Se ne è andato un compagno di tante lotte condivise e resto, mi si scusi se parlo in prima persona, attonito, addolorato, indignato, incredulo. Se ne è andato alla vigilia dell’anniversario della Nakba, quante volte ne avevamo parlato, e nei giorni in cui il governo israeliano vuole ripetere, mentre continua il genocidio, l’ennesima deportazione di uomini donne e bambini che sono e saranno sempre Palestina.
Ci conoscemmo quando si stava profilando la prima Intifada, quando la gente di Gaza e Cisgiordania, decise di non accettare più una finta pacificazione fondata sull’occupazione militare, sulla demolizione di case e ulivi, sulla costruzione di insediamenti per coloni, provenienti dall’Est Europa, sul tentativo di annientare ogni diritto all’esistenza della sola parola Palestina.
Quasi 40 anni fa, quella che venne chiamata la “rivolta delle pietre”, perché a mani nude, lanciando sassi contro i carrarmati, ragazzini, adolescenti, cadevano sotto i colpi di mitra di uno degli eserciti più potenti del mondo. Ali Rashid era per noi allora giovani e solidali con la causa palestinese, un punto di riferimento, di confronto, di dibattito a volte anche aspro ma sempre fecondo. Era allora Primo segretario della delegazione palestinese in Italia, l’uomo, il compagno, a cui chiedere “cosa possiamo fare?” Da uomo di pace, quale è sempre stato, si spese per una idea bella e geniale, il progetto “kufia, matite per la Palestina”, realizzata con Il Manifesto. Una mostra di disegni realizzati da italiani, palestinesi e israeliani ad indicare con l’arte la via per porre fine a quell’eccidio quotidiano.
Girammo nelle città palestinesi e israeliane, dove imperversavano già da allora i controlli e la repressione, scortando e difendendo la mostra, sia in città palestinesi che in luoghi israeliani votati alla pace e alla fine dell’occupazione. Da quella prima visita nacque, un altra, che oggi sarebbe considerata folle, piccola grande idea di internazionalismo solidale. Mettemmo in piedi, con compagne e compagni provenienti da diverse esperienze politiche, un gruppo chiamato Al Ard, (La Terra), andavamo nei Territori Occupati e a Gaza, ci mettevamo in contatto, con l’aiuto di interlocutori delle diverse forze politiche, con piccole cooperative, soprattutto composte da donne, che operavano nell’agricoltura, per sostenerne economicamente microprogetti di sostegno, un macchinario, un materiale, quello che era impedito avere a causa di politiche di embargo israeliano.
Lui da Roma ci dava indicazioni, ci seguiva dove non poteva venire fisicamente, garantiva sulla nostra affidabilità. Intrecciammo rapporti con una resistenza laica e progressista, vedemmo con i nostri occhi come l’occupante, per indebolire l’Olp, iniziava a contrastare ogni forma di aggregazione e di istruzione, chiudendo le scuole e le università pubbliche e contemporaneamente sostenendo le moschee. Ogni volta che si tornava a casa, dopo uno dei tanti viaggi, portavamo con noi un bagaglio di storie che ancora oggi, anche se in molti ci siamo persi di vista, ci accomunano. E provammo anche a praticare quella disobbedienza civile che tanto irritava la forza militare, con Giovanni Russo Spena, allora parlamentare, che si incatenava davanti alle case, per impedirne l’abbattimento.
Ali ci incitava, ci consigliava, si preoccupava dei rischi che correvamo, ma il legame che ci unì allora rimase inalterabile. Le serate a casa sua, a parlare e a sperare in un futuro migliore, al sogno di poter rivedere un giorno la Gerusalemme dei suoi genitori che lui, nato in Giordania, non aveva visto. Ogni incontro era un’immersione a volte disincantata, in una infinita cultura politica. Misurava le parole cogliendone il peso e la gravità ogni volta, non accettava la faciloneria con cui spesso si costruivano etichette o stereotipi.
Fu naturale ritrovarlo in Rifondazione Comunista, anni dopo, quando, dopo il fallimento degli accordi di Oslo, si iniziarono a perdere le speranze e lo stesso contesto palestinese cambiava. Gioimmo riuscendo ad eleggerlo in un Parlamento in cui almeno la voce della Palestina si potesse sentire nitida e chiara, scandita dalle sue pause e dalla sua innata saggezza. Da Ali imparai quanto si può dissentire politicamente, compiere scelte diverse, ma conservare insieme alla stima e all’affetto, la capacità di guardare oltre il presente, di preservare quel prevalente comune che univa tutte e tutti coloro che lottano per le cause dei popoli oppressi come per le ingiustizie quotidiane nostrane. Non ci siamo mai persi ed ogni volta era un abbraccio, un ricordarsi privo di nostalgia una conferma di come in fondo i legami veri restano e non possono essere vanificati.
Le storie, il tempo, gli anni che trascorrevano, ci hanno portato anche a sorridere degli scontri che ci è capitato di avere, di ricordare con amarezza le occasioni perse e gli errori compiuti, di continuare a compiere una ostinata ricerca nel presente, quello buio e cupo che incontravamo, per riannodare i fili, per ricominciare, per non arrendersi. Ed Ali Rashid non si è mai arreso. Gli anni lo avevano reso ancora più lucido e profondo, lo avevano portato a raccontarsi, lui solitamente riservato nel mostrare le cicatrici, facendo emergere ricordi di ragazzo, la pesantezza dell’esilio, la scoperta dell’impegno politico come antidoto potente all’autodistruzione. Aveva lasciato da anni la sua casa di Roma in cui ci si incontrava prima di partire, per avere consigli e far giungere messaggi a chi occupava ruoli particolari in patria.
Si era trasferito nella tranquillità umbra dove scriveva, da cui instancabile, si muoveva, sempre con la voglia di far conoscere al mondo della solidarietà popolare che non ha mai smesso di esistere, la profondità della tragedia umana, politica, sociale e culturale che da quasi ottanta anni ormai nega ogni possibilità di gioia, di futuro, di speranza. Riprendere insieme il cammino politico durante le ultime elezioni europee, con la lista Pace Terra Dignità, fu una ovvia convergenza, gli si leggeva ancora come tanti anni fa, quella luce mai spenta nell’impegno politico e sociale, nonostante tutto e nonostante tutti. Ci ha lasciato all’improvviso, senza un segnale, ed è difficile credere che sia vero. Ci ha lasciato più poveri ma tante e tanti altri raccoglieranno il suo grande esempio. Ne sono certo.
16/05/2025
Stefano Galieni