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Cinque anni fa il paziente 1 di Codogno, oltre 197mila persone uccise in Italia dal Covid

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A quelle prima infezione ufficiale, anche se probabilmente la malattia aveva cominciato a diffondersi molto prima, seguirono mesi durissimi

Era il 20 febbraio del 2020 quando all’ospedale di Codogno (Lodi) arrivò il risultato del tampone effettuato su un giovane paziente, Mattia Maestri. Per l’Italia iniziò l‘incubo del Covid, pandemia che dilagò in tutto il mondo grazie a un virus sconosciuto che infettava con progressione geometrica. Maestri, giovane e in forma,  riuscì a guarire nonostante le sue condizioni apparvero subito gravissime. Ma in Italia sono stati oltre 197mila morti. A quelle prima infezione ufficiale, anche se probabilmente la malattia aveva cominciato a diffondersi molto prima, seguirono mesi durissimi. Ospedali al collasso, medici e infermieri stremati da turni infiniti, ambulanze in coda davanti ai pronto soccorso. Bergamo colpita così violentemente da non riuscire a garantire la cremazione ai suoi cittadini. Molti dei quali neanche riuscivano ad arrivare all’ospedale Papa Giovanni, diventato il fronte estremo di una guerra.

Un’emergenza superata grazie ai vaccini e ai farmaci e a costo delle libertà individuali con i lockdown istituiti per arginare i contagi. Essendo un patogeno sconosciuto il virus non incontrava ostacoli e in assenza di mascherine, durante il primo terribile periodo, i contagi erano inevitabili. L’emergenza è superata: la malattia non è più quella patologia “feroce” e “sistemica” che innescava infiammazioni che facevano impazzire il sistema immunitario attaccando tutti gli organi, ci sono le terapie e i medici – disarmati durante la prima ondata di polmoniti bilaterali – ora sanno come trattare i pazienti. Certo è gli esperti dell’Istituto superiore di sanità (Iss) invitano a non dimenticare quanto accaduto perché il monitoraggio del virus, avvertono, non va interrotto.

L’ondata pandemica in Italia ha una prima data simbolo: 29 gennaio 2020 quando una coppia di turisti cinesi in vacanza a Roma e originari dalla provincia di Wuhan, infatti, avverte sintomi influenzali e viene ricoverata. Il tampone successivamente effettuato allo Spallanzani di Roma conferma che sono stati colpiti proprio dal virus SarsCov2: i due cittadini sono poi usciti con le loro gambe dall’Istituto di malattie infettive, strappati alla morte dai medici. L’11 marzo 2020, l’Organizzazione mondiale della sanità dichiara l’inizio della pandemia. Solo dopo 3 anni, il 5 maggio 2023, l’Oms dichiarerà ufficialmente la fine dell’emergenza sanitaria. I numeri del ministero della Salute raccontano di una tragedia che nessuno avrebbe potuto immaginare: in totale si contano, in 5 anni, 27.191.249 casi, di cui 513.845 tra gli operatori sanitari; 45 anni è l’età media dei pazienti. Alla fine, sono 197.563 i morti e 25.402.836 i guariti.

Il virus SarsCov2, spiega all’Ansa Anna Teresa Palamara, direttrice del Dipartimento Malattie infettive dell’Iss, “è ormai entrato a far parte del ‘mix’ di patogeni respiratori che colpiscono soprattutto d’inverno, ed è tra quelli monitorati dalla rete di sorveglianza RespiVirNet. Non costituisce più un’emergenza, ma va comunque tenuto sotto controllo, come si fa per l’influenza o per il virus respiratorio sinciziale. Attraverso la sorveglianza siamo infatti in grado sia di stimare la sua proporzione rispetto agli altri patogeni sia di sapere quali sono le varianti in circolazione”. In questi anni, di fondamentale importanza è stata la vaccinazione anti-Covid, che resta anche oggi un’arma cruciale. La valutazione sulle “modalità e sulle categorie da vaccinare – chiarisce l’esperta – viene fatta anno per anno, e dà vita poi alla circolare ministeriale con le indicazioni. Al momento, resta valida la raccomandazione di proteggere i più fragili, ovvero gli anziani o chi ha delle malattie pregresse”.

20/02/2025

da Il Fatto Quotidiano

Redazione

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