Politica estera Palestina
Il Canada e la Svezia hanno annunciato che ricominceranno a dare finanziamenti all’Agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi (UNRWA), dopo averli sospesi a fine gennaio, dopo le accuse israeliane di complicità dell0Agebzia Onu con Hamas, accusa contro 12 dipendenti su decine di migliaia decisamente strumentalizzata, con l’obiettivo di escludere le Nazioni Unite dalla quotidianità della questione palestinese.
Onesti ripensamenti
Canada e Svezia erano tra i 16 paesi che avevano preso questa decisione dopo che Israele aveva accusato alcuni dipendenti dell’agenzia di essere stati coinvolti nell’attacco di Hamas del 7 ottobre. Questo aveva messo a rischio il funzionamento dell’UNRWA, che gestisce campi profughi in cui vivono centinaia di migliaia di persone palestinesi e il cui bilancio dipende in gran parte dai finanziamenti di alcuni paesi occidentali.
Accuse esagerate di Israele
Il ministro canadese dello Sviluppo internazionale, Ahmed Hussen, ha detto che la decisione di riprendere i finanziamenti all’Agenzia dipende dal «riconoscimento del solido processo investigativo in corso in merito alle accuse mosse da Israele, che riguardano solo un piccolo gruppo dei dipendenti dell’azienda». A fine gennaio il direttore dell’UNRWA, Philippe Lazzarini, aveva detto che i dipendenti coinvolti nelle accuse di Israele erano stati immediatamente licenziati, e che era stata avviata un’indagine interna per accertarne le eventuali responsabilità. Inoltre, l’ex ministra degli Esteri francese Catherine Colonna sta conducendo un’indagine indipendente.
Svezia 2024, 36 milioni di euro
Il governo svedese ha fatto sapere che per il 2024 ha in programma di donare all’UNRWA 400 milioni di corone, circa 36 milioni di euro, la metà dei quali sarà inviata a breve. Per sbloccare gli aiuti della Svezia, l’UNRWA ha accettato di consentire al paese «controlli, ispezioni indipendenti, e di rafforzare la supervisione interna», ha fatto sapere sempre il governo svedese.
Soldi subito per chi muore di fame
Il governo canadese ha specificato che in questo mese non è saltato alcun pagamento regolarmente programmato per l’UNRWA e che il suo contributo «aiuterà a prevenire l’imminente collasso di questa organizzazione essenziale». La Svezia è il quarto maggior contribuente dell’agenzia e il Canada l’undicesimo, mentre i principali finanziatori, ossia gli Stati Uniti che da soli contribuivano al 29 per cento delle sue entrate, non hanno ancora ripreso i pagamenti. L’Italia, solo al 14esimo posto negli aiuti, resta in coda al rifiuto Usa.
Aiuti umanitari a rischio non solo nella Striscia
La sospensione dei finanziamenti all’Agenzia ONU per i profughi palestinesi sta creando molti problemi anche in Libano, Giordania, e Siria. L’UNRWA, oltre che nella Striscia di Gaza, gestisce infatti decine di campi profughi in Cisgiordania, Siria, Libano e Giordania, e ospita nel complesso 5,9 milioni di palestinesi.
Financial Times in Libano
Il Financial Times ha raccontato la situazione in Libano, dove l’UNRWA gestisce 12 campi profughi in cui ospita quasi mezzo milione di palestinesi. In questi campi, l’agenzia fornisce di fatto tutti i servizi alla popolazione: gestisce le scuole, fa funzionare le cliniche e gli ospedali, raccoglie la spazzatura, consegna il cibo a chi non può permettersi di comprarlo, impiega decine di migliaia di persone locali che altrimenti non avrebbero un lavoro.
Ma senza nuovi fondi occidentali, l’UNRWA può continuare a operare «fino alla fine di marzo», ha detto al Financial Times direttrice del programma per il paese. «Dopo, non sappiamo cosa potrebbe succedere».
Campi profughi sparsi per il Medio Oriente arabo
Quei campi, nati nel 1949 come insediamenti temporanei, nel tempo sono diventati permanenti. Quelli palestinesi hanno anche decine di migliaia di abitanti ed edifici in muratura, ma mancano comunque di moltissimi servizi essenziali, e le condizioni di vita sono estremamente precarie. L’UNRWA li definisce «masse ipercongestionate di edifici a più piani con vicoli stretti, fra gli ambienti urbani più densamente popolati al mondo».
Mancata integrazione fuori dalla Palestina
Ma benché molti palestinesi vivano ormai da 70 anni in paesi come il Libano, e ormai diverse generazioni siano nate fuori dalla Palestina, gli abitanti dei campi non si sono mai integrati nelle altre società mediorientali, e continuano a essere considerati profughi. L’UNRWA riconosce lo status di profughi a «tutte le persone la cui residenza abituale fosse in Palestina fra il 1° giugno 1946 e il 15 maggio 1948, nonché ai loro figli, nipoti e discendenti per linea paterna: in pratica, anche i nipoti e i bisnipoti delle persone scappate dalla prima ‘nakba’, la catastrofe, continuano a essere profughi.
Speranza-illusione del ‘diritto al ritorno’
Questo ha consentito ai palestinesi di poter alimentare la speranza del ‘diritto al ritorno’, cioè il diritto a ritornare un giorno alle proprie terre occupate da Israele, ma ha consentito anche ai governi mediorientali di scaricare sull’UNRWA la gestione economica e sociale dei milioni di palestinesi che si trovano nei loro territori. In Libano –denuncia antica-, i palestinesi che vivono nei campi profughi sono da sempre duramente discriminati: non possono diventare cittadini libanesi, non possono accedere ai servizi pubblici destinati ai libanesi e non possono acquistare proprietà in Libano. Non possono nemmeno accedere ai posti di lavoro nella stragrande maggioranza delle professioni.
Discriminati ovunque
Questa situazione -simile anche in Giordania e Siria-, fa sì che i palestinesi siano perennemente intrappolati in una situazione di discriminazione e povertà, e soprattutto che non abbiano alternative all’assistenza fornita dall’UNRWA, anche perché le economie dei paesi che ospitano i campi sono in grande difficoltà, e faticherebbero a trovare i fondi per sostenere i palestinesi.
11/03/2024
da Remocontro