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«Chiudiamo la Bredamenarini ». Poi gli operai bloccano Seri

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Crisi Infinite. Ecco la nuova proprietà di Industria Italiana Autobus voluta dal ministro Urso. La protesta immediata costringe l’azienda a congelare la procedura di trasferimento collettivo

Era talmente chiaro che solo il ministro Urso non se ne era accorto. La prima privatizzazione del governo Meloni – la cessione di Industria Italiana Autobus al chiacchierato gruppo Seri – sta già portando alla chiusura dello storico stabilimento ex BradaMenarini di Bologna. E solo la risposta ferma dei 159 lavoratori di Bologna – e dei 370 a Flumeri (Avellino) nell’ex Irisbus Fiat – ha bloccato «la procedura di trasferimento collettivo» comunicata ieri mattina dalla proprietà ai sindacati.

Nonostante gli scioperi, l’appoggio alla protesta e l’interrogazione parlamentare direttamente della segretaria del Partito democratico Elly Schlein, Adolfo Urso aveva deciso di infischiarsene di una cordata alternativa “bolognese” e vendere Industria Italiana Autobus (Iia) al traballante e digiuno dalla produzione di autobus gruppo Seri, che produce solo batterie e materiale elettrico e che nell’Avellinese – proprio vicino allo stabilimento Iia (ex Irisbus) di Flumeri – ha già collezionato un fallimento da riconversione industriale.

Mentre in tutto il mondo la produzione di autobus è ai massimi per aiutare la transizione ecologica, l’Italia non ne produce e li importa dalla Repubblica Ceca, dove l’ex azienda Fiat Irisbus li fabbrica.

I fatti – convulsi – di ieri. Mentre la città e buona parte dei lavoratori e dei sindacalisti partecipava alla commemorazione della strage del 2 agosto, all’ora di pranzo, la nuova proprietà Seri di Industria italiana autobus annuncia il trasferimento di 77 dipendenti da Bologna a Flumeri, a far data dal 16 settembre.

È chiaramente un «trasferimento coatto» e la fine dello storico stabilimento bolognese che ha sfornato migliaia di autobus BredaMenarini, fino alla fusione con l’ex Iriisbus del 2015 voluta da Di Maio. Un colpo di spugna su 105 anni di storia.
Subito lavoratori e sindacati si infuriano – «uno sfregio comunicarlo il 2 agosto» – e scatta lo sciopero con minaccia di occupazione della fabbrica.

Il Mimit di Urso è costretto a intervenire per far tornare l’azienda – appena passata di proprietà – sui suoi passi. Tre ore e arriva la nota della proprietà: procedura congelata in attesa del tavolo convocato al Mimit per il 2 settembre.

Ma la minaccia rimane sulla testa dei lavoratori dell’unico gruppo italiano produttore di autobus.

«Anche se intanto la procedura è stata sospesa, resta sconcertante l’annuncio della chiusura dello stabilimento bolognese di Industria italiana autobus: una mossa che dimostra l’inaffidabilità di Seri», dichiarano Vincenzo Colla e Matteo Lepore, rispettivamente assessore allo Sviluppo economico della Regione Emilia-Romagna e sindaco di Bologna.

«Contro la comunicazione di Iia di trasferimento coatto dei lavoratori da Bologna a Flumeri, le organizzazioni sindacali, insieme ai lavoratori dei due stabilimenti hanno messo in piedi una reazione forte, proclamando immediatamente sciopero – scrivono in una nota Fim, Fiom e Uilm – . La conseguenza è stata il formale ritiro della procedura di trasferimento. Il risultato è importantissimo e manda un segnale molto forte alla proprietà e anche al governo: Iia non deve chiudere nessuna fabbrica né ad Avellino né a Bologna. I due stabilimenti dovranno continuare a lavorare entrambi. La convocazione al Mimit è comunque più che mai necessaria perché il governo deve essere garante di un piano industriale di sviluppo e di salvaguardia. Le organizzazioni sindacali e i lavoratori non permetteranno altre soluzioni», concludono battagliere Fim, Fiom, Uilm.

03/08/2024

da Il Manifesto

Massimo Franchi

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