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«Ci sono oltre 90 processi aperti per le nostre azioni, rischiamo anni di carcere»

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Repressione. Parla Ultima Generazione: «Le strategie che adottiamo sono cambiate, non parliamo più di blocchi stradali ma di campagne di boicottaggio. Puntiamo ad arrivare almeno a 100mila persone»

Simone Costantini, membro del movimento di ecoattivisti Ultima generazione, la crisi climatica è ormai evidente ma aumentano i provvedimenti per reprimere gli ambientalisti. In che modo siete stati colpiti?

Sicuramente il decreto Sicurezza è l’emblema di come siamo colpiti dalla repressione, a partire dal fatto che vengono citati esplicitamente i blocchi stradali che sono una nostra pratica, ma anche per esempio il deturpamento degli edifici (per questa fattispecie la pena è stata inasprita, portandola fino a 3 anni di reclusione e 12mila euro di multa, con aggravanti se il fatto è commesso durante una manifestazione, ndr). In questo caso peraltro viene inserita una disparità, considerando gli edifici pubblici più importanti: è più grave se verso della vernice lavabile su una struttura pubblica rispetto a rompere un vetro di un’abitazione privata. Si bloccano le proteste mentre si muore per il caldo.

Con quali misure siete stati colpiti, anche prima dell’ultimo decreto?

Attualmente abbiamo aperti circa 90 processi, la maggior parte riguardano l’articolo 18 del Testo unico sulla pubblica sicurezza, quindi la manifestazione non autorizzata. Perché prima del dl Sicurezza il blocco stradale non era un reato, solo un illecito amministrativo. Quello che notiamo però è che nella maggior parte dei casi le accuse decadono e le sentenze non sono equiparabili alle richieste. Viene riconosciuta una disparità, e ci sono molte assoluzioni. Recentemente alcuni di noi sono stati assolti, ma rischiavano quattro mesi di carcere e i giudici riconoscono che è una pena eccessiva. Tra i processi più importanti che avremo a breve ci sono quello sull’azione al Museo del Novecento avvenuta nel 2023, per deturpamento di opere d’arte, ma anche le azioni alla Fontana di Trevi e alcuni blocchi stradali sul raccordo anulare a Roma. E i processi costano.

In che modo il vostro movimento ha cercato e cercherà di adattarsi alle strette repressive in atto?

Le nostre strategie sono cambiate, non parliamo più ora di blocchi stradali. La campagna in corso si chiama «Il giusto prezzo» e parla di abbassamento dell’Iva sui beni alimentari. Per mandare questo messaggio promuoviamo il boicottaggio nei supermercati, che non è un’attività illegale ma impattante. Anche in questi casi si sono presentate le forze dell’ordine, ci sono state identificazioni ma nessun fermo appunto perché è stato ritenuto che il fatto non sia un reato. Da ottobre lanceremo un boicottaggio che puntiamo arrivi almeno a 100mila persone, una forma di «sciopero dalla spesa», per sabotare la grande distribuzione in alcuni giorni e promuovere il consumo da piccoli produttori. È una forma di protesta che ha dato i suoi frutti, penso alla Palestina: Carrefour sta pensando alla chiusura di alcune attività, mentre la Coop ha sospeso i prodotti israeliani e ha iniziato a vendere la Gaza cola.

L’altro grande piano dell’Unione europea, a parte quello per il clima, è il ReArm Eu da 800 miliardi. La corsa al riarmo impatta sul clima?

Ci sarà un impatto sulle leggi per il clima, servono molti investimenti per la transizione ecologica. E non lo diciamo solo noi, anche Draghi lo diceva nel suo rapporto. I soldi non sono infiniti e questo è un cambio di direzione, per cui saranno presi dagli investimenti ipotizzati sul green. La guerra poi è molto impattante a livello climatico, solo il conflitto in Ucraina ha inquinato come uno dei paesi più sviluppati al mondo. 

03/07/2025

da Il Manifesto

Michele Gambirasi

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