Crisi ucraina. Fortemente voluta da Giorgia Meloni e dal suo governo, inizia oggi a Roma la conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina. Dire che l’iniziativa parte in salita è un eufemismo
Fortemente voluta da Giorgia Meloni e dal suo governo, inizia oggi a Roma la conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina.
Dire che l’iniziativa parte in salita è un eufemismo. Sul paese ancora piovono le bombe russe ed è un azzardo prevedere persino i suoi confini futuri. Ma soprattutto, c’è un problema finanziario a monte.
Dopo tre anni e mezzo di aggressioni da parte dell’esercito di Putin e un’escalation militare a mezzo di debiti verso l’Occidente, di fatto l’Ucraina è in bancarotta. La spesa militare del paese ammonta a circa 60 miliardi di dollari, oltre la metà della spesa pubblica e più di un terzo del Pil. A causa del boom militare e del crollo causato dalla guerra, il debito pubblico è più che raddoppiato: se un decennio fa non arrivava al 40%, oggi è destinato a superare il 100% del Pil.
Di questo debito, oltre due terzi sono in mano a creditori esteri: fondi privati per il 18%, FMI e Banca Mondiale per il 33% e, soprattutto, Unione europea per il 44%. Quando Trump ha preteso dall’Ucraina le terre rare in cambio delle armi americane, Zelensky ha tentato di obiettare che in origine le forniture militari Usa erano state concepite come donazioni. Ebbene, con la Ue quella obiezione non è neppure ammissibile. In genere noi europei non abbiamo donato, abbiamo prestato. Per giunta, gli interessi che l’Ucraina deve pagare ai creditori esteri non sono sempre a buon mercato. Emblematici sono i contratti di debito stipulati nel 2015. Quei prestiti sono agganciati al Pil, nel senso che impongono il pagamento di interessi molto alti ma solo se la crescita supera determinate soglie.
In effetti, nel 2023 il Pil ucraino è aumentato di oltre il 5%, il che ha fatto scattare l’obbligo di pagamento di interessi elevati. A prima vista sembra un accordo ragionevole: sei cresciuto molto, quindi puoi permetterti di pagare molto per il prestito. Il guaio è che la crescita del 2023 è solo una tipica, modesta ripresa successiva a un pesantissimo crollo: quello del 2022 causato dalla guerra, che aveva fatto precipitare il Pil ucraino di quasi 30 punti.
Gli economisti, con metafora eloquente, lo chiamano «il rimbalzo del gatto morto».
È chiaro che in questo caso i prestiti agganciati al Pil si rivelano una trappola fatale. Il governo ucraino è stato già costretto a dichiarare l’ovvio: non può onorarli. Le cose non vanno molto meglio per gli altri contratti. Su tutti pende una spada d’incertezza: i dubbi sulle aspettative di crescita del paese, e il timore che questa si situi durevolmente al di sotto dei tassi d’interesse. La conseguenza sarebbe disastrosa: un debito che cresce più del reddito, fino a diventare insostenibile. Ecco perché Blackrock e gli altri investitori privati scalpitano per sfilarsi dal garbuglio ucraino. Meloni li supplica di fare almeno presenza alla cena di gala a Roma. Ma non basterà un pasto gratis per ammorbidirli. Le loro richieste per tornare in partita sono precise. Visto che non può pagare i debiti, all’Ucraina resta solo una via: liberalizzare per svendere.
Alla conferenza di Roma il governo italiano cercherà in tutti i modi di promuovere la soluzione dei creditori privati. Senza darlo troppo a vedere, però. Basti notare che sul sito ufficiale della conferenza è espressamente indicato l’obiettivo di «affrontare gli eccessi di regolamentazione sui mercati e sul mercato del lavoro». Mentre sul sito del nostro ministero degli esteri la frase viene tradotta con un più mite «semplificazione delle regole», senza attardarsi sui dettagli.
Sotto il fumo dei nascondimenti, comunque, l’arrosto verrà servito come si deve. Con un piatto forte a centrotavola: cancellare la “legge marziale” che aveva rinviato le bancarotte. In questo modo si faciliteranno le liquidazioni e le acquisizioni. In una fase di prezzi ai minimi, oltretutto. Come da richiesta, svendite a vantaggio dei capitali esteri.
Se la Russia punta a mangiarsi l’Ucraina coi massacri delle armi militari, l’Occidente ci prova con le sottigliezze delle armi finanziarie. Con mani sporche di sangue o con guanti bianchi, sempre di spartizione si tratta. Eppure Meloni farà di tutto per mostrare che i “volenterosi” per l’Ucraina sono innanzitutto “generosi”. La celebrata generosità dei creditori.
10/07/2025
da Il Manifesto