÙ. Più alternativo al blocco politico economico occidentale americano-europeo con qualche vizio egemonico sgradito ad una parte sempre più vasta del mondo, spiega Fulvio Scaglione

                                  

Il mondo altro rispetto all’occidente Usa-Ue

Il presidente cinese Xi Jinping, il primo ministro indiano Narendra Modi, il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, il presidente del Brasile Lula da Silva, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, il presidente degli Emirati Arabi Uniti Mohammed bin Zayed Al Nahyan, il principe ereditario dell’Arabia Saudita Mohammed bin Salman Al Saud, il primo ministro dell’Etiopia Abiy Ahmed, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, il primo ministro armeno Nikol Pashinyan. E l’elenco di InsideOver potrebbe ancora allungarsi ad altri inviti strategici.

Un’aggregazione alternativa a crescere

Non tutti questi nomi rappresentano Paesi a pieno titolo metri dei BRICS. Ma passare da cinque a nove in meno di quindici anni (con altri 40 Paesi in lista d’attesa, e sulla soglia pezzi grossi come Turchia, Arabia Saudita e Indonesia) non è male. L’acronimo oggi suonerebbe (si fa per dire) più o meno così: BRICSEEAUEI. In più, vale un’altra considerazione: l’interesse a entrare nei BRICS non è calato negli ultimi anni ma, al contrario, è costantemente aumentato. Il tutto mentre la Russia sconvolgeva il panorama internazionale con l’invasione dell’Ucraina e la Cina affrontava e in una certa misura provocava tensioni crescenti con gli Stati Uniti. Un “luogo” (i BRICS) che avrebbe dovuto essere considerato a rischio è invece diventato sempre più ambito.

La Russia ‘isolata dal mondo’ celebra

Dalle parti del ministero degli Esteri russo definiscono il prossimo summit come “il più grande evento di politica internazionale della storia della Russia”, e dal loro punto di vista hanno di certo ragione. Con questo summit viene ufficialmente seppellita ogni pretesa di isolare la Russia nel panorama internazionale. Al contrario: viene esaltata la capacità del Cremlino di parlare a quella vasta porzione di mondo che, a torto o a ragione, si sente discriminata dall’Occidente e dalle sue istituzioni, siano quelle politiche come il G7 (siamo sicuri che oggi il Canada, per fare un esempio, conti di più della Turchia o dell’Arabia Saudita?) o quelle finanziarie come il Fondo monetario internazionale o la Banca mondiale, vissute ormai come cinghie di trasmissione dell’influenza globale degli Usa.

Non con Putin ma neppure con G7/Fmi

Sarebbe quindi profondamente errato scambiare l’arrivo di tanti leader in Russia come un sostegno alle politiche (leggi guerra in Ucraina) di Vladimir Putin. Ma altrettanto sbagliato sarebbe non capire che il rifiuto a priori di contrastare la Russia (magari attraverso sanzioni economiche) segnala una generalizzata e profonda stanchezza per il vigente “ordine internazionale” (qualunque cosa sia, visto il disordine imperante).

35,6% del Pil mondiale contro il 30,3 dei G7

I dieci Paesi BRICS (comprendendo nel conto anche l’Arabia Saudita, che non è membro a pieno titolo del gruppo ma ne condivide le attività) valgono oggi il 35,6% del Pil mondiale, assai più, in termini di parità del potere d’acquisto, del 30,3% del G7. Che a sua volta rappresenta meno del 10% della popolazione mondiale, mentre i BRICS ne ospitano il 45%. Se la bilancia è già… sbilanciata, pensiamo a quale sarebbe la situazione domani, se nei BRICS dovessero entrare, per esempio, Turchia e Indonesia. Tenendo anche presente che già nel 2024 il Pil di India, Cina e Russia, secondo le stime del Fondo monetario internazionale, dovrebbe crescere del 4% circa, mentre quello dei Paesi occidentali del 2%.

BRICS, come usare la forza che hanno

I BRICS hanno tanta forza, quindi. Ma non sanno come usarla. A differenza del G7, dove c’è un Paese (gli Usa, ora più che mai) che sa e comunque può imporre una direzione di marcia collettiva, i BRICS non hanno gerarchia: nessuno può davvero prevalere sugli altri e quindi è difficile trovare una strategia comune. Ed è qui che entra in ballo la Russia di Vladimir Putin.

Leadership russa in tono minore

Fu la diplomazia russa, infatti, a convocare la prima riunione dei ministri degli Esteri dei BRICS (allora solo BRIC, senza il Sudafrica) nel 2006 a New York, durante i lavori di una Assemblea generale dell’Onu. Fu il presidente russo Medvedev ad accogliere a Ekaterinburg il primo summit BRIC nel 2009. Fu la Russia a premere per l’ingresso del Sudafrica, completato nel 2010. Ed è stata ancora la Russia a lavorare, in questi anni, per allargare il gruppo dei Paesi membri.

L’attivismo costretto di Mosca

La ragione di tanto attivismo è ovvia. Sudafrica e Brasile sono troppo “piccoli” per svolgere questa attività. India e Cina, al contrario, sono troppo “grossi” (oltre che rivali): se una delle due cercasse di fare da traino, diventerebbe subito sospetta agli occhi dell’altra e tutto si fermerebbe. La Russia non è abbastanza forte da metter paura a Cina e India ma è abbastanza forte da parlare con loro da pari a pari.

Assieme, ma per fare cosa?

Il problema, però, ancora una volta è: di che cosa parlare. È chiaro che Russia e Cina vogliono (anche) usare i BRICS come un grimaldello per scardinare il predominio globale degli Usa o, per dirla con i loro termini, per passare da un mondo unipolare a uno multipolare. Non è un caso se Putin si presenterà a questo summit di Kazan presentando un nuovo sistema di pagamento che, a sentire le fonti russe, dovrebbe essere completamente sganciato dal dollaro, individuato come il vero e fondamentale strumento della supremazia americana.

Più democrazia nelle grandi scelte della politica globale

Per le ragioni di cui si parlava prima, però, il confronto con gli Usa diventa automaticamente un confronto con il famoso “Occidente collettivo” di cui parla spesso Sergej Lavrov, il ministro degli Esteri della Russia. E questa è una sfida che non tutti i BRICS voglio affrontare. Non certo il Brasile o l’India né, guardando avanti, l’Arabia Saudita o la Turchia. Questi Paesi non vogliono buttare giù il teatro ma ottenere un posto in prima fila. In termini più nobili: vogliono più democrazia nelle grandi scelte della politica globale. Questo è, ovviamente, un problema per le ambizioni di Russia e Cina. Che hanno dalla loro, però, proprio la reazione dell’Occidente.

Multipolarismo oltre il dollaro

Se chi si ribella, o anche solo alza la testa di fronte al predominio occidentale, viene tempestato di sanzioni primarie, e chi non si adegua è colpito dalle sanzioni secondarie, nessun Paese può sentirsi al sicuro. La tentazione di costruire un sistema alternativo per gestire le relazioni commerciali, senza dover passare per il dollaro, lo Swift e gli altri colli di bottiglia gestiti dall’Occidente, diventa di giorno in giorno più forte. Non si sa mai… E certo non aiutano le folli guerre occidentali che hanno devastato Paesi come Iraq, Libia, Siria, o l’appoggio cieco allo strabismo di Benjamin Netanyahu.

Vedremo dunque che cosa uscirà dalle riunioni di Kazan. Come minimo minimo una constatazione: che il mondo sta cambiando, ci piaccia o no.

17/10/2024

da Remocontro

Fulvio Scaglione 

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