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Con Catherine Connolly l’Irlanda pacifista sfida l’Europa del riarmo

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Politica estera

29/10/2025

da Left

Carlo Gianuzzi

La nuova presidente rilancia la critica al neoliberismo europeo. L’isola ribelle torna a dare voce all’altra Europa

Catherine Connolly è la terza donna a essere eletta presidente dell’Irlanda, Uachtarán na hÉireann, dopo Mary Robinson nel 1990 e Mary McAleese nel 1997. Dall’11 novembre prossimo succederà quindi a Michael D. Higgins che conclude in questi giorni il suo secondo mandato da Capo dello Stato. L’elezione del 24 ottobre scorso ha visto il trionfo di Connolly, indipendente sostenuta da un ampio schieramento di sinistra, su Heather Humphreys, candidata di Fine Gael (centro destra), che governa il Paese insieme a un altro partito conservatore, Fianna Fáil, e a un gruppo di deputati indipendenti.
Il risultato finale di questa corsa a due è andato addirittura al di là delle previsioni dei sondaggi, già ampiamente favorevoli a Connolly, 68 anni, originaria di Galway, avvocata e psicologa, che attualmente siede al Dáil Éireann, la Camera dei deputati. La candidata sostenuta dalle sinistre ha vinto con un sensazionale 63,4% dei voti di prima preferenza contro il 29,5% ottenuto dalla sua avversaria Heather Humphreys, 65 anni, funzionaria di banca, già deputata alla Camera per il partito Fine Gael ed ex ministra, che ha guidato diversi dicasteri fra il 2014 e il 2024.

Jim Gavin, il cui nome era presente sulla scheda elettorale nonostante si fosse ritirato dalla corsa a inizio ottobre, ha preso il 7,1%. Il candidato di Fianna Fáil, travolto dalla diffusione della notizia di una somma di denaro (3.300 euro) mai restituita al suo legittimo titolare, un suo ex inquilino, si è infatti ritirato dalla competizione oltre la data utile per chiedere l’eliminazione del suo nome dalla scheda. Per questa ragione, i voti andati a quello che un commentatore ha definito un cavallo senza fantino sono stati regolarmente conteggiati. Dal momento che il sistema elettorale in vigore per le Presidenziali irlandesi è una variante del sistema proporzionale con voto singolo trasferibile, se nessuna delle due candidate avesse superato la soglia del 50%, i voti di seconda e terza preferenza di Jim Gavin sarebbero stati redistribuiti al secondo spoglio.

Gli altri due dati importanti, emersi dal voto, sono quelli relativi all’affluenza e alla percentuale di schede nulle, ispirate da una campagna organizzata dall’estrema destra per l’annullamento del voto.
L’affluenza è stata del 45,8%, in leggero aumento rispetto al dato delle precedenti elezioni presidenziali del 2018 (43,9%), ma in calo rispetto alla percentuale del voto del 2011 (56,1%), quello che aprì il primo settennato di Michael D. Higgins.
Nel dato dell’affluenza, tuttavia, occorre tenere conto della percentuale estremamente alta di schede nulle (12,9%), pari rispettivamente a 10 e 12 volte i dati del 2018 e del 2011.
La prossima Presidente d’Irlanda nasce in un quartiere popolare di Galway da una famiglia di umili origini; il padre, falegname, costruisce le “hooker”, le tradizionali barche da pesca di cui si vede una raffigurazione nello stemma della “città delle tribù”, e dopo la morte della moglie (avvenuta quando Catherine ha nove anni) si trova a crescere da solo una famiglia di sette ragazzi e sette ragazze.
Dopo avere conseguito la laurea in psicologia, Catherine Connolly si trasferisce a Leeds, in Gran Bretagna, da cui ritorna con un master in psicologia clinica. Lavora come psicologa per alcuni anni, fino al 1991, quando, conseguita una seconda laurea in giurisprudenza presso la sua vecchia università, diventa avvocata e inizia a esercitare la professione forense, dalla quale si ritira nel 2016, in corrispondenza con la prima elezione alla Camera dei deputati.

Nel frattempo, infatti, su insistenza dell’attuale Presidente, Michael D. Higgins, ha iniziato a fare politica attiva nel Partito laburista e nel 1999 è entrata nel consiglio comunale della sua città. Lascia il partito nel 2007 dopo essersi vista negare la candidatura per le elezioni generali di quell’anno in tandem con Higgins, in aperta polemica con la dirigenza laburista e con il suo vecchio mentore, che accetta di essere candidato da solo.
Dopo la prima elezione al Dáil Éireann, conserva il seggio parlamentare nelle successive elezioni del 2020 (quando viene anche eletta vice presidente della Camera, prima donna a occupare la carica nella storia dello Stato) e del 2024.
Catherine Connolly ha un profilo di sinistra che, per gli standard della politica italiana, potremmo definire radicale. L’impegno sui temi sociali (il diritto alla casa, la salvaguardia del sistema sanitario, il diritto d’asilo per le persone migranti) e, in politica estera, il suo convinto pacifismo e la ferma condanna del genocidio del popolo palestinese (“reso possibile e finanziato da denaro americano”) la collocano in continuità con l’attuale inquilino di Áras an Uachtaráin, la residenza presidenziale di Dublino.

