A Vilnius, vertice Nato a luglio, l’Ucraina chiederà di entrare nella Nato, e il come e il quando lo combatte adesso del Donbass. I suoi effetti saranno decisivi, per le scelte che verranno fatte dalle Cancellerie sul futuro della guerra. Kiev prima o poi costretta a trattare, perché la guerra sta costando troppo a tutti, primi gli ucraini vittime. Cedendo a Mosca cosa?
Mentre il nodo dell’adesione formale di Kiev alla Nato, è più ingarbugliato da sciogliere, del previsto. Spinte e controspinte interne, ma la regola di non ammissione Nato di un Paese in guerra è muro invalicabile, salvo dichiarare guerra alla Russia e al mezzo mondo che la sosterrebbe.
Sempre Nato per la guerra Ucraina
Solo polacchi, inglesi e baltici, vorrebbero un ingresso immediato dell’Ucraina nell’Alleanza atlantica. O, quantomeno, una sorta di ‘road map’, che ne calendarizzi esattamente le procedure. Gli altri, con gli Stati Uniti in testa, seguiti da Francia e Germania, frenano e propongono formule alternative. Una sorta di vago impegno (senza date e obblighi), che nei fatti già esiste fin dal 2008. Sarà proprio il meeting della Nato in Lituania, a luglio, fortemente voluto da Zelensky, a far capire a tutti, quale linea gli alleati vorranno seguire per sbrogliare la matassa. Le ‘garanzie di sicurezza’ chieste da Kiev, infatti, possono essere accolte in modi diversi e con percentuali di coinvolgimento che, in questo momento, non sono collegialmente condivise.
L’articolo 5 dell’Alleanza
Nessun membro Nato (o quasi) auspicherebbe di trovarsi nelle condizioni poste dall’articolo 5 del Trattato, quello che fa riferimento all’entrata in guerra generale se uno dei ‘soci’ dovesse essere attaccato. È retroattivo? Certo che no. Ma se l’Ucraina divenisse componente della Nato, qualsiasi azione bellica subita in futuro farebbe scattare la clausola. A Washington, ma anche a Parigi e a Berlino, evidentemente preferiscono rispondere con i fatti. Nel senso di eludere la domanda, impedendo che l’Ucraina sia integrata a tutti gli effetti nell’Alleanza.
America e la guerra delegata
Su questo punto, il Presidente Usa è stato chiaro: contrastare la Russia fino in fondo va bene, ma non fino al punto da arrivare alla Terza guerra mondiale. Certo, da parte ucraina la delusione si taglia col coltello, e viene espressa, significativamente, dalle parole del Ministro per l’Integrazione europea, Olha Stefanishyna: «Abbiamo bisogno di chiarezza, perché l’adesione dell’Ucraina alla Nato è inevitabile e non sarà una merce di scambio». Ma l’orgoglio nazionale ucraino non rappresenta il resto d’Europa, divisa tra le esigenze della ‘realpolitik’ e le pulsioni ideali democratiche e libertarie. Così si va avanti, tra mezze promesse, incoraggiamenti, rassicurazioni e molta ipocrisia.
Europa letta in americano
«Un certo numero di leader dell’Europa occidentale – scrive ‘Politico EU’ – è sempre più in difficoltà per le garanzie di sicurezza e offre un linguaggio più ottimista sull’adesione. Ma sotto la retorica, la pianificazione effettiva è confusa, un riflesso della difficoltà di mettere un gruppo eterogeneo di governi dalla stessa parte, mentre infuria la lotta sul campo in Ucraina».
Controffensiva diplomatica campo di battaglia
La diplomazia è sotto pressione perché la crisi sta accelerando: la controffensiva ucraina, a lungo preparata con l’assistenza dell’Occidente, è partita proprio in questi giorni. I suoi effetti saranno decisivi, per orientare le scelte che verranno fatta dalle Cancellerie sul prosieguo della guerra. Per questo Zelensky e i suoi ci stanno giocando il tutto per tutto e rischiando perdite colossali. Sanno che una vittoria sul campo, anche parziale, potrebbe aprire la strada a scenari più ampi: militari, ma soprattutto strategici, diplomatici e geopolitici. Se le nove brigate corazzate, addestrate dalla Nato, riconquisteranno parte del Donbass, allora potrebbero cambiare radicalmente anche i piani di medio-lungo periodo di Stati Uniti ed Europa. E al vertice di Vilnius l’Ucraina avrebbe maggiore forza contrattuale per chiedere, trovando la formula giusta, ‘garanzie di sicurezza’ veramente operative.
Previsioni incerte
Bisognerà aspettare e vedere se lo sforzo titanico di Kiev frutterà dei risultati tangibili. Le previsioni, in questa fase, sono ancora molto incerte. In un’intervista concessa al Washington Post, il famoso generale David Petraeus (già comandante in capo delle forze Usa in Irak), ha espresso ‘ottimismo’ sulla riuscita dell’offensiva ucraina, ipotizzando che possa anche estendersi all’istmo di Kerch, in Crimea. Una valutazione confortante per la Casa Bianca, almeno ufficialmente. Perché poi, il Washington Post ricorda ai distratti che, tra i documenti ‘top secret’ del Pentagono, divulgati a febbraio, c’era pure un rapporto che sosteneva che «la controffensiva sarebbe stata costosa e con pochi guadagni». Nell’attesa di verificare l’esito di questa sanguinosa battaglia campale, però, per Kiev resta lo scoglio della resistenza di molti alleati al suo pieno ingresso formale nella Nato.
La Nato polacca e baltica
Un atteggiamento che urta, in particolare, la Polonia. Ecco quello che scrive il quotidiano ‘Rzeczpospolita’ per giustificare l’impasse: «Il Presidente Biden teme che impegni specifici con l’Ucraina in questa fase significherebbero che la Nato è de facto in guerra con la Russia. Questo potrebbe portare a un conflitto globale. Un altro problema sono le dispute di confine tra Kiev e Mosca: l’intelligence americana non si aspetta che la tanto attesa controffensiva ucraina spinga i russi fuori da tutte le terre che hanno sottratto a partire dal 2014, compresa la Crimea».
Beh, se questo è lo stato dell’arte, come efficacemente riassunto dei polacchi, allora Varsavia e i baltici non potranno più considerare l’Ucraina uno Stato-cuscinetto con cui proteggersi dalla Russia.