Fuga di cervelli: il 35% dei giovani italiani cerca fortuna all'estero per salari e opportunità migliori. +l 91% dal 2006
Il 35% dei giovani italiani è pronto a lasciare il paese per cercare salari più alti, migliori opportunità lavorative, esperienze di vita arricchenti e stabilità professionale. Questi dati emergono da un’indagine realizzata da Ipsos per la Fondazione Giuseppe Barletta, che ha coinvolto un campione di 1.200 under 30. Per avere un lavoro più gratificante, addirittura l’85% dei giovani considera la possibilità di trasferirsi lontano da casa.
FENOMENO IN CRESCITA
Il fenomeno della migrazione giovanile non è nuovo, ma è in crescita. Secondo il rapporto “Italiani nel mondo” della Fondazione Migrantes, il 44% di chi ha lasciato l’Italia nel 2022 era un giovane tra i 18 e i 34 anni, due punti percentuali in più rispetto agli anni precedenti. Dal 2006, la presenza degli italiani all’estero è aumentata del 91%, con le donne che hanno quasi raddoppiato la loro presenza (+99,3%), i minori aumentati del 78,3% e gli over 65 del 109,8%.
LE CAUSE DELLA FUGA
Il principale motivo che spinge i giovani italiani a emigrare è il basso livello dei salari. In Italia, i lavoratori guadagnano in media circa 3.700 euro all’anno in meno rispetto alla media europea e oltre 8.000 euro in meno rispetto ai colleghi tedeschi. La retribuzione media annua lorda per dipendente è di circa 27.000 euro, inferiore del 12% alla media UE e del 23% a quella tedesca . La stagnazione salariale è un problema persistente: l’Italia è l’unico paese europeo in cui i salari sono effettivamente diminuiti dal 1990 a oggi, con una decrescita del 2%.
IL COSTO ECONOMICO DELLA FUGA DEI CERVELLI
La formazione di un diplomato costa allo Stato circa 77.000 euro, quella di un laureato 164.000 euro e quella di un dottore di ricerca 228.000 euro. I cervelli in fuga costano all’Italia circa 4,5 miliardi di euro all’anno. Secondo uno studio della Fondazione Nord Est e dell’associazione Tiuk, tra il 2011 e il 2021 sono almeno 1,3 milioni i giovani italiani tra i 18 e i 34 anni emigrati in paesi UE e nel Regno Unito.
IL FALLIMENTO DELLE POLITICHE DI INCENTIVO
Le politiche basate su bonus e incentivi una tantum hanno dimostrato di essere inefficaci nel risolvere il problema. Nonostante gli investimenti in formazione, il paese non riesce a trattenere i giovani talenti, causando un depauperamento del tessuto demografico, culturale e sociale. Gianluca Torelli della Cgil sottolinea come la combinazione tra inverno demografico e fuga dei giovani possa mettere una seria ipoteca sul futuro del paese.
RESPONSABILITÀ E SOLUZIONI
Secondo Lara Ghiglione, segretaria confederale della Cgil, il governo ha enormi responsabilità in questo fenomeno. La necessità di una legge sul salario minimo e sulla rappresentanza sindacale è fondamentale per migliorare i salari e le condizioni di lavoro, rendendo il paese più attrattivo per i giovani. Anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha definito la fuga dei cervelli una “patologia” da cui guarire, invitando la classe politica a trovare soluzioni per garantire il ritorno dei giovani in Italia.
IMPATTO SUI TERRITORI
Il Mezzogiorno d’Italia è particolarmente colpito da questo fenomeno. Sommando il calo delle nascite e l’emigrazione, questa regione paga il saldo negativo più pesante. I giovani del Sud Italia affrontano spesso contratti precari e malpagati, con poche opportunità di crescita. Questo scenario è aggravato dalla fragilità del tessuto istituzionale e dall’incapacità della politica di attrarre i giovani nei processi decisionali.
I dati sono chiari: l’Italia sta perdendo una generazione di giovani talentuosi, attratti da migliori condizioni lavorative e salariali all’estero. Senza interventi concreti, il paese continuerà a vedere un’emigrazione crescente che ne impoverisce il tessuto sociale e produttivo. E non basterà la retorica della Patria senza figli, se i figli che ci sono sognano la valigia.
09/07/2024
da La Notizia