ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

ATTUARE LA COSTITUZIONE PER CAMBIARE L'ITALIA

Caso Almasri, parte l’indagine sul governo: il Tribunale chiede al ministero della Giustizia gli atti sulla scarcerazione del libico

Caso Almasri, parte l’indagine sul governo: il Tribunale chiede al ministero della Giustizia gli atti sulla scarcerazione del libico

I giudici vogliono mettere in fila le scelte che hanno portato alla liberazione del generale

È partita l’indagine del Tribunale dei ministri che dovrà far luce su eventuali responsabilità penali del governo per il caso Almasri. Come scrivono Repubblica e il Corriere, i magistrati hanno chiesto al ministero della Giustizia una serie di documenti, anche interni, per mettere in fila le scelte che hanno portato alla scarcerazione del generale libico, accusato di tortura dalla Corte penale internazionale, ma liberato due giorni dopo l’arresto e riaccompagnato a Tripoli con un volo dei servizi. Si tratta dei primi atti istruttori compiuti nell’ambito del fascicolo nato dalla denuncia dell’avvocato Luigi Li Gotti, in cui sono indagati la premier Giorgia Meloni, il Guardasigilli Carlo Nordio, il ministro degli Interni Matteo Piantedosi e il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, Autorità delegata all’intelligence.

Una volta ricevuto l’esposto di Li Gotti, non ritenendolo manifestamente infondato, il procuratore di Roma Francesco Lo Voi aveva trasmesso allo speciale collegio, composto da tre magistrate donne e competente a indagare su presunti reati commessi da membri del governo. Allo stesso tempo aveva notificato a Meloni e ai ministri l’avvio di un procedimento nei loro confronti, provocando reazioni aggressive da parte del centrodestra, sfociate nella richiesta di apertura di una pratica “punitiva” al Consiglio superiore della magistratura. Rispetto alla denuncia, che ipotizzava i reati di favoreggiamento e peculato, Lo Voi ha contestato a Nordio anche quello di omissione d’atti d’ufficio, per non aver dato corso alla richiesta d’arresto della Corte penale internazionale. Nella sua informativa in Parlamento sul caso, il ministro ha rivendicato la scelta, sostenendo che il mandato della Corte contenesse dei gravi errori formaliUna tesi già smentita da tutti gli addetti ai lavori, che hanno ricordato come il governo non abbia potere di entrare nel merito delle accuse dei giudici dell’Aja, ma debba limitarsi a dare esecuzione alle richieste di cooperazione.

12/02/2025

da Il Fatto Quotidiano

Redazione

share