Se possibile, Catherine Connolly ha un profilo addirittura più politico di quello di Michael D. Higgins, che, nel corso dei suoi due mandati da Capo dello Stato, si è impegnato con grande passione nella promozione delle arti e della lingua irlandese.
Convinta sostenitrice della storica neutralità dell’Irlanda, Connolly ritiene intoccabile il principio del “triplo lucchetto”, che consente il dispiegamento del personale militare irlandese nelle missioni internazionali a condizione che queste siano state approvate dall’Onu, dal Dáil Éireann e dal Governo irlandese.
Se rispetto alla Palestina il suo atteggiamento è pienamente in linea con la maggioranza della popolazione irlandese, sulla crisi in Ucraina la sua posizione è più guardinga. Pur condannando l’invasione russa, Catherine Connolly ha mantenuto un atteggiamento decisamente ostile al piano di riarmo europeo e, in particolare, critico della posizione della Germania, che durante la campagna elettorale ha paragonato a quella degli anni ’30 del secolo scorso, accusando Berlino di volere risollevare la propria economia attraverso la corsa agli armamenti.

Rispetto all’Unione europea, tuttavia, la sua posizione è più articolata. In un’intervista al quotidiano Irish Independent, lo scorso agosto, ha detto: «Non mi considero un’euroscettica. Sono una convinta europeista, da sempre. Da tempo, tuttavia, sono preoccupata per il neoliberismo sfrenato e la militarizzazione dell’Ue».
In merito al confine, Catherine Connolly si è espressa a favore della riunificazione dell’Irlanda e ha detto che il governo dovrebbe prepararsi senza indugio al cambiamento costituzionale: «Ritengo che dovremmo essere uniti. Siamo un paese minuscolo; non avremmo mai dovuto essere divisi. Vorrei che questo obiettivo fosse conseguito nel rispetto e con il consenso di tutti, senza escludere nessuno. Un paese diviso non ha semplicemente senso». Questa posizione ha convinto Sinn Féin, negli ultimissimi giorni prima della chiusura ufficiale delle nomine, ad abbandonare l’idea di avanzare una propria nomina per la Presidenza e sostenere Catherine Connolly.
La decisione del partito repubblicano è stata definita dalla sua presidente, Mary Lou McDonald, un “game changer”, cioè un vero punto di svolta, e senza dubbio l’appoggio del primo partito (nei sondaggi) del Paese ha dato un vantaggio importante alla candidata sostenuta dalle sinistre.

Prima ancora dell’intervento di Sinn Féin, tuttavia, la differenza per Catherine Connolly la stava facendo una macchina elettorale estremamente efficiente che ha saputo mobilitare e galvanizzare un gran numero di volontari, in gran parte giovani, che hanno condotto una campagna totale, nei quartieri e sul web, usando al meglio pratiche tradizionali (come il porta-a-porta, che in Italia è in disuso ormai da tempo) e comunicazione mediatica.
Non da ultimo, un contributo importante l’ha dato la stessa candidata, che viene generalmente ritenuta un’ottima comunicatrice e alla quale la maggior parte dei commentatori ha riconosciuto la capacità di difendere le proprie posizioni, anche le più “difficili” e potenzialmente controverse, con grande convinzione e senza fare passi indietro.
Dopo avere annunciato pubblicamente la sua intenzione di candidarsi alla carica di Presidente, lo scorso 11 luglio, Catherine Connolly ha raccolto le 20 firme necessarie alla nomina da altrettanti membri dei due rami del Parlamento. Quindi, ha messo in moto la macchina organizzativa che ha mobilitato migliaia di volontari, finanziandola con la raccolta di piccole donazioni economiche (in media, di 33 euro) e usando, accanto agli incontri pubblici nelle sale comunali e il volantinaggio fra i cittadini, i post sui social e gli interventi in podcast.

Il primo partito a dichiarare il proprio appoggio per Catherine Connolly è stato quello dei Social Democrats (nati nel 2015 come scissione a sinistra dal Partito laburista), seguito una decina di giorni dopo da People Before Profit (formazione altrettanto recente, nata dai movimenti di base, come quelli impegnati nelle lotte per la casa). A fine luglio, a seguito di una consultazione interna, i laburisti hanno superato le proprie riserve (legate soprattutto alla fuoriuscita di Catherine Connolly dal partito, come ricordato prima, nel 2007) e dichiarato il proprio appoggio per la candidata. La decisione è stata sostenuta convintamente dalla segretaria laburista Ivana Bacik, nonostante i malumori di alcuni settori del partito che sono sfociati in una pubblica protesta da parte dell’ex segretario Alan Kelly. Gli ultimi due partiti a dichiarare il proprio appoggio a Connolly, intorno al 20 settembre, sono stati i Verdi (anche qui, nonostante le perplessità legate al profilo troppo “radicale” della candidata) e, come già detto, Sinn Féin.

