10/12/2025
da Il Manifesto
Se Trump e il suo entourage attaccano specificamente l’Unione europea (che da tempo non è più un modello di accoglienza) sulla politica migratoria, non è una scelta casuale. Né si tratta solo delle trite corbellerie ideologiche sul declino della «civiltà occidentale». Insidiata e inquinata da influenze aliene pronte a sostituirla.
Certo, queste colorite narrazioni mandano in sollucchero il suprematismo bianco Maga, soddisfano gli appetiti dei nazionalismi, rimpinguano tradizioni inventate e consolano frustrazioni popolari alimentate da studiati allarmismi. Tuttavia chi agita simili spettri è ben consapevole di operare sul terreno sul quale l’Unione europea può essere più agevolmente scardinata.
La contrapposizione tra natalità (da incrementare) e immigrazione (da impedire) è la cifra classica di ogni patriottismo fascista. Che i tedeschi del terzo Reich riassumevano nella nota formula del Blut und Boden, sangue e suolo, stirpe e nazione, posti a fondamento di una concezione chiusa, aggressiva, desolatamente omogenea, gerarchica e oppressiva della società. Questa contrapposizione resta ancora oggi la bandiera e la principale offerta dell’estrema destra in tutta Europa. Conclamata senza alcun pudore come la prospettiva più normale del mondo. Fin qui l’ideologia.
C’è però poi la sostanza. La strategia trumpiana che mira dichiaratamente allo smantellamento dell’Unione europea, o almeno a stravolgerne completamente la natura sovranazionale, non ignora che nella questione dei richiedenti asilo sono incistate le contraddizioni più aspre e molte reciproche recriminazioni tra i diversi paesi del Vecchio continente. A cominciare dal controverso regolamento di Dublino nelle sue varie successive formulazioni.
Le dispute sugli obblighi di accoglienza, sulle quote di redistribuzione dei rifugiati, sull’esame delle domande d’asilo, sulle risorse da stanziare sono state e sono all’origine di continui scontri, soprattutto con i paesi dell’est europeo guidati dall’Ungheria.
C’è di che lavorare sulle divisioni. Ma quel che soprattutto conta è la convergenza sempre più accentuata tra le forze centriste e l’estrema destra sul tema dei rimpatri e della deportazione dei richiedenti asilo in paesi terzi scelti arbitrariamente e del tutto estranei alla storia e ai bisogni dei rifugiati in questione. Non siamo poi così lontani da quell’idea di «remigrazione» e dalle pratiche persecutorie che dominano il pensiero neofascista contemporaneo.
I voti della destra radicale sono sempre disponibili per facilitare l’adozione di queste politiche contro rifugiati e migranti e nell’accelerare il loro corso legislativo, come è accaduto la settimana scorsa alla Commissione Libe del Parlamento europeo.
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Il primo passo, decisivo, per arrestare e rimettere in questione il processo di integrazione europeo senza darlo troppo a vedere non può che essere la costruzione di una maggioranza, prima occasionale poi stabile, tra i popolari e le formazioni della destra. Ed è proprio sul tema delle migrazioni che le posizioni del Ppe e quelle dei gruppi di destra radicale si rincorrono e si assomigliano sempre di più. In fondo la chiave di ogni sovranismo è prima di tutto la modalità di relazione con lo straniero. La dottrina trumpiana, che auspica il ritorno pieno e integrale allo stato nazione in Europa (per ragioni fra l’altro assai poco ideologiche), sa bene che battere su questo tasto pagherà, incontrando fra l’altro debole resistenza da parte delle fiaccate socialdemocrazie. Ne sia esempio l’accodamento a destra dei socialdemocratici danesi sullo smantellamento del diritto d’asilo, poi rimasti impassibili di fronte alla reazione di disgusto degli elettori che gli hanno voltato in massa le spalle.
Che l’interesse nazionale abbia preso il sopravvento su qualsiasi principio di solidarietà lo dimostra l’indecente chiusura della Germania al flusso di rifugiati provenienti dall’Ucraina. La libera circolazione resta riservata ad armi e denari. L’Europa voluta da Trump si sta già trasformando da sola. E non saranno scatti d’orgoglio, peraltro radi e imbarazzati, a fermare questa degenerazione. È il soggetto politico che a questa trasformazione sta lavorando dall’interno, l’estrema destra europea, che deve essere combattuto senza alcun cedimento.

