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Con Trump a mettere su Casa Bianca la prima mossa è di Pechino

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Pochi giorni prima dell’insediamento una telefonata diretta tra Xi e Donald. Poi, con Trump presidente ufficiale, Vladimir Putin e Xi Jinping in videoconferenza, con rilievo e dettagli dell’emittente statale cinese CCTV per farsi leggere soprattutto a Washington. Le tre potenze planetarie tra cortesia e avvertimento, per non esagerare con ‘America First’, e parlare di Ucraina e Taiwan.

Cina e Russia non contro gli Usa

Come sostiene il comunicato ufficiale, col transcript della conversazione, Xi ha detto:  «Risponderemo alle incertezze dell’ambiente esterno con la stabilità e la resilienza delle relazioni Cina-Russia. Promuoveremo congiuntamente lo sviluppo e la rivitalizzazione dei due Paesi e salvaguarderemo l’equità e la giustizia internazionale». Nel corso della videochiamata, scrive il South China Morning Post di Hong Kong, «il leader cinese ha anche riflettuto sulla storia della seconda guerra mondiale. Ha affermato che Pechino avrebbe continuato a lavorare con Mosca per sostenere un sistema internazionale multipolare e salvaguardare i risultati duramente conquistati dalla guerra, che sono stati garantiti attraverso il sangue e le vite di milioni di persone». Inoltre, Xi si è impegnato «a difendere i diritti dei due Paesi come membri fondatori e permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite».

Patti chiari per tentare un’amicizia lunga

Un richiamo, questo, sul terreno della legalità e del diritto internazionale, che suona come un monito alle recenti esternazioni di Trump su un «nuovo ordine mondiale». Più in generale, il confronto tra i due leader è servito a rilanciare la cooperazione nel campo economico e, sicuramente, anche in quello strategico-militare. Si è parlato molto di energia e della realizzazione del mitico gasdotto Russia-Cina, nel quadrante orientale. «Sosteniamo congiuntamente la costruzione di un ordine mondiale multipolare più equo. E lavoriamo per garantire una sicurezza indivisibile nello spazio eurasiatico e nel mondo nel suo insieme», ha detto tra le altre cose il leader del Cremlino a Xi. Riflessioni? Parliamo di ‘diplomazia parallela’.

Una cosa sono le chiacchiere imbonitorie e i discorsi cerimoniali roboanti, è un’altra i fatti, nudi e crudi. Così, mentre Donald Trump, nel Campidoglio di Washington, all’insediamento, ipotizzava una nuova supremazia planetaria americana, i suoi ‘sherpa’, dietro le quinte, fabbricavano ponti con Mosca e Pechino.

Trump al telefono con Xi Jinping

Venerdì scorso, il Presidente eletto si era sentito telefonicamente con Xi Jinping. «Mi aspetto che risolveremo molti problemi insieme – ha scritto Trump su Truth Social – e a partire da subito. Abbiamo discusso di bilanciamento del commercio, fentanyl, TikTok e molti altri argomenti». Una nota, questa, pubblicata subito dopo che l’agenzia di stampa statale cinese, Xinhua, l’aveva annunciata ufficialmente, dandole una significativa rilevanza. Secondo la stessa Xinhua, Xi ha affermato che «lui e Trump attribuiscono grande importanza alle interazioni reciproche e sperano in un buon inizio delle relazioni tra Cina e Stati Uniti, durante il suo nuovo mandato». La dichiarazione di Xi Jinping prosegue nel sottolineare che «è inevitabile che ci saranno delle differenze tra i due grandi Paesi. Ma la chiave della comprensione sarà rispettare i reciproci interessi fondamentali e le principali preoccupazioni, e trovare una soluzione adeguata ai problemi».

‘Cointeressenza economica’

In definitiva, un approccio ‘soft’, che testimonia la volontà della Cina di porgere un ramoscello d’ulivo alla nuova Amministrazione repubblicana, sperando di arginare i furori protezionistici di Trump e le sue velleità di imporre pesanti dazi commerciali su tutto ciò che è cinese. Ma, per evitare conflitti e guerre, occorre costruire una nuova architettura di relazioni internazionali, basata su un principio di «cointeressenza economica». Il suprematismo commerciale americano, vaticinato da Trump, in questo senso non funziona. Può essere, però, una clava finanziaria, per ottenere risultati tangibili su altri tavoli. Uno sfacciato ‘do ut des’, insomma. Nel caso dei dazi doganali, che si vorrebbero imporre alle Cina, ci sono sicuramente margini di trattativa.

‘Political suasion’ e dei ‘due forni’

Trump tenta una ‘political suasion’ nei confronti di Pechino, cercando di ottenere una sponda efficace per convincere Mosca al compromesso sull’Ucraina. È sicuro che Putin e Xi hanno parlato anche di questo, specie alla luce dei primi spifferi di notizia, che danno per possibile un incontro a sorpresa tra il Presidente russo e Donald Trump. Ben prima di quanto ipotizzato. La nuova politica dei due forni americana, insomma, sarebbe questa: sull’Ucraina, la Cina media con la Russia. Mentre per Taiwan e le crisi asiatiche, Mosca potrebbe fare il contrario con Pechino. In mezzo, ci sarebbe Trump, a raccogliere i dividendi. Questo sulla carta. Fino a quando, cioè, non arriva la brutalità della storia, a stracciartela in faccia.

22/01/2025

da Remocontro

Piero Orteca

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