Uno dopo l'altro Precipitato dal tetto di un capannone, investito da un tir: lavoratori senza sicurezza. Anche il Consiglio di Stato e l’Anac contro le nuove norme volute dal ministro Salvini
Altri due operai campani sono morti ieri mentre sul lavoro. Uno, il 39enne Altair Iannicelli, che viveva a Tufino, in provincia di Napoli, era impegnato in interventi di manutenzione lungo la corsia sud dell’A1, nei pressi di Cassino, quando è stato travolto da un tir. L’altro, 59enne originario della provincia di Salerno, è precipitato dal tetto di un capannone in uno stabilimento di Monteforte Irpino, in provincia di Avellino. Sono 71 finora nel 2024 i lavoratori campani vittime di incidenti mortali sul lavoro.
Iannicelli era dipendente della Edil San Felice, azienda che ha la sede in provincia di Nola e che nacque nel 1979 come cooperativa. Attualmente conta circa 200 dipendenti, società di capitali dal 1997, è appaltatrice di Autostrade dal 1988 e ha numerosi cantieri attivi nell’ambito della manutenzione autostradale. In uno di essi lavorava appunto Iannicelli. «Quando si verificano incidenti come quello di Frosinone – accusa Vincenzo Maio, segretario generale della Fillea Cgil Campania – è chiaro che ci sono state falle nella sicurezza. Un tir può sbandare ma se il cantiere è protetto adeguatamente, per esempio con barriere di cemento, i danni sono limitati per gli operai al lavoro. I birilli rossi, quelli che incontriamo spesso mentre viaggiamo in autostrada, servono a poco».
C’è di più: «Bisogna dire – incalza Maio – che in certe situazioni, a tutela degli operai, per lavorare in assoluta sicurezza può essere anche necessaria la chiusura di un tratto autostradale. Mi rendo conto che si vogliono evitare disagi agli automobilisti ma, se il prezzo è la vita di un operaio, non va pagato». Iannicelli, sulla base delle verifiche effettuate ieri pomeriggio dalla Cgil, non sarebbe iscritto alla Cassa Edli. «Potrebbe darsi – spiega il segretario della Fillea campana – che fosse inquadrato come metalmeccanico, perché sono numerose le aziende con una duplice ragione sociale». Quello verificatosi ieri è il novantesimo incidente mortale sul lavoro nel Lazio nel 2024, 17 episodi in più rispetto al 2023.
Da nord a sud, sono soprattutto i lavoratori nelle imprese in appalto e subappalto o in somministrazione i più esposti. A volte poco formati, spesso sottoposti a ritmi incalzanti, non di rado ricattabili. In un simile contesto piombano i correttivi al Codice degli Appalti proposti dal ministro Salvini e ora in discussione nelle commissioni Ambiente e Lavoro di Camera e Senato. Preoccupano moltissimo Natale Di Cola e Nicola Ricci, segretari generali rispettivamente di Cgil Roma e Lazio e di Cgil Napoli e Campania: «Anziché intervenire per fermare la strage si pensa di far venire meno la corretta applicazione dei contratti collettivi nazionali di lavoro, favorendo il dumping, la concorrenza sleale, la riduzione dei salari e delle tutele in salute e sicurezza. Si riducono la trasparenza e la legalità».
Contro le nuove norme in discussione si sono schierati non solo i sindacati e le opposizioni ma anche il Consiglio di Stato e l’Anac. Il governo ha una soluzione diversa, come ha spiegato il vice ministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto: «Entro pochi giorni depositeremo la relazione e una proposta per una nuova fattispecie di reato, l’omicidio sul lavoro, che conterrà specifiche aggravanti per chi non adempie ai fondamentali obblighi di prevenzione».
Noi di Rifondazione Comunista siamo convinti che sia necessaria una legge che introduca il reato di omicidio e lesioni gravi o gravissime sul lavoro.
11/12/2024
da Il Manifesto