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Contro i tempi neri, Luisa del dis-abbandono e mani sapienti

Contro i tempi neri, Luisa del dis-abbandono e mani sapienti

Angoscia per il mondo che sta marcendo. Ma i fortunati della Val d’Orcia hanno Luisa Battistini.

Luisa è un punto di riferimento, un patrimonio per la comunità. Le sue mani sapienti la rendono una cuoca speciale, agisce sul territorio con memoria e curiosità, con cura e profonda conoscenza delle tradizioni e delle necessità filosofiche del nostro tempo: non sprecare, non arrendersi allo scintillio delle apparenze, non smettere di sognare un mondo migliore.

Luisa Battistini è una donna del Vivo d’Orcia, un’attivista. Perché per coltivare cultura occorre fare del pensiero un’azione, partecipare alla vita della società, avere attenzione per le questioni che non appaiono centrali nella narrazione tonante: i dettagli, le cose marginali, la sensazione che quando il centro è così banale occorra agire dalle periferie. Racconta della povertà dei decenni passati, delle famiglie del Vivo che scendevano in Maremma a fare il carbone, del padre che tornava a piedi dalla miniera, stremato e col sorriso dopo aver percorso decine di chilometri, con una storia fantastica per i figli. Racconta della nonna che le insegnava a fare i pici sulla panca. Delle cose semplici che occorreva fare per campare, tenendo presente stagioni e luoghi. Quella filosofia che ha portato nella sua vita, ricercando il rapporto profondo con la tradizione, con l’uso non distruttivo dei luoghi e delle cose, con quel rispetto per il mondo che ti fa pensare che anche in questa epoca oscura esista del buono. E lo sguardo di Luisa, il suo modo di fare, di costruire futuro senza perdere la memoria, lo dimostra.

Il dis-abbandono

Un pomeriggio, verso il tramonto, durante un incontro pubblico a San Quirico d’Orcia, Luisa prese la parola per raccontare il suo paesino, la lotta per non renderlo un borgo finto o uno straziato luogo senz’anima: parlò di dis-abbandono. Riprendersi, usare e far vivere per la comunità, ciò che la tendenza culturale tende ad abbandonare. Parlò nello specifico della Casa del Popolo del Vivo, che conserva in quelle mura le storie di chi l’ha sognata, costruita, fatta esistere per dichiarare la bellezza dell’incontro, della politica, dell’uguaglianza. Perché proprio il dis-abbandono dei nostri luoghi, le piccole cose che sembrano lontane dal successo mediatico sono quelle che imprimono ai territori, alle comunità che li abitano, un senso culturale diverso e profondo, una ricchezza. La forza inattesa del margine rispetto al centro che esplode.

Il margine è spazio filosofico del “possibile sorprendente” che coniuga visione, lotta, resistenza e capacità di non adeguarsi passivamente al flusso urticante dell’epoca, fatto di superficialità, riflessioni sterili sui borghi, adeguamento passivo alle retoriche vincenti, destinate a trasformare inavvertitamente i luoghi del nostro abitare civile.

Per questo siamo qui

Siamo qui per mostrare radici e utopie. Per continuare ad esserci. Per non cedere alle lusinghe della politica delle convenienze, delle cordate, delle scalate personali. Siamo qui, con Luisa, per ricordarci che la prima cosa da dis-abbandonare è la cultura, l’intreccio magico di sapienza e bellezza, di semplicità, memoria e visione di futuro e di giustizia. 

E per farlo occorre esserci. Non delegare, con un voto o con un like cliccato sul divano. Occorre esserci nella democrazia. Partecipare. A piccoli passi, con le forze che ognuno ha. Per cambiare il mondo. 

10/11/2024

da Remocontro

Antonio Cipriani

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