‘Molotov e fucili, coloni e soldati: Cisgiordania punita e terrorizzata’. Il più violento attacco da mesi contro il villaggio di Kufr Malik: case date alle fiamme e pallottole, tre giovani palestinesi uccisi. ‘Sparavano per uccidere’. Un attacco pianificato. La successione dei crimini. Assassinii di Stato. ‘Esecuzioni extragiudiziali’. ‘Muro di ferro’ e barbarie
‘Sparavano per uccidere’
«Erano decine, forse di più, tutti armati. Sparavano per uccidere, non per ferire. Capisci? Non cercavano di spaventarci, volevano ammazzarci. Provavano a dare fuoco a case, macchine e ai terreni ai piedi del villaggio». Il palestinese Atef Al Naji racconta a Michele Giorgio del manifesto la notte da incubo vissuta dalla gente di Kufr Malik, invaso mercoledì sera al tramonto da decine di coloni israeliani.
Altri tre ‘martiri’ tra migliaia e migliaia
«I tre martiri – racconta ancora il testimone – sono stati colpiti quando abbiamo cercato di opporci all’aggressione. L’esercito israeliano è arrivato dopo i coloni, non per proteggerci, ma per aiutarli. Chi abbia fatto fuoco sui ragazzi uccisi non possiamo dirlo con certezza: gli israeliani sparavano tutti. E comunque non importa, soldati e coloni sono la stessa cosa. Sono venuti qui e hanno ucciso Muhammad Al Naji, Lutfi Bairat e Murshid Hamayel. Tre vite spente all’improvviso, senza alcun motivo».
Tre giorni di lutto islamico
Atef Al Naji è un parente di Muhammad Al Naji e, con il resto della famiglia, saluta e ringrazia chi viene per porgere le condoglianze. C’è la tradizionale tenda allestita per i tre giorni di lutto islamico. Decine di sedie di plastica sono allineate per accogliere gli abitanti di Kufr Malik, che vanno e vengono. Le persone entrano, stringono la mano alle famiglie delle vittime, si siedono e, dopo aver bevuto il caffè nero e forte servito in queste occasioni di dolore, se ne vanno, lasciando il posto ai nuovi arrivati. Intorno sventolano le bandiere gialle con il simbolo di Fatah, ma nessuno conferma l’affiliazione delle tre vittime al movimento politico guidato dal presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen.
Un attacco pianificato
È stato un attacco pianificato, una delle aggressioni più violente degli ultimi due anni. I coloni sono giunti con fucili, munizioni, molotov; hanno dato fuoco ad abitazioni e, secondo testimoni, hanno sparato in aria per seminare il panico. I soldati israeliani, riferiscono altri, sono arrivati dopo un’ora. Ma quando gli abitanti di Kufr Malik hanno provato a protestare contro la violenza dei coloni, anche con lanci di sassi, sono cominciati gli spari contro i palestinesi. Sull’asfalto sono rimasti i corpi dei tre giovani. L’esercito ha ammesso di aver fatto fuoco sui dimostranti.
Peggio del ‘Far west’ americano
Una strategia che da mesi sta strangolando le comunità palestinesi nella Cisgiordania orientale, in particolare tra Ramallah e Nablus. «I villaggi più piccoli e isolati vengono attaccati da coloni, spesso adolescenti, impegnati a creare nuovi avamposti ovunque. Sinjil, Deir Diwban, Taybeh, Turmus Ayya, Abu Falah, Al-Mughayyir sono solo alcuni dei centri colpiti più volte. Gli abitanti resistono, ma alcuni vanno via per timore di violenze sempre più gravi. Ci sono anche le vendette. Kufr Malik, secondo alcuni, sarebbe stato attaccato anche per i sette soldati israeliani uccisi giorni fa a Khan Yunis, Gaza, da un ordigno» (notizia oscurata).
