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Cecchini e Sarajevo: bersagli per ricchi assassini, anche italiani

Cecchini e Sarajevo: bersagli per ricchi assassini, anche italiani

Politica estera

11/11/2025

da Remocontro

Ennio Remondino

Chi ha vissuto almeno parte dei quattro anni tra il 1992 e il 1995 nella Sarajevo assediata, la parola chiave del vivere e sopravvivere era ‘sniper’, cecchino, e tu eri sempre e comunque possibile bersaglio. L’ampia e lunga strada centrale per entrare nella città era il ‘viale dei cecchini’. Il tiro che ha trapassato il braccio sinistro di Roberto Cannaviccio, tecnico Rai, fu il benvenuto mentre entravamo per la prima volta. E i colpi che hanno collaudato i vetri antiproiettile della blindata Rai dei tempi BR, finita sulle montagne della Bosnia. Mentre scoprivo che il ‘zip zip’ disegnato che sfiora la testa di Tex Willer, è il rumore vero che senti, se sei fortunato che il proiettile ti sfiora soltanto.

SARAJEVO, BOSNIA AND HERCEGOVINA : Two women kneel next to the grave stone of her brother who died during the 1992-95 war in Bosnia

Il cimitero Ebraico, sulla collina oltre la Miljacka

Brevi note personali, poche righe di un libro non scritto per introdurci alla lettura di una sintesi ANSA, su una tra le molte mostruosità che l’Europa ha vissuto nel suo ventre, senza saperla prevenire e soprattutto fermarla qualche migliaio di morti prima. Tiro a segno dalla collina che sovrasta la parte orientale di Saraievo, la ‘parte serba’ di Karadzic, per chi ancora ricorda. E il cimitero monumentale ebraico che con le sue lapidi marmoree e le edicole di famiglia offriva la postazione ideale per il tiro a segno sulla città bersaglio. Per soldati che praticano il terrorismo sugli innocenti credendo di combattere e, peggio, di tiratori civili e stranieri che pagavano per l’emozione della caccia all’animane uomo, bambini, donne, vecchi come bersagli e tariffe diverse da pagare a fine ‘vacanza’ agli organizzatori di quelle emozioni. Certo, adesso, segnati dal male assoluto accaduto a Gaza, si riduce la stessa portata della nostra indignazione, e la memoria di orrori rimossi troppo rapidamente. Ma la disumanità belluina di singoli di cui avevamo memoria e conoscenza già da allora, senza aver raggiunto mai i dettagli che ritenevamo necessari e, soprattutto i nomi dei sospettati mostri, riesce a superare le disumanità più feroci di ogni guerra.

‘I cecchini del weekend a Sarajevo’, inchiesta a Milano

Se ne parlava già in articoli di 30 anni fa sulle ‘vacanze in Bosnia per fare la guerra’, avverte la redazione ANSA. Si sono aggiunti negli anni testimonianze e documentari e uno scrittore, forte di un dialogo con una “fonte”, ha deciso di raccogliere quel materiale e presentare un esposto. Così la Procura di Milano dovrà iniziare a indagare sui cosiddetti “cecchini del weekend”, persone che pagavano per andare ad uccidere, anche donne e bambini, partecipando all’assedio di Sarajevo da parte dei serbo-bosniaci, tra il ’92 e l’95.

Il documento alla procura

«Ciò che ho appreso, da una fonte in Bosnia-Erzegovina, è che l’intelligence bosniaca a fine ’93 ha avvertito la locale sede del Sismi della presenza di almeno 5 italiani, che si trovavano sulle colline intorno alla città, accompagnati per sparare ai civili.

Inizia così il documento di 17 pagine, inviato alla Procura dallo scrittore Ezio Gavazzeni, assistito dagli avvocati Nicola Brigida e Guido Salvini. Di luglio la notizia dell’apertura di un’inchiesta, col pm Alessandro Gobbis che indaga per omicidio volontario plurimo aggravato dai motivi abietti e dalla crudeltà. Quella ‘fonte’, indicata con nome e cognome, «faceva parte dell’intelligence bosniaca». Gavazzeni riporta uno scambio di mail del 2024 in cui l’ex 007 scrive: «Ho appreso del fenomeno alla fine del 1993 dai documenti del servizio di sicurezza militare bosniaco sull’interrogatorio di un volontario serbo catturato (…) Ha testimoniato che 5 stranieri hanno viaggiato con lui da Belgrado alla Bosnia Erzegovina (almeno tre di loro erano italiani)». All’epoca, ha raccontato, «condividemmo le informazioni con gli ufficiali del Sismi (ora Aise) a Sarajevo perché c’erano indicazioni che gruppi turistici di cecchini/cacciatori stavano partendo da Trieste».

Cacciatori d’uomini da Milano, Torino e Trieste

Ci sarebbero stati un uomo di Torino, uno di Milano e l’ultimo di Trieste, «quello milanese era proprietario di una clinica privata specializzata in interventi di tipo estetico». Per ora agli atti ci sono i documenti depositati dall’autore dell’esposto e nelle prossime settimane il pm, con delega al Ros dei carabinieri, dovrà effettuare verifiche, ascoltando semmai i testi indicati. Al momento, si fa riferimento a ‘soffiate’ anche sul tariffario dell’orrore: «i bambini costavano di più, poi gli uomini (meglio in divisa e armati), le donne e infine i vecchi che si potevano uccidere gratis». Centrale un documentario, ‘Sarajevo Safari’ del 2022. Il regista Miran Zupanic, segnala Gavazzeni, «ci ha dato le password per accedere alla visione riservata del film (…) posso fornirle al magistrato».

Inchiesta 40 anni dopo

Nel filmato c’è un ‘testimone anonimo e «alcune fonti parlano di americani, canadesi e russi, ma anche di italiani, che erano disposti a pagare per giocare alla guerra». I ‘clienti’, ha raccontato l’ex agente segreto, «erano persone molto ricche che potevano permettersi economicamente una sfida così adrenalinica. Per il modo in cui tutto era organizzato, i servizi bosniaci ritenevano che dietro a tutto ci fosse il servizio di sicurezza statale serbo.  E con “infrastrutture dell’ex compagnia aerea serba di charter e turismo. Jovica Stanišić, ‘condannato per crimini di guerra’, avrebbe svolto un ruolo chiave in questo servizio».

‘Cecchini turistici’

Stando all’esposto, tra i ‘turisti-cecchini’ c’erano appassionati di caccia e armi, vicini all’estrema destra. L«a copertura dell’attività venatoria serviva per portare, senza sospetti, i gruppi a destinazione a Belgrado». Un ex vigile del fuoco statunitense, volontario nella Sarajevo del massacro (oltre 11mila vittime), ne aveva già parlato nel 2007 nel processo al comandante dell’esercito serbo-bosniaco Ratko Mladic. «Non mi sembravano persone del posto – ha messo a verbale – il loro modo di vestire e le armi mi hanno fatto pensare che fossero tiratori turistici».

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