Il ruolo del Presidente irlandese è sostanzialmente di rappresentanza; non ha funzioni decisionali o di definizione delle politiche dello Stato. I poteri e le funzioni che esercita sono stabiliti nell’Articolo 13 della Costituzione del 1937. Tuttavia, a partire dal 1990, grazie a Mary Robinson (figura di grande carisma con una lunga militanza socialista e femminista alle spalle) e, soprattutto, dopo i due settennati dell’attuale Uachtarán, Michael D. Higgins, il profilo del Presidente si è fatto decisamente più politico e influente, come ha confermato il crescente gradimento popolare.

Questo, unito alle forti convinzioni di Catherine Connolly, ha scatenato un certo dibattito sui possibili contraccolpi a livello di immagine sulla scena internazionale (ad esempio, rispetto a un’eventuale futura visita ufficiale in Irlanda del Presidente Usa Donald Trump e alle conseguenti ricadute sui rapporti politici e commerciali fra i due Paesi).
D’altra parte, la prova di unità delle forze che hanno sostenuto Catherine Connolly in campagna elettorale e lo straordinario successo ottenuto fanno sperare nella possibilità che quelle forze possano prepararsi alle prossime elezioni generali con un fronte unito di sinistra in grado di mandare a casa i due partiti di centro destra, Fine Gael e Fianna Fáil, che hanno dominato la politica dell’Irlanda del Sud nei cent’anni della sua esistenza.
La cosa non è ovviamente scontata. Un conto è fare causa comune per eleggere il Capo dello Stato; un altro è approvare un programma comune articolato su temi, dall’immigrazione alla crisi degli alloggi, dalla politica fiscale ai temi ambientali, nei quali le differenze (soprattutto fra Sinn Féin e gli altri partiti) esistono e potrebbero risultare non facilmente gestibili. O, ancora, decidere come affrontare le urne, se con candidature condivise oppure con accordi di de-esistenza, indicazione esplicita di seconde preferenze sulla scheda elettorale e così via.

Infine, merita dire due parole sull’effetto che la schiacciante vittoria di Catherine Connolly ha avuto sui due partiti di governo. Per Fianna Fáil, queste elezioni presidenziali hanno rappresentato una débâcle epocale. Le circostanze intorno all’abbandono di Jim Gavin hanno sollevato forti perplessità sul processo di selezione e agitato sia l’elettorato sia i quadri locali e anche diverse figure di primo piano del partito. Il segretario Micheál Martin, che ha fortemente voluto, e secondo molti, imposto la candidatura di Jim Gavin, non ha potuto fare altro che scusarsi (questo già all’indomani del ritiro del candidato dalla corsa) e promettere cambiamenti nel processo di selezione delle candidature. Nonostante questo, la sua posizione è al momento decisamente traballante. Il leader di Fianna Fáil (che, è bene ricordarlo, è anche Taoiseach, cioè Presidente del Consiglio) non sembra intenzionato a soccombere senza reagire. È notizia di mercoledì (29 ottobre) che nel cerchio magico di Micheál Martin stia girando un elenco dei “cattivi”, cioè una lista dei parlamentari considerati “ribelli” e quindi potenziali minacce alla sua leadership.
Acque agitate anche intorno a Fine Gael, pur senza alcuna minaccia immediata alla posizione del segretario Simon Harris, attuale vicepremier. Come nel campo dei nemici-amici di Fianna Fáil, anche qui si lamenta una certa mancanza di trasparenza nel processo di selezione delle candidature e l’inadeguatezza della macchina organizzativa che ha gestito la campagna elettorale. All’inizio della settimana l’eurodeputato Seán Kelly, che lo scorso agosto ha chiesto di potersi candidare, riconoscendo tuttavia di lì a poco di non avere il sostegno necessario, non ha usato mezzi termini e ha accusato il partito di averlo “fatto fuori” e di avere calato dall’alto (per la precisione, di avere “unto”) al suo posto Heather Humphreys.

Tornando alla vincitrice delle elezioni, l’inaugurazione ufficiale di Catherine Connolly come Presidente è prevista per martedì 11 novembre 2025.
La cerimonia avrà luogo all’interno del Castello di Dublino, nel centro della capitale irlandese, e si aprirà con il giuramento solenne, che secondo la tradizione sarà pronunciato nella prima lingua ufficiale del Paese, il gaelico (che Catherine Connolly parla fluentemente, pur avendolo imparato dopo i quaranta anni).
Successivamente, la decima Presidente d’Irlanda firmerà la dichiarazione ufficiale di assunzione dell’incarico e terrà il suo discorso inaugurale, nel quale presumibilmente illustrerà le linee guida del suo mandato e i temi che intende portare avanti. Quindi, riceverà il sigillo presidenziale e assumerà a tutti gli effetti il ruolo di Uachtarán na hÉireann.

L’autore: Carlo Gianuzzi è collaboratore di Radio Onda d’Urto e autore del podcast “Diario d’Irlanda – An Irish Journal”, disponibile su tutte le principali piattaforme

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