Sorpresi? Il circo è (quasi) finito. Si attendono miracoli in dirittura d’arrivo e chissà se domani tireremo un bel rantolo di sollievo.
I commentatori favoleggiano mille e una notte di trattative febbrili per inserire la parolina magica e salvare almeno la faccia (phase out), noticina a margine di un documento finale che suonerà come una pasticciata dichiarazione di intenti. L’ennesima. Se questo è l’esito della Cop28, la fuoriuscita dai fossili resta una chimera. È un fatto, non è disfattismo catastrofista: il mondo, mentre la pubblicistica «green» promette un futuro rinnovabile, non ha mai consumato tanta energia fossile come nel 2023. E siamo a otto anni dagli accordi di Parigi.
Del resto la storia recente dei trattati internazionali sul clima è piuttosto desolante e qui ce la stiamo raccontando a Dubai, dove le petromonarchie giocano in casa. Davvero c’è qualcuno in buona fede che ha creduto fosse possibile qualcosa di diverso?
Siamo andati a casa di Dracula a chiedere di tamponare l’emorragia provocata da un sistema autodistruttivo e tossico che senza tanti giri di parole dovremmo tornare a chiamare “capitalismo”, e adesso ce ne torniamo a casa scornati soppesando le tonnellate di Co2 che ci separano dal punto di non ritorno e spacciando per buone le briciole di risarcimento riservate ai paesi in via di sviluppo per compensare la “loro” catastrofe climatica.
Era già scritto. I peggiori inquinatori del pianeta (Usa e Cina) si sono presentati lasciando a casa i pesi massimi e la parte dei buoni in commedia è toccata in sorte come sempre all’Unione europea, che quando parla di clima e transizione ecologica si traveste da Biancaneve, occhioni sbalorditi e in mano la mela avvelenata. Ammettiamolo, al povero Sultan Al Jaber il mondo non poteva chiedere di più, ha fatto il suo lavoro sporco con grande disponibilità. Quanto a noi, nella nostra planetaria inconsistenza, non potevamo chiedere di meno al ministro piccolo nuclearista Pichetto Fratin: ieri ha prodotto altre emissioni climalteranti salendo su un aereo diretto a Roma, non aveva tempo da perdere e niente da dire mentre i ministri di oltre duecento paesi cercavano almeno di metterci una eco-pezza per salvare la faccia.
C’è chi dice di non disperare perché questi incontri servono a qualcosa e non solo per mandare in vacanza 2.500 lobbisti del petrolio. Sarà vero. Nel frattempo sarebbe utile cominciare a domandarsi se sia ancora il caso di delegare la salvezza del mondo alle grandi istituzioni internazionali che rappresentano i governi e le corporation, cioè i principali responsabili della distruzione del pianeta e delle nostre vite. A proposito, la Cop numero 29 si terrà a Baku, Azerbaijan. Stupiti di tutto il mondo, sbalorditevi: i due terzi delle entrate di questo paese sono collegate a… petrolio e gas.
14/12/2023
da il Manifesto