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Commando contro la Sumud

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Politica estera

03/10/2025

da Il Manifesto

Michele Giorgio

Non si arresta Israele ha impiegato unità scelte da combattimento per intercettare la Flotilla. Centinaia di attivisti detenuti a Ashdod, 40 gli italiani

Quando mercoledì sera la Global Sumud Flotilla ha cominciato a diffondere le registrazioni video preparate in anticipo dagli attivisti a bordo delle 50 imbarcazioni dirette a Gaza, per chi seguiva a distanza quello è stato il segnale tanto temuto dell’inizio dell’arrembaggio della Marina israeliana. «Se guardate questo video, significa che l’occupazione sionista ha rapito me e i miei colleghi prima che raggiungessimo Gaza… Chiedo al mio paese e a tutte le organizzazioni internazionali e agli organismi per i diritti umani di intervenire per garantire il mio rilascio e quello dei miei colleghi della Sumud Flotilla», ha dichiarato Ghassan al Hanshiri, del comitato di gestione della GSF, a bordo della barca Deir Yassin.

Simili sono state le dichiarazioni di tutti gli altri partecipanti – attivisti, giornalisti, operatori umanitari, deputati nazionali e regionali e semplici persone impegnate per i diritti dei palestinesi – tra cui Greta Thunberg. La giovane ambientalista svedese, nei giorni scorsi, è stata presa di mira più degli altri attivisti dal governo e dai media israeliani di destra. «Greta e i suoi amici stanno bene» ha sottolineato con sarcasmo il ministero degli Esteri. Poi, nel pomeriggio di ieri, Tel Aviv ha annunciato con soddisfazione che «la provocazione di Hamas-Flotilla Sumud è finita», ripetendo la narrazione israeliana secondo la quale la GSF sarebbe gestita dietro le quinte da Hamas.

La notte tra mercoledì e giovedì è stata scandita dai comunicati della GSF che riferivano i nomi delle imbarcazioni assaltate, assieme agli appelli lanciati al mondo per impedire atti di forza nei confronti di coloro che erano a bordo, partiti da decine di paesi per portare aiuti umanitari e solidarietà umana, oltre che politica, ai civili di Gaza. I nomi della Alma, Sirius, Spectra, Hoga, Adara, Deir Yassin e di tutte le altre imbarcazioni prese di mira hanno occupato la rete per 12 ore, assieme alle immagini dei militari israeliani che salivano a bordo armati di mitra e degli attivisti con le mani alzate e il giubbotto salvagente. Israele ha impiegato i commando della Shayetet 13, della Missile Ship Fleet e dell’unità di sicurezza navale Snapir, ovvero le forze di combattimento migliori, per fermare civili disarmati e pacifici. Nessuno di loro, infatti, ha opposto alcuna resistenza ai militari, come era stato stabilito. Le forze israeliane hanno anche usato cannoni ad acqua e granate assordanti contro le navi della Sumud.

Una dopo l’altra sono state fermate, ad eccezione delle due con a bordo la squadra legale: mercoledì sera si erano allontanate dalla cosiddetta «zona rossa», l’area di attacco della Marina israeliana contro le missioni della Flotilla, per consentire agli avvocati di preparare subito la denuncia contro Israele per violazione del diritto umanitario e del diritto marittimo. Per qualche ora il mistero ha avvolto la barca Mikeno, sparita dai radar e data come giunta a poche miglia dalla costa di Gaza.

Molti hanno sperato nel suo arrivo a destinazione, ma era già stata fermata. Mandla Mandela, nipote di Nelson Mandela, eroe della lotta all’apartheid in Sudafrica, ha lanciato un ultimo appello: «Chiediamo alla comunità mondiale di fare pressione sui governi affinché chiedano un passaggio sicuro per gli aiuti umanitari verso Gaza». In quelle ore, in Europa e in altre parti del mondo, centinaia di migliaia di cittadini continuavano ad attivarsi con manifestazioni, raduni e scioperi a sostegno di Gaza e della Flotilla.

Gli attivisti bloccati in mare – «sequestrati», sottolinea la GSF, spiegando che l’arrembaggio israeliano è stato un atto di «pirateria» perché compiuto in acque internazionali e contro imbarcazioni civili – nel corso della mattinata sono arrivati a bordo di motovedette al porto di Ashdod. Il loro numero non è chiaro. Secondo la polizia israeliana sarebbero 250, mentre la GSF aveva dato un numero più alto. Le forze armate israeliane parlano invece di 400 persone su 41 navi. Tra i 40 italiani detenuti ci sono due deputati, due europarlamentari e alcuni giornalisti, tra i quali Lorenzo D’Agostino, che per giorni ha raccontato sulle pagine del manifesto il viaggio della flottiglia verso Gaza. Il suo ultimo pezzo è di ieri e descrive proprio l’inizio dell’attacco lanciato da Israele.

La polizia e i funzionari del dipartimento israeliano dell’immigrazione hanno cominciato a interrogare i passeggeri subito, senza la presenza dei 15 avvocati del centro per i diritti umani Adalah di Haifa incaricato dalla GSF dell’assistenza legale. «Ho ricevuto una telefonata da una donna arrestata. Mi ha detto che le autorità avevano già avviato gli interrogatori per poi procedere alla detenzione ed espulsione (degli attivisti). Una procedura inaccettabile che nega agli arrestati l’accesso all’assistenza legale», ha detto al manifesto l’avvocata Nadia Daqqa di Adalah. Successivamente, Daqqa ha fatto sapere che la polizia aveva autorizzato il team di Adalah a entrare nel centro di detenzione nel porto di Ashdod.

Agli attivisti, si è appreso, viene detto di scegliere tra l’espulsione nel giro di pochi giorni, se firmeranno un documento in cui dichiarano di «essere entrati illegalmente in Israele», oppure, se non lo firmeranno, la detenzione nella prigione di Ketziot (Negev) fino al giorno della deportazione sentenziata dai giudici. Secondo i media locali, tutti saranno imbarcati su due voli charter diretti a Londra e Madrid, tra lunedì e martedì. Del destino degli aiuti umanitari per Gaza a bordo delle imbarcazioni intercettate non si sa nulla.

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