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“Contratti bloccati da anni, la mobilitazione non si fermerà”. Parla la segretaria nazionale Filcams Cgil, Bernardini: “Le imprese si arricchiscono ma gli stipendi sono da fame”

“Contratti bloccati da anni, la mobilitazione non si fermerà”. Parla la segretaria nazionale Filcams Cgil, Bernardini: “Le imprese si arricchiscono ma gli stipendi sono da fame”

“Contratti bloccati da anni, la mobilitazione non si fermerà”. Parla la segretaria nazionale Filcams Cgil, Bernardini

Venerdì si sono fermati i lavoratori e le lavoratrici del terziario, commercio e turismo. Cinzia Bernardini, segretaria nazionale della Filcams Cgil, cosa chiedete?
“Chiediamo il rinnovo dei contratti nazionali. Sono 12 quelli scaduti in settori fondamentali che sono il commercio, il turismo, la ristorazione. Ci sono oltre 5 milioni di lavoratori e lavoratrici senza contratto in settori essenziali per l’economia. Settori caratterizzati da un’occupazione per la stragrande maggioranza (per il 50%) femminile e anche da tanto lavoro precario, da tanto lavoro al limite della legalità. Se pensiamo al turismo i dati ci dicono che c’è tanto lavoro nero e soprattutto tanto part time. Ci sono tante donne che hanno contratti a part time spesso involontario. A fronte di questa situazione, le associazioni datoriali delle imprese – accanto a quelle piccole ci sono anche aziende enormi, multinazionali da 10-20mila dipendenti – non vogliano dare le giuste risposte. Le trattative si sono interrotte perché non si vogliono riconoscere aumenti retributivi in linea con l’inflazione e con l’indice Ipca derivante dagli accordi interconfederali che anche queste associazioni hanno sottoscritto. È un paradosso perché sono settori che vanno bene ma hanno condizioni di lavoro oramai al limite della sostenibilità”.

Questa volta alla mobilitazione si è aggiunta anche la Cisl. L’unità sindacale non è perduta?
“No. In questi nostri comparti l’unità sindacale ha sempre caratterizzato la nostra lotta. Tutte le iniziative sono state unitarie perché appunto le rivendicazioni e le richieste sono sempre state unitarie. Io credo che l’unitarietà sia una forza e ieri la riuscita delle manifestazioni ma anche l’adesione allo sciopero, che è stata massiccia, sono lì a dimostrarlo”.

La Manovra è in dirittura d’arrivo. Perché non vi piace?
“Perché non dà le risposte necessarie al Paese. Sicuramente non dà le risposte necessarie a chi noi rappresentiamo: lavoratrici e lavoratori, dipendenti ma non solo, pensionati, studenti. Non c’è nulla per il sostegno al lavoro, niente c’è a sostegno dei contratti nazionali scaduti, come i nostri, ormai da tanti anni. Niente che permetta alle famiglie di recuperare quel potere d’acquisto che fa sì che si è poveri anche lavorando”.

Il governo dice che la coperta era corta e non si poteva fare di più. Dove avrebbero potuto invece reperire risorse?
“La coperta era corta ma nello scegliere si è scelto di aiutare settori delle aziende produttivi senza considerare se queste imprese stanno rinnovando i contratti o meno. E poi c’è un grande tema. Le risorse bastava cercarle dove sono: nei profitti. Questi anni di pandemia e di guerra hanno fatto sì che la ricchezza di pochi sia aumentata. C’è poi la necessità di combattere l’evasione fiscale che è veramente lo scandalo di questo Paese, ancora di più se osservata con gli occhi dei pensionati e dei lavoratori che pagano le tasse. Un’altra ipotesi era mettere una patrimoniale. In un momento di crisi era questo che andava fatto: recuperare risorse dove si sono accumulate, da chi si è arricchito senza redistribuire”.

Tra le ultime novità nella legge di Bilancio c’è il dirottamento di 2,3 miliardi dal Fondo di sviluppo e coesione per il finanziamento del Ponte sullo Stretto. C’è chi ha parlato di golpe contro il Sud. Che ne pensa?
“Il Sud avrebbe bisogno di lavoro, di sostegno, di investire in settori che potrebbero e possono dare sviluppo, penso al turismo. Sarebbero altre le priorità secondo noi rispetto al Ponte: il lavoro, i contratti, i salari delle persone. Un governo che non capisce e non ascolta milioni di lavoratori e lavoratrici credo sia un governo che non fa il proprio dovere”.

In Italia c’è un’enorme questione salariale. Il taglio del cuneo fiscale è sufficiente per risolverla?
“Assolutamente no. È un palliativo: sono pochi euro in più. Il tema è quello che oggi rivendichiamo. I salari sono bassi perché i contratti nazionali non si rinnovano nei tempi giusti, mai con gli aumenti previsti dall’inflazione. E io credo ci sia la necessità di intervenire qui. Di rendere cogente il contratto nazionale e di far sì che ci siano gli aumenti legati all’inflazione. Questo sarebbe veramente un aiuto”.

Perché il salario minimo può contribuire in parte a fornire una risposta a tale problema?
“Delle due l’una: o si permette ai contratti nazionali di aumentare i salari nella misura adeguata oppure il salario minimo, soprattutto lì dove è più difficile ottenere aumenti salariali concreti e dignitosi, può aiutare. Il governo non fa nessuno dei due. Non sostiene il rinnovo dei contratti e ha affossato il salario minimo”.

Qualche giorno fa i sindacati hanno incontrato la ministra del Lavoro, Marina Calderone, sugli strumenti che hanno sostituito il Reddito di cittadinanza. È stata una buona idea aver smantellato il sussidio ai poveri?
“Assolutamente no. Uno strumento a sostegno delle persone che, per tutta una serie di ragioni, non hanno reddito serve. Ce l’hanno tutti i Paesi civili. Nel nostro Sud dove manca il lavoro è uno strumento che permette di dare un supporto. Tutti i Paesi Ue hanno un sostegno al reddito, è necessario. Quello messo in campo dal governo è insufficiente”.

Dopo la manifestazione di venerdì vi fermerete?
“Dalle piazze  si è alzato un grido importante: non ci fermeremo. Perché siamo convinti di avere ragione, vogliamo quello che ci spetta. Vogliamo un contratto nazionale che dia principalmente risposte sul salario e per avere queste risposte non siamo disposti a mettere in discussione i diritti fondamentali come vorrebbero invece le controparti e le imprese. Imprese che soprattutto in questi anni, dalla pandemia in avanti, hanno avuto l’opportunità di aumentare i fatturati e i ricavi. Noi non ci fermeremo fino a che non ci verrà accordato un contratto dignitoso e con aumenti salariali giusti e necessari. Ma mi faccia dire anche un’altra cosa”.

Prego.
“Io credo sia un problema anche per il governo avere milioni di lavoratori e lavoratrici che in Italia hanno i salari fermi da due, tre, cinque anni. E credo che un governo, che come dice ascolta le persone, dovrebbe ascoltare per prima questi lavoratori e lavoratrici”.

24/12/2023

da La Notizia