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C’è un’altra Flotilla che punta verso Gaza: “Portiamo medici e infermieri, quando Israele ci fermerà i governi dovranno intervenire”

C’è un’altra Flotilla che punta verso Gaza: “Portiamo medici e infermieri, quando Israele ci fermerà i governi dovranno intervenire”

Politica estera

02/10/2025

da il Fatto Quotidiano

di Marco Pasciuti

E' composta da 11 barche, un progetto congiunto tra Freedom Flotilla Coalition e Thousand Madleen. L'ammiraglia "Conscience" è di proprietà della Mavi Marmara Foundation, nata con i risarcimenti pagati da Tel Aviv dopo la strage del 2010

C’è un’altra Flotilla che sta navigando verso Gaza. Le prime due barche, le più piccole, tra i 10 e i 12 metri, sono partite il 25 settembre. Due giorni dopo da Catania ne sono salpate altre otto. Il 30, infine, da Otranto ha preso il mare l'”ammiraglia”, la Conscience, nave da 68 metri e una stazza lorda 1029 tonnellate. E’ un progetto congiunto tra Freedom Flotilla Coalition, che solca i mari da 18 anni per promuovere i diritti dei palestinesi, e Thousand Madleen. L’obiettivo è ricongiungersi a Creta e portare fino alla Striscia un centinaio di persone tra medici, infermieri e giornalisti.

“Oltre ai civili, Israele colpisce metodicamente professionisti sanitari e reporter – spiega Michele Borgia, portavoce italiano della Freedom Flotilla -. I giornalisti, è il ragionamento, vanno zittiti perché raccontano quello che accade nella Striscia. I medici, invece, vengono eliminati in modo che i feriti non possano essere curati. Tutto questo serve a colpire una popolazione civile già stremata da due anni di bombardamenti”. Da qui l’idea di trasportare sulle barche non solo 18 tonnellate di aiuti umanitari ma persone, professionisti in grado di rompere questo assedio a due diritti fondamentali: alla salute e all’informazione. “L’idea è che dicendo ‘non portiamo solo sacchi di farina ma anche decine di medici’ Israele decida di non creare problemi – prosegue Borgia -. Perché quando queste persone verranno arrestate i governi dovranno necessariamente intervenire“.

La prima delle due barche piccole partite il 25 settembre batte bandiera italiana. Il suo nome era Brucaliffo, ma è stata rinominata Al Awda, che significa “ritorno”, un nome che parla del diritto al ritorno dei palestinesi nella loro terra dopo la Nakba del ’48. “La persona che ce l’ha fornita, Dario Pasquale, ce l’ha regalata: ‘Quando qualcuno ha un privilegio e sente che c’è bisogno di impegnarsi deve mettersi in gioco. Vi do questa barca e la porto io verso Gaza’. ci ha detto”, racconta il portavoce. A bordo ci sono Francesca AmorusoFerdinando Primerano Rianò e Fabio Saccomanni. L’altra, Lady J, bandiera francese, è stata venduta agli organizzatori a metà del prezzo di mercato e il suo ex proprietario ha detto loro: “Vengo con voi”. Rinominata Ghassan Kanafani, come lo scrittore e giornalista palestinese, è condotta dal capitano Roberto Cenci e con lui ci sono Mattia GabellaAbdallah Yousef Abdallah (rifugiato palestinese con passaporto italiano) e Antonio Rocca.

“Sappiamo che andare verso Gaza non è la soluzione dei problemi – continua Borgia -. Noi andiamo a fare pressione mediatica affinché i nostri governi adottino misure concrete contro l’occupazione, lo facciamo da 18 anni per tenere alta l’attenzione su quello che accade nella Striscia. I popoli, lo vediamo tutti i giorni, stanno dicendo basta ma alcuni governi, tra cui il nostro, sono complici. Dobbiamo chiedere agli Stati di fermare ogni collaborazione economica e strategica perché Israele non fa che calpestare tutte le leggi. Bisognerebbe fare come con il Sudafrica all’inizio degli anni ’90, quando il paese che applicava l’Apartheid fu isolato dal punto di vista politico ed economico”.

Le barche partite il 25 settembre stanno andando lentamente, viaggiano a una velocità di 4-5 nodi, avanzando lungo la costa greca per aspettare le Madleen e ricongiungersi tra un giorno o un giorno e mezzo sotto Creta. Nel frattempo la Conscience, che può arrivare a 12 nodi, punta a raggiungerle nel giro di 3 giorni. Da lì l’obiettivo è procedere tutte insieme verso la Striscia di Gaza.

Il 2 maggio l’ammiraglia era stata colpita da due droni mentre si trovava in acque internazionali, a circa 13 miglia al largo delle coste di Malta. Ora ha ripreso il mare dopo mesi di riparazioni e la sua è una storia nella storia, carica di simboli che hanno fatto la storia delle proteste della società civile contro l’assedio nella Striscia: “E’ di proprietà della Mavi Marmara Foundation – spiega Borgia -. Le famiglie delle vittime di quella strage (9 attivisti uccisi sul posto la notte del 31 maggio 2010, quando la nave turca venne assaltata dalle teste di cuoio dell’unità d’élite Shayetet 13 delle Idf, e uno morto in ospedale qualche tempo dopo, ndr) vinsero la causa con Israele che dovette risarcirle. Con quel denaro venne creata la fondazione che fa parte di IHH, ong turca che opera in oltre 120 paesi. Oggi la barca rappresenta la volontà delle persone uccise e la fondazione l’ha data in uso a Freedom Flotilla per rompere l’occupazione di Gaza”.

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