Tel Aviv ordina l’evacuazione di 1,1 milioni di persone. Esodo senza mezzi e nel panico, si teme per gli ospedalizzati. Abu Mazen a Blinken: non sia una seconda Nakba. La foto di copertina che spiega: una famiglia lascia Gaza, diretta nel sud della Striscia, a bordo di un’auto danneggiata dai bombardamenti. Migliaia di altri a piedi, con i bimbi in braccio: la marcia a sud dei disperati di Gaza
Ultimatum israeliano: protestano Onu e Oms
L’esercito israeliano ha ordinato «l’evacuazione di tutti i civili di Gaza City dalle loro case entro 24 ore e lo spostamento nell’area a sud di Wadi Gaza». «Sarà permesso tornare a Gaza City solo quando verrà fatto un altro annuncio». Il diktat ad 1,1 milioni di palestinesi, la metà della popolazione della Striscia. L’ordine di partire è stato diramato con volantini, messaggi radio e telefonici e sul web. Migliaia sono partiti, anche a piedi. Ora il portavoce militare di Israele: «Potrebbero essere necessarie più di 24 ore» concede.
‘L’orrende ordine’
L’Onu ha chiesto la revoca dell’ultimatum, per motivi umanitari: «un simile ordine rischia di trasformare quella che è già una tragedia in una situazione di calamità». L’Organizzazione Mondiale della Sanità fa sapere di essere stata informata dalle autorità di Gaza che è impossibile evacuare i pazienti più gravi dagli ospedali: per loro ‘è una sentenza di morte‘ scrive l’Oms. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, l’Unrwa, ha definito ‘orrendo’ l’ordine di evacuazione. «Ciò porterà solo a livelli di miseria senza precedenti e spingerà ulteriormente la popolazione di Gaza nell’abisso», ha detto il commissario Philippe Lazzarini. Più di 423.000 persone sono già state sfollate.
Medici Senza Frontiere ha annunciato il trasferimento delle sue équipe mediche internazionali, denunciando che l’ultimatum «va contro ogni principio di umanità». «Msf sta cercando di aiutare il suo personale palestinese a trovare rifugio al Sud con le famiglie. Altri, in particolare il personale medico, rimarranno nel Nord per curare i malati e i feriti».
Testimonianze
I racconti dei palestinesi che hanno lasciato in fretta le proprie case delle località settentrionali per dirigersi verso il sud della Striscia dopo l’ultimatum di Israele, riportate da Riccardo Michelucci su Avvenire.
- «Presto si esaurirà anche l’ultimo residuo di elettricità e di connessione. Se muoio, ricordatevi che ero ed eravamo esseri umani, avevamo nomi, sogni e carriere». L’ultimo post scritto su Twitter da Belal Aldabbour, neurologo all’ospedale di al-Shifa, il principale complesso sanitario di Gaza.
- «La notte scorsa – spiega Maha Hussaini dell’Ong per i diritti umani Euro-Mediterranean Monitor – molti cittadini di Gaza City come me hanno ricevuto una telefonata registrata in cui l’esercito israeliano ci intimava di abbandonare le nostre abitazioni prima possibile, perché a breve il nord della Striscia diventerà una zona di operazioni militari».
- Famiglie intere si sono messe in marcia per chilometri mentre Hamas invitava a ignorare gli ordini di evacuazione. Molti avevano già cominciato ad andarsene giovedì scorso, quando è stata spenta l’unica centrale elettrica di Gaza, che è essenziale per la distribuzione dell’acqua e per il funzionamento degli ospedali e di tutti i dispositivi salva-vita.
L’Onu ha stimato che sarebbero già oltre 400mila i palestinesi sfollati dalla Striscia. Quasi la metà di essi hanno perso la casa.
L’inferno di Gaza e i gironi attorno
Nel settimo giorno di guerra tra Israele e Hamas l’esercito israeliano ha colpito con l’artiglieria il territorio del Libano in risposta a un’esplosione alla barriera di sicurezza adiacente il kibbutz di Hanita, a 500 metri dal confine. Si temeva un’infiltrazione di terroristi, spiega Avvenire. E dal Libano sono risuonate minacciose le parole del numero due del partito armato filoiraniano Hezbollah, Naim Qassem. «Tutti aspettano di sapere cosa farà Hezbollah. Hezbollah conosce le sue responsabilità. Siamo pienamente preparati e monitoriamo gli sviluppi in ogni momento. Parteciperemo a questa operazione secondo i nostri piani e la nostra visione».
L’occidente mobilitato accanto a Israele, mentre il mondo arabo si interroga su Hamas e la questione palestinese. «Oggi a Beirut il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amir-Abdollahian, ha incontrato il premier Najib Miqati. Ha visto anche il numero uno di Hezbollah, Hasan Nasrallah»
Contabilità dell’orrore ed è solo assaggio
Israele afferma di aver sganciato in sei giorni 6.000 bombe, 4.000 tonnellate di esplosivo su Gaza, colpendo oltre 3.600 obiettivi. Il bilancio aggiornato delle vittime è 1.300 morti tra gli israeliani e 1.600 tra i palestinesi della Striscia, oltre a 36 in Cisgiordania e a Gerusalemme est. La notte scorsa le forze israeliane «hanno colpito 750 obiettivi militari, tra cui tunnel sotterranei del terrore di Hamas, compound e postazioni militari, residenze di alti esponenti del terrorismo utilizzate come centri di comando militare, magazzini di stoccaggio delle armi, sale di comunicazione e hanno preso di mira alti esponenti del terrorismo» vanta l’Aeronautica.
Sul terreno della diplomazia, si cerca uno spiraglio per gli oltre 130 ostaggi nelle mani di Hamas. Tredici di loro, tra cui alcuni stranieri, sarebbero rimasti uccisi nei raid nelle ultime 24 ore: alcuni in due località nel nord della Striscia, altri a Gaza City e in altre aree.
Diplomazia tra una guerra e l’altra
Anthony Blinken da Netanyahu e subito dopo, dai leader dei Paesi vicini che, pur avendo iniziato quasi tutti un dialogo con Israele, hanno interessi diversi e ora molte paure. Per qualche razione spropositata da parte di Israele, o di pressioni filo palestinesi interne. Diplomazia a tutto campo, anche armata, visto che subito dopo Blinken, in Israele sia arrivato il capo del Pentagono, il generale Lloyd Austin. Tutti, politica e braccio armato, consapevoli che la partita che si sta giocando tra la Striscia di Gaza e lo Stato ebraico va oltre la resa dei conti tra Hamas e il gabinetto di guerra di Netanyahu e Benny Gantz.
Abu Mazen: non sia una seconda Nakba
Oggi il segretario di Stato Usa, arrivato in Giordania da Israele, ha incontrato il re Abdallah II e il presidente palestinese Abu Mazen, prima di trasferirsi in Qatar, che ha stretti rapporti con Gaza.
Il presidente palestinese ha messo in guardia da una seconda Nakba, ‘la catastrofe’ che i palestinesi affrontarono nel 1948, quando circa 760.000 palestinesi fuggirono o furono espulsi dalle loro case durante la guerra che coincise con la creazione dello Stato di Israele.
14/10/2023
da Remocontro