Se questa è vita
Saber Amin, ha vissuto per 15 anni a New York e dieci anni fa è tornato al villaggio. «Sin dal giorno del mio ritorno ho notato un costante peggioramento della situazione e l’aumento delle violenze di coloni e soldati. Kufr Malik è sempre più circondato, abbiamo di fatto un’unica strada di accesso al villaggio e quando l’esercito la chiude diventiamo prigionieri. I bambini e ragazzi, per andare a scuola, devono percorrere stradine di campagna perché non possono più passare accanto alle postazioni militari e agli avamposti dei coloni. Vogliono spingerci ad andare via».
La successione dei crimini
Con la morte dei tre giovani a Kufr Malik, il bilancio dei palestinesi uccisi in Cisgiordania dall’inizio del 2025 sale a 164, di cui nove solo nella zona di Ramallah e al Bireh, il dettaglio di Michele Giorgio. «La spirale di violenze e attacchi appare inarrestabile: a inizio settimana, ancora nei pressi di Kufr Malik, le forze israeliane hanno ucciso Ammar Hamayel, 13 anni. I testimoni ricordano che è stato lasciato agonizzante sull’asfalto: i soldati hanno impedito alle ambulanze di intervenire subito. Portato all’ospedale di Ramallah, è morto poco dopo. Mercoledì, a Yamoun (Jenin), è stato ucciso un altro ragazzino: Rayan Hawshiya, 14 anni, colpito al collo da un proiettile sparato dall’esercito durante un rastrellamento».
Assassinii di Stato
A Surif, sud della Cisgiordania, giovedì i coloni hanno appiccato un incendio nei campi coltivati vicino alla zona di al Quraynat. Gli abitanti, accorsi per spegnere le fiamme, sono stati accolti dai colpi dei soldati. Muhammad al Hour, 48 anni, è stato ucciso da un proiettile alla gola; suo fratello Ali è tra gli otto feriti gravi. Il sindaco, Hazem Ghneimat, ha riferito che i coloni avevano stabilito un nuovo avamposto tra Surif e al-Jabaa, protetti dalle forze armate. A Gerusalemme Est, due giorni fa, Zahia Al Obaidi, 66 anni, è stata uccisa durante l’ennesima incursione della polizia nel campo profughi di Shuafat. Gli agenti cercavano suo marito per un interrogatorio, ma la pallottola ha raggiunto lei.
Kurf Malik
Il campo, già da tempo sottoposto a continue operazioni militari, arresti, demolizioni e intimidazioni, si è svegliato con un’altra vittima da piangere. Si aggiungono azioni di disturbo, provocazioni e intimidazioni. A Turmus Ayya, a pochi chilometri da Kufr Malik, giovani coloni hanno aggredito automobilisti palestinesi spruzzando spray al peperoncino e lanciando pietre contro le vetture ferme al semaforo nei pressi dell’insediamento di Shilo.
‘Esecuzioni extragiudiziali’
Dal mese di ottobre sono stati uccisi quasi 150 palestinesi (e oltre 20 israeliani e uno statunitense), 90 dei quali descritti dalle autorità israeliane come assalitori. L’eliminazione quasi sempre sul posto della maggior parte degli aggressori veri e presunti – non pochi dei quali con meno di 18 anni – continua a generare proteste e polemiche non solo da parte palestinese. La ministra degli esteri svedese, Margot Wallstrom, ha invocato una indagine per determinare se Israele è colpevole di «esecuzioni extragiudiziali».
‘Muro di ferro’ e barbarie
Le forze armate israeliane, che nel nord della Cisgiordania continuano l’offensiva «Muro di Ferro» nei campi profughi di Jenin, Tulkarem, Nur Shams e Faraa, affermano di essere impegnate a «ripristinare l’ordine» e a impedire «scontri tra palestinesi e israeliani». Sul campo, la realtà racconta altro. Il governo Netanyahu non solo non condanna gli attacchi dei coloni, ma, attraverso figure come i ministri Itamar Ben-Gvir e Bezalel Smotrich, li legittima apertamente.
- Oscurata da guerre, crisi e attentati che sconvolgono la regione, messa ai margini da un crescente disinteresse, la questione palestinese fa fatica a trovare spazio nei media internazionali. Eppure il quadro politico è drammatico e non si arresta lo stillicidio di vite umane che non è circoscritto all’Intifada cominciata ad ottobre.